Di Stefano Benzi
Ho conosciuto Sara Anzanello nel 1999: aveva diciannove anni, giocava a Trecate, nell’AGIL, e da quattro viveva fuori di casa. Una storia non diversa da quella di Cacciatori, Paggi, Piccinini, Lo Bianco e altre. Ma Sara non dimostrava 19 anni: e non solo perché era alta 1.93 e perché la sua schiacciata dal centro era devastante. Era un leader, una guerriera. Il suo urlo sui punti si sentiva fino nel parcheggio e quando sbagliava qualcosa prima ancora che le compagne la incoraggiassero chiudeva gli occhi li alzava al cielo e sbraitava, come se avesse combinato chissà che. Sara era una perfezionista mostruosa, una lavoratrice impressionante: “Con il fisico che ho non posso permettermi di fare meno palestra degli altri”.
Capelli corti, modi di fare da maschiaccio: più di una volta l’ho vista discutere con le avversarie dall’altra parte della rete. Guai se qualcuno le toccava una compagna. Poi si usciva in compagnia e Sara sembrava una qualsiasi ragazza appena uscita dal lavoro o dall’università. Il suo modo ruvido diventava una delicata timidezza.
Ho visto la sua esplosione nel Trecate, una squadra incredibile che Luciano Pedullà aveva plasmato non solo tecnicamente ma anche umanamente: Cardullo, Anzanello, Viganò, Porzio e la belga De Carne… una macchina da guerra. L’Agil viene promossa a sorpresa in A1, diventa Asystel, e Sara viene ribattezzata Il Grande Puffo: un po’ per i suoi modi da leader e un po’ perché aveva il vezzo di cambiare spesso colore ai capelli a caschetto con la frangia che dall’alto del suo 1.93 dominavano il campo.
È l’anno capolavoro di Sara: devastante, a muro e al centro. Novara arriva da neopromossa a giocarsi il titolo e per lei – rookie ancora giovanissima – si aprono le porte della nazionale maggiore.
Vedete, quando conosci da vicino sportivi di questo livello pensi che siano indistruttibili, inaffondabili: pensi che sia impossibile che un giorno possano stare male. È una cosa che non si prende nemmeno in considerazione. Sara non aveva punti deboli, non aveva giornate no; in campo metteva la sana ferocia di un gladiatore. Scherzando le dissi… “Tu non hai un destro, hai una mazza ferrata”: e lei “Non dirlo in giro che ogni tanto due Aulin li prenderei anche io”.
Prima di lasciare l’Italia e andare in Azerbaijan per giocare con l’Azerrail Baku ci fu una pizzata tra pochi amici… “Ma chi te lo fa fare, così lontano…” Ma lei era contenta; contenta di un buon contratto, di un paese nuovo, di poter vivere il campo ancora da protagonista.
In Azerbaijan i primi segnali di un malessere. Sara viene ricoverata e si pensa sia una banale intossicazione. Non lo è: c’è una brutta infezione che degenera in epatite. Si teme il peggio: il ricovero si allunga, il problema è al fegato. Ma Sara ritrova il suo carattere battagliero. Serve un trapianto. Occorrono mesi e mesi ma la guerriera non vuole chiudere la sua carriera come una malata: torna in campo per giocare in B con l’Agil Trecate che l’accoglie come una figlia. Il giorno del suo rientro in campo ci sono Pedullà, suor Giovanna e tante delle sue vecchie compagne. Sara gioca diverse partite e poi dice addio al volley. Se ne torna a casa, a Treviso, con il fidanzato e si iscrive all’Isef. Passano alcuni mesi e arriva una nuova crisi.
Sara sa che c’è qualcosa che non va: le viene diagnosticata una forma di leucemia e un linfoma in forma avanzata. Accanto a lei il fidanzato, la famiglia, le amiche. Lei twitta, scatta selfie nonostante un viso sempre più sofferente, incoraggia le compagne della nazionale la cui maglia ha vestito per 278 volte, poi mercoledì ha una crisi. Giovedì – ieri – ci ha lasciato per sempre.
Capita sempre più spesso che debba scrivere di persone che ci lasciano, persone che sento vicine, cui voglio bene. Persone come Sara che urlano e ti costringono a dare il massimo perché dare il giusto non esiste.
La nostra amica ha scritto un post che è un inno alla vita, all’ottimismo ma anche un sereno disincantato addio a tutto ciò che ha vissuto e che ha dato, che è stato tanto. Voglio chiudere questa mia storia così, con le sue parole. Perché le sento come una sferzata di fronte ai problemi piccoli e grandi che rendiamo insormontabili solo con il nostro disfattismo. Non avete idea di quante persone oggi lottino la stessa battaglia che Sara ha perso: non potete nemmeno immaginarlo. Persone che vi sfiorano, colleghi, forse addirittura dei parenti. Parole come queste sono una grande testimonianza, una iniezione di fiducia. Ci ricordano perché stiamo al mondo, e perché è bello starci: non per il lavoro, non per i soldi e nemmeno per quel piccolo potere che transitoriamente si ha nelle mani. Sara ha scritto un capolavoro, non lo voglio definire testamento…. Se mai un dono che voglio condividere con tutti voi.
Ciao Sara, rimpiango tanto di non avere uno dei tuoi splendidi disegni che mi hai promesso e che non ho mai insistito a chiedere.
Addio dolce guerriera, vederti sbocciare è stato un privilegio.
Perché condividere: per essere di supporto a chi come me deve superare delle difficoltà,
per far capire che la vita è bella, perché in questo momento ho bisogno di energie positive.
Devo fare un altro trapianto, ma mi hanno diagnosticato un tumore al sistema linfatico.
Ed ora inizierò i cicli di chemioterapia, ho paura perché voglio vivere.
Non si sa mai quali e quante sfide la vita ti pone davanti, difficilmente si è abbastanza pronti.
Cos’è la cosa che vorresti più di ogni altra, il tuo sogno nel cassetto, il tuo desiderio più grande?
Il mio sogno è vivere. Semplicemente vivere, passeggiare, stare all’aria aperta, un bel bagno in un mare limpido, la sabbia sotto i piedi, la neve candida che mi circonda in una giornata invernale di sole, i miei quadri, la mia cucina, il mio piccolo orto sinergico, una serata con la mia famiglia e con le persone a cui voglio bene.
Vivere, senza grandi pretese, ma vivere.
Molti conoscono la mia storia, dopo il difficile trapianto di fegato nel 2013 ho lottato per riprendere in mano la mia vita; quest’anno, l’aggravarsi della mia situazione mi ha riportato qui al Niguarda per entrare nuovamente in lista.
Nello stesso periodo mi è stato diagnostico un Tum…re al sistema linfatico, manco riesco a dirlo, ed ora inizierò le chemio.
A voi spiegata la mia costante presenza alla SPA Niguarda dove sono seguita da un’equipe di alto livello di cui mi fido e che sta facendo di tutto per far avverare i miei desideri.
Ho la fortuna di avere una famiglia, un fidanzato e amici speciali che mi sono accanto e mi fanno ridere e passare minuti spensierati, minuti in cui la malattia non c’è più…
Tante altre persone stanno combattendo la mia battaglia, in tante l’hanno già vinta, altre no.
Ho paura, non sarà l’emozione migliore da avere, però non avere certezze fa paura.
Non voglio entrare nei dettagli medici ma, se volete mandarmi un piccolo pensiero, una preghiera per i credenti, un po’ di energia positiva che aiuti il mio corpo a fare piazza pulita di ciò che non va bene.
Io sono qui per lottare, mai mollare, crederci sempre come ho fatto in tutta la mia vita.
Arrivederci a tutti.
Sara.
I funerali di Sara si terranno martedì 30 ottobre alle ore 15.30 presso la parrocchia di Ponte di Piave, Treviso.