Velasco: "Vorrei sparare al personaggio Velasco. In Italia troppe scuse, mai ‘abbiamo giocato male’"

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Di Redazione

Velasco è tornato e l’ha fatto in grande stile, conducendo Modena alla vittoria della Supercoppa Italiana. Ma guai, come dichiarato da lui stesso in un’intervista al quotidiano La Verità, guardare al personaggio Velascoal passato:
“Io non penso mai a quello che ho fatto! Mai! Guardo sempre avanti, cambio, studio nuovi metodi. Ci vuole molta creatività nel nostro lavoro”. 

Le mancavano la pallavolo e lo sport italiano?
“Sì, lo ammetto, avevo voglia di tornare e sono molto emozionato. Lasciatemi però precisare una cosa: sono un allenatore e dobbiamo parlare solo di pallavolo”.

Ma lei oramai non è più soltanto un allenatore. È il personaggio più famoso della pallavolo italiana, un coach stimato in tutto il mondo.
“Mai io vorrei sparare al personaggio Velasco, ammazzarlo definitivamente. Non posso farlo, ma se potessi, lo farei. Vorrei che si parlasse di me solo per quello che faccio come allenatore, altrimenti ci rimetterebbe solo Modena”.

Che è la sua nuova squadra. Nuova si fa per dire. E al suo terzo ritorno…
“Come detto, sono molto emozionato. Sento anche una grande responsabilità perché torno in una città che considero casa mia, in una società gloriosa, una squadra per la quale ho sempre tifato. L’ho detto ovunque, anche quando ero allenatore di squadre nazionali 0 di altri club: il mio cuore batte per Modena”.

Parlavamo della pallavolo italiana.
“Senza mezzi termini la migliore Lega al mondo, un campionato che considero molto bello e che in questa stagione proporrà molteplici spunti. L’Italia ha caratteristiche uniche, io in tanti anni che alleno non ho mai avuto una sala allenatori come quella che ho qui a Modena! Sembra di essere in Nba. Non sarà facile, ma sono pronto”.

Ci avrà sicuramente osservato da fuori: come ritrova lo sport italiano?
“Più o meno come l’avevo lasciato. Se le cose vanno male è un disastro, se poi si vince, tutto è risolto. In Italia ci sono potenzialità straordinarie, che ovviamente sono cicliche: però ritrovo uno sport troppo interessato al risultato e poco interessato all’analisi di quel risultato, ai reali motivi. Lo dico dal 1985: non possiamo sempre giustificare con spiegazioni esterne i motivi di una sconfitta, accampando scuse come l’ambiente, la scarsa educazione 0 la seconda guerra mondiale. Tutte scuse. Sentissi mai dire: abbiamo giocato male. Che poi è spessissimo il motivo principale”.

E l’Italia che Velasco ritrova in questa sua nuova esperienza?
“Cambiata certamente”.

Ma come? Tutti dicono di essere sempre gli stessi.
“Attori. Diffido sempre da coloro che dicono di non essere cambiati. Io cambio molto, cambio idee, cambio metodi. Sicuramente oggi torna un Velasco diverso. D’altronde è cambiata anche la mia età, sono diventato nonno. L’essere nonni è un’esperienza straordinaria che ti cambia la vita, che ti regala emozioni uniche. Tutti coloro che sono nonni sanno cosa di cosa sto parlando”.

Ci sono tanti nuovi allenatori che sognano di farle lo sgambetto.
“E io sono pronto a confrontarmi con loro. Ci sono tanti allenatori giovani e bravi, ma li avviso: dovranno sudare per battermi. Sono avvantaggiati, sanno molto di me. Fortunatamente qui a Modena lavorerò con due ragazzi che ho cresciuto (Cantagalli e Sartoretti, ndr) ma ce ne sono molti in giro che ho allenato per anni e che conoscono ogni mio segreto”.

Com’è cambiato il Velasco allenatore?
“La cosa più importante resta sempre cercare di fare quello di cui il team ha bisogno. Non è importante come sono io, ma come devo essere in funzione del collettivo che alleno. Siamo innanzitutto una squadra e in una squadra ci sono dei ruoli precisi. Poi voglio umiltà e convinzione. Fondamentali entrambi. Bisogna essere creativi per rispondere alle esigenze del gruppo. La differenza la fanno i giocatori e noi dobbiamo aiutarli il più possibile a crescere. Dovrò innanzitutto vedere i sistemi di gioco di ogni singolo giocatore, poi analizzare lo stato psicofisico di ciascuno. Vedere in quali condizioni arriveranno, quale livello di stanchezza mentale avranno, ad esempio. Dovrò trattare il giovane in un modo, l’esperto in un altro. Magari dare un turno di riposo a un giocatore per permettergli di scaricarsi mentalmente, di recuperare, anche se poi il giorno della partita voglio che sia una belva feroce. E se la domenica non vedo che dai il massimo, allora c’è qualcosa che non va”.

Quali saranno i rischi maggiori?
“Ce ne sono di diversa natura. Ad esempio secondo un’analisi, il 40% dei set si vince di due punti, quindi i giocatori giocano sostanzialmente tutti bene, ma il set si vince per quei due punti, dunque ci vuole concentrazione massima dall’inizio alla fine. Poi c’è l’ansia. Ecco, non dovremo avere ansia che è forse il nemico numero uno da combattere. Un problema può essere anche se si parla troppo di me! Ma qui torniamo al fatto che non posso eliminarmi”.

Obiettivi?
“Dare il massimo, sempre. Se non si scenderà in campo dando il massimo, la squadra perderà. Semplice. Ogni volta che scenderemo in campo e non vinceremo non sarà certo colpa di chissà cosa”. 

Che squadra sarà la sua?
“Daremo tutto quello che abbiamo per far tornare Modena ai vertici della pallavolo italiana. Modena gioca sempre per vincere e non pensa certo agli avversari. Dovremo concentrarci su noi stessi, mettere a fuoco come giochiamo tatticamente e tecnicamente”.

Favorite?
“Non credo che esistano un numero preciso di favorite e poi gli ultimi Mondiali di volley, come quelli di calcio, hanno confermato l’inutilità dei pronostici. Non penso che qualcuno avrebbe puntato un euro sulla Croazia finalista e su Modric miglior giocatore. Come detto, la cosa più importante è vincere, crescere e andare avanti. E non commettere l’errore di pensare che torna Velasco e risolve tutto”.

L’Italia è davvero la sua seconda casa?
“Sì, anche per motivi familiari. Se devo essere sincero pero oggi in ltalia manca un po’ di umiltà. Ci vantiamo troppo di quello che siamo. Se guardiamo la pallavolo sembra che un giocatore che non gioca in Italia non esista. L’ho detto, il campionato italiano è il migliore, ma ci vorrebbe più umiltà”.

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