Di Redazione
Dal Mondiale con l’Italia alla Supercoppa vinta con Modena.
Per Salvatore Rossini, il “Ministro della Difesa”, è stato un mese da sogno. Se l’è goduto tutto Totò, ragazzo di Formia che ha realizzato il sogno di giocare in Serie A per poi diventare protagonista anche con la maglia azzurra.
Un percorso fatto di sacrifici e tanto lavoro in palestra, senza però mai rinunciare allo studio, l’altra passione della sua vita insieme al volley. In un’intervista concessa ai microfoni della FIPAV Lazio ha raccontato la girandola di emozioni che ha vissuto negli ultimi 30 giorni:
Partiamo dal Mondiale. Che esperienza è stata per te?
“Di quelle che sogni fin da quando sei bambino. L’ho vissuto più fuori che dentro al campo, ma credo di aver dato sempre una mano alla squadra nel momento del bisogno. Siamo stati forti per due motivi: perché avevamo un gruppo di ferro e perché siamo stati letteralmente spinti dall’amore della gente. A Rio abbiamo conquistato una medaglia d’argento olimpica e anche lì l’affetto fu importante, ma il Mondiale in casa è stata tutta un’altra storia. Le persone hanno voluto bene a questa Nazionale fatta di ragazzi con le facce pulite, sempre disponibili e sorridenti. In un momento in cui gli altri sport balbettano noi abbiamo rappresentato una Nazione. I ragazzi del 2010 sono arrivati al 4° posto, eppure l’affetto che abbiamo ricevuto noi credo sia imparagonabile: palazzetti strapieni, milioni di telespettatori da casa. Giocavamo sempre tutti insieme, titolari, gregari e popolo della pallavolo”.
L’esordio di Roma cosa ha significato per te?
“Mi ritengo una persona fortunata, nella vita e nello sport. È la terza volta che gioco al Foro italico e dal sud Pontino partono sempre autobus pieni di amici per venirmi a tifare. Mi sono sentito come quando scendevo in campo nelle palestre sotto casa. Ho ritrovato tanti amici e tanti altri ne ho conosciuti. Roma è stata pazzesca per come mi ha accolto. All’aperto, sotto le stelle, con le tribune attaccate al campo: è qualcosa di magico che a parole non si riesce a spiegare. Ci tremavano le gambe. Abbiamo trovato palazzetti pieni ovunque, ma quello che ho vissuto a Roma non lo posso paragonare. È stato tutto così speciale anche perché avevamo il tifo del Presidente della Repubblica, mica uno qualunque. Anche Mattarella si è fatto trascinare, ha partecipato alla ola ed è stato accolto da un mare di applausi. Posso dirlo? È stata una figata pazzesca”.
Sei rientrato a Modena e hai subito vinto la Supercoppa battendo 3-2 Trento in finale…
“È il mio sesto trofeo qui ed è forse il più bello. Stavolta nessuno ci dava favoriti, stiamo lavorando insieme solo da pochi giorni. A Modena si respira pallavolo ovunque: nelle strade, nei bar. Un po’ come avviene a Roma per il calcio. Tutti parlano di volley. Dedico questa vittoria ai tifosi, alla mia famiglia che fa tanti sacrifici e mi dà la tranquillità giusta per vincere e alla società che ha passato un momento complicato e oggi vuole riaprire un ciclo. Direi che abbiamo iniziato col piede giusto”.
La pallavolo del Lazio ti ha cresciuto. Cosa ti ha dato e qual è il ricordo più bello che hai?
“Mi ha dato tutto, mi ha reso il giocatore che sono oggi e mi ha insegnato a sognare. Il ricordo più bello? Ne ho tanti, ma scelgo quelli negli anni in cui facevo le giovanili a Formia. Ricordo le trasferte di 2-3 ore per disputare le fasi regionali dei campionati a Roma e provincia. Partivamo con il pranzo al sacco insieme ai nostri genitori e sul pullman era sempre una grande festa. Per noi andare a giocare a Roma, a Zagarolo, ad Ariccia, a Tuscania era come fare una gita. Spesso perdevamo, ma ci divertivamo da matti. Poi è arrivata la Serie A a Latina e lì è iniziata la mia storia ad alti livelli, ma quei giorni spensierati non li cambierei per nulla al mondo”.
Sei laureato in Ingegneria gestionale e continui a studiare. È un esempio per i giovani di come pallavolo e scuola possono andare d’accordo?
“Al liceo faticavo un po’, poi ho scoperto la passione dello studio e oggi sto continuando con la specialistica in logistica e produzione. La mia professoressa di Analisi 1 un giorno mi ha detto che non sarei riuscito a studiare e a giocare a pallavolo. Dovevo scegliere. A casa tengo la mia tesi accanto alla medaglia olimpica di Rio che ho vinto con la Nazionale a Rio per ricordarmi ogni giorno che nulla è impossibile se ci metti impegno e forza di volontà. Per questo insegnamento devo ringraziare i miei genitori perché se prendevo brutti voti a scuola mi toglievano la pallavolo. Oggi studio perché mi piace, mi arricchisce e mi garantisce un futuro che va oltre lo sport”.
In cosa la pallavolo è diversa dagli altri sport?
“A differenza di sport come il calcio siamo in un mondo più vivibile. Se fossi un calciatore probabilmente farei una vita diversa e a me non piace molto stare sotto i riflettori dalla mattina alla sera. È chiaro che il nostro movimento invece ne avrebbe bisogno, spero che l’ondata positiva di questo Mondiale si rifletta su una maggiore considerazione del volley a tutti i livelli. Dobbiamo raccogliere i frutti di questo entusiasmo. La nostra è una formula vincente perché avvicina le persone ai loro idoli, di fatto rendendoli più umani e meno eroi”.
Continui a coltivare anche la passione del beach volley. Spesso ti abbiamo visto all’ICS Beach Volley Tour Lazio..
“Significa divertimento allo stato puro perché essendo cresciuto al mare mi porta ai ricordi di quando ero bambino. Giocavo a Formia, Sperlonga e su tutto il litorale e quando posso mi fa piacere tornarci durante il tour del Lazio. Mia moglie non la prende tanto bene (ride ndr) perché a casa ci sto pochissimo anche quando sto in vacanza, ma capisce che senza pallavolo proprio non so stare”.
Il sogno che non hai ancora realizzato?
“Mi piacerebbe fare un’esperienza di vita negli Stati Uniti in cui potrei unire la pallavolo al lavoro, sempre insieme alla mia famiglia. Se devo scegliere dico California, con una bella casa che si affaccia sul mare. Sarebbe come stare a Formia”.
(Fonte: comunicato stampa)