Di Stefano Benzi
Anche se a volte è difficile, perché certi giocatori finiscono per tirarti gli schiaffi dalle mani (mi accade in particolare con determinati calciatori) io mi ritrovo quasi sempre dalla parte degli atleti: è difficile, molto difficile che mi trovi a dar ragione a giornalisti, dirigenti ma soprattutto a regolamenti e dirigenti federali. Da quando scrivo, e ho avuto modo di vedere da vicino determinati meccanismi che muovono le federazioni e i loro apparati di stato, mi è riuscito facile prendere le distanze e confessare un certo senso di disagio. Ne ho viste tante e quasi sempre sono state vicende che mi hanno allontanato dallo sport. Da sempre, da quando ho iniziato a scrivere blog e dunque pareri personali trovando addirittura chi mi ha concesso lo spazio per farlo, ho l’unico orgoglio di dire quello che penso e raccontare quello che vedo.
Quindi dopo questo ampio preambolo sono qui a scrivere che sono indiscutibilmente dalla parte di Ivan Zaytsev. Un giocatore professionista, nel limite dei regolamenti, ha il sacrosanto diritto di monetizzare la sua immagine e di cogliere ogni occasione di guadagno. Zaytsev, il giocatore cacciato dalla nazionale perché indossava una marca di scarpe politicamente non in linea con gli accordi presi dalla federazione, adesso non può più indossare i manicotti posizionati sugli avambracci che servono a lenire le botte in ricezione. È logico che la decisione in tal senso sia stata presa perché questi strumenti servivano anche a portare il marchio di uno sponsor, nel caso di Ivan la Red Bull, ma lo zar ha aggirato l’ostacolo tatuandosi il brand direttamente sulle braccia con un trasferibile. Geniale…
Qui il regolamento non è federale ma della Lega e parla del divieto di indossare ginocchiere, gomitiere, manicotti o altro. Direttamente dal regolamento… “E’ consentito l’utilizzo da parte dei giocatori di sottomaglie, bendaggi compressivi e imbottiture (di protezione dagli infortuni), sottobraccia, accessori ed altre attrezzature tecniche a condizione che le stesse: (i) siano dello stesso colore dominante della maglia da gioco, in modo da non generare confusione negli ufficiali di gara e negli spettatori; (ii) siano uniformi per tutta la squadra; (iii) riportino esclusivamente scritte, immagini, o loghi di sponsor della società.
Date un’occhiata a quello che si vede in campo e sfido chiunque a dimostrare che questa regola sia rispettata, dalle ginocchiere, ai polsini, ai manicotti ad altro.
Vediamo ora cosa si inventano. Ivan poi ha fatto arrabbiare anche la Rai: diciamo che sul canale di stato, durante gli ultimi europei, sono state ospitate opinioni non proprio eleganti nei suoi confronti. Qualcuno gli ha dato del venduto. A parte che a quanto ci risulta Ivan non ha rifiutato di essere intervistato: semplicemente la richiesta non gli è mai arrivata. E comunque, in ogni caso, visto che altri decidono cosa deve indossare e per interessi certamente non suoi, è legittimo che sia lui a decidere di chi essere ospite: lo invitano in tanti ma decide lui con chi parlare. Sacrosanto. A meno che il club – che gli paga lo stipendio – non decida per l’organizzazione di una conferenza stampa, nel qual caso il giocatore è tenuto a presenziare e rispondere a quanto puoi e vuoi.
Io ho trovato l’atteggiamento di Zaytsev esemplare: non gli hanno fatto giocare un Europeo, lo vogliono penalizzare su un piano di immagine ed economico. E lui dovrebbe anche ringraziare, sorridere e chiacchierare? Ma nemmeno per idea!
Chiudo brevemente: Ivan ha fatto la cosa più intelligente, ha lavorato, è stato zitto e non ha alimentato alcuna polemica anche se di cose da dire ne avrebbe avute, e molte. La Federazione non ha l’obbligo di firmare accordi di sponsorizzazione, o di fare audience, o di far giocare gli amici o quelli che gli sono simpatici. La Federazione ha il dovere di mandare in campo la migliore espressione dello sport nazionale, garantendo ai giocatori – non stiamo parlando di gente che guadagna tre milioni di euro all’anno come un calciatore medio di Serie A – spazio di espressione e di marketing per la miglior resa di sé.