Di Stefano Benzi
“Il mio compagno più fedele di questi ultimi anni? Il mal di schiena…”. Sergey Tetyukhin è un giocatore straordinario che ha un senso dell’ironia ai più sconosciuto. Sarà per la sua mole, per la sua cultura militare nata da una famiglia devotissima alla CCCP, la vecchia Unione Sovietica, per la storia che ha scritto nella pallavolo e che lo ha visto accompagnato da moltissimi risultati di valore assoluto ma pochi sanno che Sergey aveva un senso dell’ironia micidiale. “Questa è la mia ultima stagione – ha detto il pluriolimpionico, cinque Olimpiadi giocate e una vinta a Londra, con un argento a Sydney e due bronzi ad Atene e Pechino – d’altronde mi sono stufato di sentirmi dire quando smetterò di giocare. Il momento è questo, sono stanco e credo di aver dato tutto dal punto di vista fisico”.
Tetyukhin ha scelto l’agenzia di stampa di Stato RIA Novosti Russii per dare la notizia, e anche questo è un segnale di quello che era il suo pensiero: nato a Fergena, in Uzbekistan, quando l’Unione Sovietica rappresentava un blocco gigantesco e la seconda potenza mondiale, Tetyukhin non ha mai fatto mistero di essere un nostalgico della Grande Madre Russia… Quando a lui, come a tutti gli altri atleti nati nei paesi polverizzati dal crollo dell’URSS venne chiesto se preferivano giocare nella nuova Nazionale del loro Stato o nella rappresentativa russa, Tetyukhin non ebbe dubbi: “Dopo mia madre la mia unica madre è la Russia…”-
Vinse quasi, tutto, sia individualmente che con la sua squadra: un’Olimpiade, due Mondiali, sei Champions League, due Mondiali per Club, una Coppa Cev. Poi in ordine sparso dieci titoli, altrettante coppe e una supercoppa russa. Nel 1999 ricevette la massima onorificenza sportiva russa e qualche anno dopo fu insignito del ruolo di Padre della nuova Russia per i suoi meriti agonistici.
L’unico paese dove scelse di giocare fuori dalla Russia fu il nostro, a Parma nella vecchia Maxicono: arrivò in una squadra ormai in parabola discendente e non riuscì a incidere più di tanto anche a causa di un drammatico incidente stradale dal quale uscì vivo per miracolo. Una sua frase splendida dell’epoca fu… “Voi italiani pensate davvero sempre troppo a mangiare”.
Viene descritto dai suoi compagni di squadra come un ottimo capitano, una persona sempre pronta ad aiutare i ragazzi più giovani, ascetico quando era il caso, goliardico quando serviva. In Casa Russia durante le Olimpiadi i suoi scherzi rimbombavano. Che questo sarebbe stato il suo ultimo anno si sapeva, che lo avrebbe annunciato così, magari no – e soprattutto non si sa che cosa vorrà fare da ora in avanti. È ricco e ama il volley ma soprattutto ama la vita: un’intelligenza avidissima che sbrana libri, film, teatro, cultura internazionale. Come aveva promesso da tempo si dedicherà a un anno sabbatico di viaggi e visite: “Voglio finalmente visitare posti dove fino a oggi sono semplicemente stato…”. E magari chissà, nel frattempo anche il suo amico mal di schiena gli darà tregua.