Di A.G
Non ci saranno gli stessi profitti del mondo del calcio ad alti livelli, dato che le provvigioni hanno meno zeri, ma anche nella pallavolo è fondamentale la figura del procuratore, ovvero colui che cura gli aspetti legali, sportivi e commerciali degli atleti. Una figura spesso con il dito puntato addosso dall’opinione pubblica, nonostante sia il motore di questo sport, insieme ai direttori sportivi. La loro presenza, quasi sempre nell’ombra durante la stagione agonistica, diventa concreta e significativa in estate, quando la preoccupazione principale degli appassionati e dei tifosi è il volley mercato.
Marco Raguzzoni, uno dei più affermati procuratori di pallavolo femminile in Italia, ci ha spiegato le dinamiche del suo lavoro. Insieme ai suoi collaboratori di Top Volley SRL gestisce la carriera delle atlete, svolge un’attività costante di scouting e ricopre il ruolo di mediatore nelle trattative con i club. A lui si sono affidati campionesse del calibro di Francesca Piccinini, Monica De Gennaro, Katarzyna Skorupa, Joanna Wolosz e Kimberly Hill.
Il procuratore sportivo è un ruolo mal visto dall’opinione pubblica in quanto viene considerato come una figura a metà tra un mercante scaltro e un uomo di potere pronto a rovinare presidenti e società. In realtà in cosa consiste il suo lavoro?
“Sinceramente penso che faccia comodo vederci così. Noi proponiamo i giocatori e le società ci fanno le offerte. Non vogliamo rovinare nessuno, ma è questione di accettare o meno un’offerta. Ormai la colpa in alcune situazioni è più facile farla ricadere sui procuratori piuttosto che su altri personaggi. Non vedo in noi una figura così malvagia, visto che lavoriamo per far crescere questo sport. Gli atleti hanno bisogno degli agenti. Senza il nostro lavoro di scouting, i club avrebbero più difficoltà a trovare certi giocatori.”
Quando parliamo di procuratori sportivi, vengono subito in mente personaggi come Jorge Mendes e Mino Raiola, in grado di spostare gli equilibri del calcio internazionale. Quanto è influente la figura del procuratore nella pallavolo?
“Nella pallavolo, come nel calcio, i procuratori ricoprono un ruolo molto importante e delicato. Non è mio compito giudicare gli altri colleghi, visto che ognuno può interpretare questo lavoro come ritiene più giusto per sé ed i propri assistiti. Penso che ci sia libertà da parte dei club di scegliere i propri giocatori. Poi sta agli agenti e alle società capire quale sia il limite per essere sempre corretti.”
Come ha deciso di fare questo lavoro?
“Ho avuto una strada abbastanza disegnata, visto che mio padre nella pallavolo è stato giocatore, allenatore, dirigente ed infine procuratore. Quando ho iniziato a fare questo lavoro, c’era già l’attività avviata e per me è stato naturale questo tipo di percorso. Non c’è stato neanche bisogno di convincermi, visto che mi piace molto la pallavolo.”
Qual è la strada da percorrere per diventare agente sportivo?
“Da qualche anno, bisogna sostenere un esame per avere il tesserino di procuratore ed entrare nell’albo. Però, è difficile iniziare in modo autonomo. Per chi è alle prime armi, è necessario avere qualche appoggio e conoscenza che può dare solo un’agenzia già da tempo nel settore.”
In che modo avviene il processo di reclutamento di una giocatrice?
“Ci sono diverse modalità di approccio. Possono essere le giocatrici a chiamare noi procuratori; questo avviene quando l’agenzia è di un certo livello ed è conosciuta. Il reclutamento di un’atleta può dipendere anche da un passaparola tra compagne di squadra. Nel caso di talenti forti ed emergenti, siamo noi a contattare le loro famiglie. Per questo motivo, andiamo a seguire profili promettenti anche all’estero.”
Che tipo di rapporto ha con i suoi assistiti?
“Con le mie giocatrici mi sembra di avere buoni rapporti, anche abbastanza confidenziali. Il procuratore deve dare estrema fiducia a tutti gli assistiti, ma poi dipende sempre dal carattere della persona che si ha davanti. Con alcune atlete c’è un rapporto strettamente professionale e si discute solo di lavoro, mentre con altre si parla anche di argomenti extra pallavolistici e della vita fuori dal campo.”
Un procuratore deve pensare anche al post-carriera delle atlete?
“Sicuramente questo è un grosso problema perché la pallavolo non è il calcio e tante ragazze a fine carriera non hanno abbastanza soldi per non poter far più niente. Tendenzialmente, il post-carriera è più sulle spalle delle atlete. Alcune costruiscono il loro futuro con un investimento in qualche attività. Noi cerchiamo di dare una mano a chi vuole rimanere nel mondo della pallavolo come allenatrici o in altre vesti. Per esempio, Carolina Costagrande, dopo aver smesso di giocare un paio di anni fa, era intenzionata a fare il lavoro di agente e perciò ha iniziato a collaborare con noi. Questo è un caso in cui abbiamo aiutato una giocatrice nel post-carriera, ma non è sempre così.”
Nella trattativa con una società è più importante l’aspetto economico o il progetto tecnico?
“Dipende dalla fase della carriera dell’atleta. È ovvio che l’attività agonistica delle pallavoliste ha una scadenza, visto che, con il passare degli anni, il fisico fa capire che non può sostenere alti carichi di lavoro all’infinito. Per questo motivo, si cerca di massimizzare i profitti, cercando di capire il percorso più veloce affinché le giocatrici possano esprimere al meglio le proprie potenzialità. Nella prima parte della carriera è giusto privilegiare un progetto tecnico che porta a diventare più forti. Nella seconda fase, è possibile che le atlete diano maggiore importanza all’aspetto economico, anche se ci sono sempre le eccezioni. La nostra assistita Kimberly Hill, tra le migliori al mondo nel suo ruolo, non ha mai avuto come primo obiettivo il discorso economico, privilegiando sempre il progetto delle società e la qualità della vita del Paese in cui doveva giocare.”
Com’è stato il mercato di quest’anno in Serie A1 femminile?
“A me è piaciuto, è stato positivo. Le atlete più importanti a livello internazionale sono attratte dall’Italia, dato che è un Paese dove stanno bene e la qualità della vita è ottima. Abbiamo il campionato più bello e competitivo al mondo, anche per il buon livello delle squadre che non lottano per la vittoria dello Scudetto. Poi ci sono quattro o cinque società con forti aziende alle spalle che, facendo grandi investimenti ogni anno, contribuiscono ad innalzare il livello della Serie A1.”