Di Redazione
In merito alla vicenda che ha visto la sospensione di 15 mesi dell’ex Revisore dei Conti della Fipav Sicilia (qui), Paolo Bitto, abbiamo voluto approfondire la vicenda in termini giuridici. Nella decisione del Tribunale Federale FIPAV riguardante il caso di Paolo Bitto emergerebbe un macroscopico errore nell’interpretazione delle carte federali.
In un punto della sentenza si legge: “è indubbio che l’azione del Bitto ha violato l’art. 19 Statuto Federale e l’art. 77 Reg. Giur. La lettera inviata alle Procure di Roma e Palermo diviene un esposto che, per il vincolo di giustizia previsto nelle norme citate, doveva essere preventivamente autorizzato”.
In realtà, l’art. 19 Statuto prevede che i tesserati sono tenuti ad adire gli organi di giustizia sportiva nelle materie di cui all’art. 2 del D.L. 19 agosto 2003 convertito dalla Legge 17 ottobre 2003 n. 280. Tale legge stabilisce che sono riservate alla giustizia sportiva le controversie di natura tecnico-sportiva e disciplinare.
L’ultimo comma dell’art. 19 Statuto stabilisce che l’inosservanza di questa disposizione e quindi il fatto di adire l’autorità statale (civile o penale) nelle predette materie riservate all’ordinamento sportivo comporta l’adozione di provvedimenti disciplinari sino alla radiazione, secondo quanto previsto dal Regolamento Giurisdizionale.
Tale regolamento, all’art. 77, stabilisce infatti che i tesserati che si rivolgono all’autorità giudiziaria per fatti derivanti e comunque connessi all’attività federale nei confronti di appartenenti alla federazione in violazione di quanto previsto all’art. 19 Statuto sono puniti con provvedimenti disciplinari che vanno dalla sanzione inibitiva di mesi sei sino alla radiazione. L’art. 77 Reg. Giur. deve leggersi in stretto collegamento all’art. 19 Statuto, in quanto nell’art. 77 si prevede proprio il divieto dei tesserati di adire l’autorità giudiziaria in violazione dell’art. 19 Statuto e quindi solo in quelle materie riservate alla giustizia sportiva. Al contrario, l’ art. 77, al secondo comma, stabilisce espressamente che “resta salva la possibilità di adire l’autorità giudiziaria in sede penale“.
Quest’ultima precisazione è importante in quanto il ragionamento del legislatore sportivo era quello di vietare ai tesserati di ricorrente ad una giustizia alternativa (quella ordinaria) nelle materie in cui posso trovare tutela di fronte al loro giudice naturale, quello sportivo e di lasciare allo stesso stempi gli stessi tesserati liberi di agire, come ogni cittadino, per far sì che venga punita la commissione di reati, non potendo in tali casi l’ordinamento sportivo offrire analoga tutela.
La preventiva autorizzazione federale citata nella sentenza , che peraltro non è neppure prevista nelle carte federali, ha una finalità completamente differente.
Infatti, prendendo ad esempio la FIGC, nelle cui carte federali al contrario è espressamente prevista la preventiva autorizzazione federale, si prevede all’art. 30 dello Statuto che il Consiglio Federale, per gravi ragioni di opportunità, può autorizzare il ricorso alla giurisdizione statale in deroga al vincolo di giustizia.
Pertanto risulta chiaro che l’autorizzazione federale serve proprio a derogare al vincolo di giustizia, autorizzando quindi, in caso eccezionali, il ricorso alla giustizia ordinaria anche nelle materie di pertinenza sportiva e non certo ad impedire ad un tesserato di agire in giudizio in materia penalistica.