Di Stefano Benzi
Il Sada Cruzeiro consegna il trofeo del mondiale per club che manteneva da due anni e viene estromesso dal torneo proprio dalla squadra che nelle ultime due finali aveva perso dai brasiliani… lo Zenit Kazan.
Stavolta la legge dei grandi numeri non ha funzionato ma come avevamo già anticipato in fase di presentazione di questa sfida (leggi qui) stavolta c’erano tutti i presupposti perchè le cose andassero in modo diverso. In questa settimana abbiamo visto un Sada Cruzeiro stanco, meno concentrato e attento del solito ma soprattutto meno efficace. Lo Zenit, per contro, ha offerto una consapevolezza granitica in ogni singola partita giocata fin qui vincendole tutte con il massimo scarto e il minimo tempo a disposizione: la semifinale sui brasiliani, campioni in carica, non ha fatto eccezione.
Il Cruzeiro inizia la sua corrosiva opera di demolizione fin dal primo set rispondendo a tono al primo minibreak (curiosamente resterà uno degli unici) dei brasiliani ma soprattutto con un servizio che – e si nota immediatamente – è di gran lunga più competitivo di quello brasiliano. Sotto l’aspetto algebrico dalle statistiche dei fondamentali non c’è stata partita e lo dimostra anche il fatto che Mendez abbia più volte provato a cambiare registro, interpreti e regista (giocando praticamente tutto il terzo set con Cachapa) ma senza che la squadra venisse fuori da una buca larga e profonda.
Il Cruzeiro si mantiene attaccato al punteggio solo nel primo set fino a quando Leon diventa decisivo non solo in attacco ma anche a muro. Evandro, dall’altra parte, vede le streghe. Il Cruzeiro non si riprende più: Leon attacca come un forsennato e porta il break dei russi a sei punti! La risposta del Cruzeiro è un balbettio impercettibile. Nel terzo set i brasiliani crollano anche sotto l’aspetto agonistico e caratteriale e la partita si conclude in scioltezza per i russi che si permettono anche il lusso di fare rifiatare sia Leon che Mikhaylov. Finisce 3-0 (25-23, 25-19, 25-18) in un’ora e venticinque minuti.
Venti i punti di Leon, top scorer assoluto, quattordici quelli di Mikhaylov che si concede anche parecchi errori. Otto gli ace russi contro i tre dei brasiliani; otto i muri dello Zenit (quattro solo di Gutsalyuk) contro i tre dell’Azulão. Come la giri la giri… non c’è stata competizione.
Lo Zenit si sbrana il suo piatto freddo che sa un po’ di rivincita e un po’ di vendetta e va in finale con quattro vittorie senza concedere un set. Il biglietto da visita di un carro armato.