Baranowicz e lo strano caso del cartellino ‘pignorato’: "Una vicenda sconvolgente"

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Di Redazione

Ha rischiato di essere il “caso” dell’ultimo Volley Mercato quello di Michele Baranowicz. Il trasferimento del palleggiatore alla Tonno Callipo Vibo Valentia è andato a un passo dal blocco, anche se alla fine tutto si è risolto nel migliore dei modi. Oggi il regista ex azzurro ricostruisce l’intricata vicenda in un’intervista alla Gazzetta dello Sport.

Quello che ho passato non lo auguro davvero a nessuno. Per una volta credevo di aver fatto le cose per bene e con calma. Invece mi sono ritrovato in una situazione assurda” dice Baranowicz. In sostanza, al momento del tesseramento con la nuova società, si è scoperto che il cartellino del giocatore (che sarebbe dovuto passare dalla Lube Civitanova a Vibo) era stato per così dire “pignorato” dalla Playground Srl, società di proprietà di Luca Novi, ex agente di Baranowicz.

Quando mi dicono del pignoramento mi crolla il mondo addosso – racconta l’alzatore – non capisco, nessuno dei diretti interessati mi ha detto nulla direttamente. Vengo a sapere che sono ‘di proprietà’ di una società non sportiva. Sono stupito, sconcertato. Anche avvilito. Cerco di capire, soprattutto di reagire. E qui devo ringraziare Ivan Zaytsev, che mi ha messo a disposizione tutto il suo staff per cercare di venire a capo di una vicenda sconvolgente“.

Alla fine è intervenuta la Fipav, che ha annullato per varie irregolarità il tesseramento dello scorso anno con la Lube (la società è stata anche deferita alla Procura Federale) e “liberato” così il giocatore permettendogli di tesserarsi con la Tonno Callipo. Ma la vicenda è ancora aperta: del “pignoramento”, avvenuto sulla base di un debito esistente con la società di Piacenza in cui Baranowicz giocava fino a due stagioni fa, si discuterà in sede civile.

Oltre a non aver incassato quanto mi era stato promesso a Piacenza – dice Baranowicz alla Gazzetta – avrei dovuto pagare nuovamente per giocare quest’anno. Una situazione assurda che ho respinto. Adesso mi voglio tutelare“.

Fino a questo momento, la giurisprudenza ha sempre negato la cessione di un cartellino a una società che non abbia finalità sportive. Quello di Baranowicz è quindi un precedente molto pericoloso che, se accettato, potrebbe aprire la strada a una vera e propria “compravendita” di esseri umani, prima ancora che di giocatori, decisamente contraria ai diritti umani e della persona.

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