Di Redazione
Palleggiatore di Trento e punto fermo degli azzurri, è tornato a vestire la maglia dell’Itas per l’inizio della Superlega, dove sono arrivati subito i primi tre punti. Simone Giannelli si è raccontato al “Corriere del Trentino”.
Simone Giannelli, capitano dell’Itas Trentino, domenica sono arrivati i primi punti in SuperLega: che indicazioni vi ha restituito la partita contro Siena? «Innanzitutto devo dire che siamo molto felici per come sono andate le cose, perché abbiamo giocato una gara molto buona contro una neopromossa che però in estate ha fatto degli acquisti incredibili, dotandosi di giocatori dal calibro internazionale come Marouf, Hernandez o Gladyr. Non ci aspettavamo, lo ammetto, un 3-0 come è quello che è maturato alla fine anche perché io, pensando all’anno scorso (Milano si impose al PalaTrento al tie-break, ndr), una certa tensione per la prima partita in casa un po’ la sentivo. È stato un risultato importante, poi ovvio di cose da migliorare ce ne sono: ogni tanto in fase break, ad esempio, ci sono momenti in cui gli avversari fanno due o tre punti di fila, sono dei passaggi a vuoto che dobbiamo cercare di eliminare».
Una lunghissima estate con la Nazionale culminata con il Mondiale in casa, subito dopo l’avvio della nuova stagione con la Supercoppa e poi in campionato: che significato ha per lei la pallavolo? «Lo esprimerei in una sola parola: passione. Ho sempre giocato a pallavolo perché mi divertivo a stare in palestra e neanche adesso riesco a considerarla un lavoro. Mi diverto a stare nel gruppo, con la squadra, a uscire coi compagni che col tempo diventano anche amici, gioco a pallavolo per questo quindi non potrei dire altro che passione».
Ha citato il gruppo: quanto è importante l’unione all’interno dello spogliatoio? È un aspetto che va coltivato anche fuori dalla palestra e dalle partite? «Assolutamente sì, secondo me è qualcosa di fondamentale anche al di fuori da partite e allenamenti. Ci sono volte in cui gruppi fenomenali, composti da giocatori fortissimi, possono permettersi di legare solamente dentro al campo non facendolo, magari, nella vita di tutti i giorni. Dal mio punto di vista, tuttavia, è difficile scindere le due cose: per me è essenziale non dico essere amici, perché ognuno ha i propri impegni o interessi, i caratteri sono diversi e non si può passare tutto il tempo assieme, ma almeno fare delle uscite collettive o coltivare qualcosa che esuli dalla pallavolo».
Il volley in Italia sta ottenendo risultati importanti: la nazionale maschile è fra le prime cinque al mondo, quella femminile sta facendo benissimo ai Mondiali in Giappone. I successi stanno riscaldando la passione tra il pubblico. Questo può avere risvolti considerevoli per il movimento? «Penso proprio di sì e infatti spero che le ragazze facciano ancora meglio di quanto hanno fatto finora, mi auguro davvero che vincano una medaglia, quella più bella, perché le ho viste giocare e sono veramente belle da vedere: non mollano mai, combattono su ogni pallone, giocano un volley divertente e piacevole da seguire. Anche noi, nonostante non siamo riusciti a salire sul podio, abbiamo comunque mosso il movimento della pallavolo e questo non può fare che bene: sicuramente qualcuno che non si era mai avvicinato a questo sport potrebbe cominciare a farlo».
Quanto a Trento, invece, che rilevanza può avere per la città la presenza di una squadra forte e di successo come l’Itas, che porta con sé grandi campioni, ragazzi del territorio come lei e fama internazionale. «Indubbiamente garantisce movimento a un centro urbano e a un territorio che dal punto di vista geografico, un po’ come Bolzano, la mia città, si trovano al di fuori delle principali direttrici. Volley e basket ad alto livello riescono a movimentare tutta quanta Trento, le persone che magari il weekend starebbero in casa riusciamo a portarle al palazzetto, così come i tifosi delle squadre avversarie. Portiamo entusiasmo, secondo me, in città anche al di fuori della Blm group arena ed è qualcosa che a Trento serve».