Da Lodi all’argento europeo U21, parla Luana Martone

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Di Redazione

Un argento europeo tinto d’azzurro appena conquistato, a 18 anni, a farsi posto tra i sogni.

Anche se Luana Martone, schiacciatrice lodigiana in forza alla GSS Alba, non fantastica, ma seguendo il suo motto “Fa quello che può, con ciò che ha, dove è”.

Niente amuleti o gesti scaramantici, la sua unica ancora, il suo unico appiglio, è lei stessa.

Non c’è spazio per la superstizione fra gli obiettivi che la schiacciatrice della Nazionale Italiana Volley Femminile Sorde ha fissato già da tempo. Ora servono fiato e  determinazione per percorrere il tragitto: “Ho lottato e continuerò a lottare. Sono troppo ambiziosa per pensare di cedere anche solo di qualche millimetro”.

Ce l’ha messa tutta, davvero, Luana per arrivare lì. Da quando giovanissima aveva scelto la pallavolo a scapito del nuoto, una disciplina che le piaceva ma che, insieme ad altre, ha avuto la peggio sull’ambizione, quella trasmessa da papà Maurizio: “Volevo arrivare in alto.

Ma per riuscirci – racconta la ex centrale oggi schiacciatrice – sapevo di dover convogliare le energie. Così costume e cuffia sono finiti in un cassetto, mentre la racchetta da tennis e le scarpe da atletica non le ho mai comprate: era uno sport di squadra quello che volevo come compagno. E il volley sarebbe stata la decisione senza ripensamenti né rimpianti.”

Da dove è iniziato il tuo cammino?A Secugnago, nella società del paese dove sono nata, in provincia di Lodi. Anche se il volo l’ho spiccato in città proprio a Lodi durante un torneo, dove il dirigente di una società mi ha offerto l’opportunità di giocare in una nuova squadra e, quindi, di iniziare una nuova avventura.

Da quel giorno, infatti, sono entrata a far parte del mondo reale della pallavolo: il passatempo, ormai era chiaro, stava diventando una cosa seria. Ma il ruolo di talent scout va a Francesca Devetag, centrale del Saugella Team Monza.

Un nome noto a tutti gli appassionati di pallavolo e che ci porta ad oggi, perché “non solo mi ha scoperta e introdotta nell’universo FSSI (Federazione Sport Sordi Italia) ma è anche la mia allenatrice alla GSS Alba, squadra che milita nel campionato FSSI valevole, anche, per l’accesso alla Champions League DVCL (Deaf Volleyball Champions League). Un biglietto per l’Europa che ad Alba, di recente, abbiamo conquistato, insieme al tricolore: a novembre, poi, si volerà in Turchia per sfidare le altre squadre europee qualificate.

Sogni europei, dunque, da realizzare e appiccicare lì, nell’album dei ricordi, come quelle medaglie.Quelle conquistate con una maglia importante, quella della Nazionale. Con la convocazione arrivata al termine di una partita giocata con la squadra di club ad Ancona.

Sulle gradinate, tra gli spettatori, c’era anche Alessandra Campedelli, allenatrice della Nazionale che mi ha notata, avvicinata a fine gara e poi convocata per alcuni raduni. Da lì, tanto lavoro per arrivare all’argento olimpico conquistato, sudato, desiderato e ottenuto ai Giochi Olimpici di Samsun del 2017. Quella medaglia appesa al collo e le sensazioni che ci ha regalato è uno dei ricordi a cui dedicare una pagina speciale.”

Ma non è l’unico, vero?No, infatti. Solo qualche settimana fa tornavamo da Palermo, dal Campionato europeo Under21, con un’altra medaglia d’argento e con la notizia importantissima, della nostra presenza come Nazionale Italiana Volley Femminile Sorde alla cerimonia di apertura, al Foro Italico di Roma, del Campionato Mondiale di Pallavolo maschile che nel mese di settembre si svolgerà in Italia. Saremo lì, anche, per tradurre in LIS l’inno di Mameli.” Emozioni in arrivo.

Un’occasione in più per far luce e per parlare di sport, di quello a 360 gradi. Perché se molte barriere sono cadute, molto ancora c’è da fare. “A tutti i livelli. Ma, credo, che il passaggio più importante, sia il primo, quello da affrontare in famiglia: i genitori dovrebbero sempre incoraggiare i figli a praticare lo sport, senza pensare che esistano limiti, scogli insuperabili.

Gli ostacoli NON ESISTONO (tutto maiuscolo!). E le esperienze, come quelle sportive, lo insegnano con decisione. Basta guardare ad atlete come Bebe Vio, o noi pallavoliste sorde: credo si debba prendere esempio e insegnare a dare il massimo. A dire che più di così non potevo, ma ho lottato e dato tutto.”

A proposito di maestri, chi ricordi come tale, come persona influente in questo tuo percorso, in questo cammino?Tra tutti vorrei spendere due parole per una persona importante, ieri come oggi: il mio allenatore, Osvaldo Gatto, che oggi siede sulla panchina della squadra giovanile. Una persona esigente, un coach serio e severo dicevano. La persona che cercavo, di cui avevo bisogno, dico io. Un allenatore di carattere che ha fatto di me l’atleta che sono.

 Quella che non pensa più agli errori commessi ma si concentra sulla prossima palla, quella con lo spirito giusto da portare in campo, che ha messo da parte la timidezza e le chiusure per far posto alla grinta. Alla voglia di arrivare più in alto, di mettercela tutta sempre e comunque. Con la forza di mettersi in discussione, cambiare e superare qualche barriera mentale e caratteriale perché in uno sport di squadra, prima di tutto, viene il gruppo.”

Un insieme fatto, però, di individualità. E allora parliamo di Luana: chi è, la pallavolista, fuori dal campo?Una ragazza semplice. Ambiziosa e diligente, che ama la compagnia della gente, i viaggi e la musica. Studentessa di ragioneria, sognatrice, estroversa, iperattiva e chiacchierona. Pattinatrice provetta (anche sul ghiaccio, quando possibile) ma amante di tutti gli sport. Una diciottenne come tante”.

Una ragazza comune, come lei stessa si definisce. Mentre noi aspettiamo di vederla con le compagne a inaugurare il Mondiale maschile di settembre, con due biglietti stretti nella mano: il primo per il raduno della Nazionale seniores in Sardegna fissato per ottobre e l’altro con destinazione Turchia e sogni di Champions League.

(Fonte: comunicato stampa)

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