Il secondo anno milanese di Nimir Abdel Aziz: da ex palleggiatore ad amante dell’Italia

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Di Roberto Zucca

Cinquecento punti messi in campo lo scorso anno sono il suo biglietto da visita. Se poi ci aggiungi un cambio ruolo, da palleggiatore ad opposto avvenuto due stagioni fa, si fa presto a comprendere che il personaggio in questione è Nimir Abdel Aziz. A nulla è valsa la speranza di vederlo fuori qualche partita ad inizio stagione causa qualche problema alla schiena già risolto dopo un Mondiale che lo ha visto brillare per l’ennesima volta. Ora Nimir è tornato in campo più motivato di prima:

“L’infortunio mi ha tenuto fuori dal campo per qualche settimana ma adesso sono completamente guarito. È stato un avvio difficile per Milano, a causa delle condizioni di alcuni di noi, da me a Sbertoli a Piano non ancora al 100%. Ma adesso che è arrivata la fase più calda in vista dei piazzamenti per la coppa Italia dobbiamo riuscire a tenere testa ad alcune squadre molto agguerrite”

Trento e Civitanova come prossime avversarie. Ci vorrà un super Abdel Aziz?
“Ci vorrà un contributo da parte di tutti non solo mio. Noi dovremo fare il nostro gioco, cercando di sbagliare il meno possibile, entrando in partita dal primo punto”

Lo scorso anno ha giocato per tutta la regular con una media punti clamorosa. Se lo aspettava?
“No sinceramente non mi aspettavo un campionato così positivo. L’anno prima avevo cambiato ruolo e ritornavo in Italia, tentando di affermarmi come opposto. Andrea Giani ha creduto in me, mi ha dato buoni consigli e mi sono trovato bene sin dall’estate con la società e la squadra. La performance è venuta da sé”

Perché a 24 anni ha scelto di cambiare ruolo?
“Sentivo che il mio destino professionale dovesse gravitare attorno all’attacco e non al palleggio. Nessuno ha mai messo in discussione il mio apporto come regista della squadra ma tre anni fa in Francia per esigenze di squadra, mi sono trovato a giocare da opposto per alcune gare. Scherzando, dissi al mio allenatore dell’epoca che avrei voluto continuare in quel ruolo, ma lui mi prese sul serio e l’anno successivo mi disse che potevo rimanere in squadra scegliendo il ruolo che più preferivo”

Ha scelto Milano e sembra ormai innamorato del nostro paese. Conferma?
“Si. Mi piace molto l’Italia. Ho viaggiato tanto e nel vostro paese ormai mi sento a casa. Certo, mi mancano la famiglia, gli amici, ma capita di tornare appena ho un attimo di riposo dal campionato”

Da turista cosa consiglierebbe di Milano?
“I navigli ricordano Amsterdam, quindi sono molto belli. Ma è una città molto bella in qualsiasi zona. Anche a Citylife dove abito attualmente, adesso si vive davvero bene”

Tra qualche settimana giocherà ad Assago contro Modena, sfida già sold out. Le manca più Earvin Ngapeth come avversario o come amico?
“Come amico. Abbiamo legato molto con lui, Swan e Bruno e abbiamo trascorso tanto tempo assieme. Mi dice di trovarsi molto bene in Russia e sono contento per lui. Certo, era bellissimo giocare contro un avversario come lui. Ora ce ne sono altri di pari livello comunque!”

Leon su tutti. Si aspettava che esplodesse sin dalla prima giornata?
“Ma sì. È un giocatore che fa bene ovunque gioca. È molto forte ed è stimolante giocarci contro. È capace di fare delle cose incredibili in campo. Penso sia uno stimolo per tutti coloro per cui questo sport è soprattutto sana competizione”.

 

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Lagonegro in A2, ‘Cantagallizzata’ da Diego Cantagalli: un vizio di famiglia

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Resti incantato non dalla sua forza d’animo, ma proprio dalla severità con cui colpisce la palla e tramortisce avversari. È stato così per tutta la stagione regolare, alla Rinascita Lagonegro, fin quando ha occupato il posto fisso di top player e l’ha Cantagallizzata. Un vizio di famiglia, dirà qualcuno. Bravo Diego, aggiungo io, che brindo alla promozione in A2 non solo di una squadra che ha saputo giocarsi molto bene le proprie carte ai playoff, liquidando la pratica finale nel giro di tre gare secche e ai danni di Acqui Terme, ma del Diego Cantagalli che è tornato ad essere uomo del fare e posto due di riferimento della categoria con 579 punti e da leader indiscusso della classifica individuale.

“Abbiano fatto un percorso travagliato, ma incisivo, che col tempo si è rivelato utile ai fini del finale di stagione. All’inizio non siamo andati troppo bene. Credo forse un tema di assestamento, tanto che dopo l’arrivo di Sperotto in regia e di Valdo come allenatore, abbiamo invertito la rotta e abbiamo ingranato”

L’impostazione data da Valdo ha cambiato il corso della stagione.

“È stata una piacevole sorpresa, è stata davvero una rinascita, non solo nel nome della società (ride n.d.r.). Mi piace dirlo, perché la squadra ci ha guadagnato per ciò che riguarda i maggiori stimoli o è cresciuta dal punto di vista della voglia di vincere le difficoltà. Questo switch è stata la nostra arma vincente. Non abbiamo mai pensato di mollare e smettere di credere nella possibilità di ribaltare la stagione a nostro favore”

Si è detto, soprattutto ai playoff, che Lagonegro fosse Cantagallicentrica. Con l’onestà che la contraddistingue, mi dica se è un qualcosa che la imbarazza o che le fa piacere.

“Che io fossi il principale punto di riferimento in attacco è una responsabilità che mi sono preso dal primo giorno e mi ha fatto anche molto piacere esserlo. Quest’anno, parlo a livello personale, è andata molto bene e sono stato in grado, col gioco espresso, di riuscire nell’intento di dare un’impronta a determinate partite”

Essere in A3 è troppo poco per lei. Lo dico io, così non imbarazziamo nessuno.

“Non voglio fermarmi di certo, il sogno di tornare in A2 c’era, ma non solo. Io lavoro perché penso di poter riuscire a tornare in Superlega come ai tempi di Civitanova. Lavoro ogni giorno per questo”

Qui viene fuori il figlio d’arte di Luca Cantagalli. Uno che sa scalare le montagne del volley. Mi permette?

“Certo, il fatto che mio padre mi abbia sempre insegnato che con il lavoro duro si può arrivare dunque è un motivo per spingere ogni giorno ed alzare l’asticella. Mio padre su questo aspetto mi ha sempre insegnato a crederci. Le sue parole sono sempre state dette in questa direzione. È difficile, mi ha sempre detto, ma se lavori prima o poi riuscirai”

La sua carriera non è mai stata facile in tal senso. Non so quanti avrebbero resistito nell’anno di Reggio, con papà allenatore della squadra che subisce un esonero, mentre lei rimane in organico con un nuovo allenatore.

“Intende dire che certe cose possono destabilizzarti? Devi metterlo in conto. Gli ultimi anni sono stati difficili, anche ad Ortona ad esempio non riuscivamo a girare. Ho sempre pensato, anche in questo caso, che la cosa importante fosse legata al fatto che dovessi dimostrare di tenere un profilo basso, abbassare la testa e lavorare”

La parabola ora ha invertito la rotta. Lei è uno dei migliori del campionato a Lagonegro e in A3.

“È un anno davvero meraviglioso e ce lo porteremo dietro tutti. Non pensavo potesse finire così bene”

Ha vinto la pazienza. Quella del pescatore. Uso una metafora che descrive anche una delle sue passioni.

“Riesco ad averne tanta, è vero. Mi piacerebbe restare qui e giocarmi la A2. Il presidente mi ha molto colpito nei momenti di difficoltà. È stato un padre che ha chiesto ai suoi figli di uscire da determinate situazioni. Abbiamo fatto un bel patto tra noi e la società ed è stata una stagione in cui, con pazienza appunto, non abbiamo mollato di un centimetro. In palestra la sfida era costante e l’atmosfera era delle migliori. Spero di poter passare ancora una stagione come questa”

Di Roberto Zucca