Alberto Cisolla: i miei primi 40 anni, 22 in serie A

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Di Roberto Zucca

Ha scelto per il secondo anno una cenerentola della A2, quella Atlantide Brescia che dista qualche km dalla sua amata Salò. Quest’anno poi festeggerà la ventiduesima stagione in serie A, oltre a toccare i suoi primi 40 anni. Ma Alberto Cisolla, uno dei senatori della nostra pallavolo, parla di sé e della sua pallavolo con gli occhi del ventenne che ha vinto qualsiasi trofeo con le compagini più prestigiose e ha ancora qualcosa da dire e da dare al suo sport. In primis, una grande voglia di riscatto per lui e Brescia che lo scorso anno è retrocessa in serie B, ma che ora si ripresenta in A2 più consapevole ed ambiziosa del proprio ruolo:

Ho deciso di proseguire questa avventura con Brescia innanzitutto per un moto di orgoglio. Voglio riscattare il brutto finale di stagione dello scorso anno e giocare una stagione diversa rispetto alla precedente. Ho avuto altre offerte tra cui quella di Ortona, che ogni anno mi ripropone sempre di tornare laddove ho lasciato un bel ricordo e questo mi fa molto piacere, ma il progetto di Brescia l’ho sposato fortemente lo scorso anno ed intendo continuarlo

Che squadra si ritroverà?
“Un buon mix di giovani ed esperienza. Sono felice che Tibe (Simone Tiberti ndr) rimarrà in squadra e che la società stia scommettendo su alcuni talenti del Club Italia e su giocatori come Codarin che sicuramente porteranno energia e nuova linfa a Brescia. La squadra si completerà nelle prossime settimane e da quello che ho sentito potrebbe riservare delle sorprese”

Obiettivo?
“Salvezza. Poi tutto ciò che arriverà in più sarà bene accetto”.

Il 10 ottobre saranno 40 gli anni. Qualche giorno fa ha festeggiato l’addio alla pallavolo del suo ex compagno Tencati.
“Una bellissima occasione per un grande amico e un grande giocatore come lui. Mi stai chiedendo se è arrivato anche per me il momento di appendere le scarpette al chiodo? No, non me la sento ancora proprio perché sono sicuro di poter ancora dire la mia in campo per qualche stagione. Sto bene, la mia famiglia è felice di vedermi sgambettare in campo ogni domenica. Quindi per ora non se ne parla”

Al futuro ci pensa?
“Si, ma il mio cervello viaggia a mille all’ora. Non penso di poter fare solo una cosa che possa realizzare tutti i progetti che ho nella testa. Vorrei contribuire con la mia famiglia alla gestione del ristorante dei miei suoceri ma nello stesso tempo ho qualche progetto in ambito sportivo. Penso al mio territorio, con il coinvolgimento delle scuole ad esempio, o ad un ruolo in ambito dirigenziale in qualche società in cui ho gravitato”

A Treviso, nella quale lei ha trascorso gli anni più belli della sua carriera, si tenta da anni di rilanciare il marchio della pallavolo maschile ad alti livelli. Le piacerebbe far parte di una Sisley 2.0.?

“Francamente mi piacerebbe molto. Treviso in questi anni non è mai morta, lo dimostra il fatto che quest’anno ha vinto l’Under 20 nazionale, risultando l’unica squadra in grado di vincere a quei livelli senza avere una prima squadra che gravita nei campionati di alto livello. Il bacino e la scuola di talenti c’è. Dovrebbe rinascere un interesse imprenditoriale come ai tempi dei Benetton per riportare la Superlega al Palaverde. Sarebbe un’idea bellissima e io se potessi, impegni miei e della famiglia permettendo, sposerei subito un’idea del genere”

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Falaschi Week, Capitolo 4: Per diventare bravi allenatori non basta essere stati buoni giocatori

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La nostra Falaschi Week oggi volge al termine. Dopo esserci fatti spiegare da Marco tanti aspetti legati al gioco, virando poi su comunicazione e psicologia all'interno di un gruppo squadra e aver raccontato delle magie del Mago Di Pinto, in questo ultimo capitolo proveremo a capire quali piani avrà per il suo futuro una volta appese le ginocchiere al chiodo. Sperando che questo avvenga il più tardi possibile.

“Io sono molto fissato, anche nella mia vita privata, sulle questioni organizzative, sul fatto che tutte le cose debbano andare in un certo modo. Sono molto pignolo! Quindi non mi dispiacerebbe affatto un ruolo da direttore generale, così come pure da team manager”.

Ma come, eravamo convinti che avresti voluto fare l'allenatore!

“Per fare l’allenatore non basta essere stati dei buoni giocatori. L’esperienza in campo è una cosa, e quella nel mio caso inizia ad essere pure troppa - scherza - ma per fare l’allenatore vero sono convinto sia necessario fare un percorso. Nel senso, non è che uno smette di giocare e inizia subito ad allenare in Serie A”.

Nel caso scegliessi questa strada, da dove partiresti allora?

“Partire dalle giovanili credo sarebbe un percorso molto stimolante perché lì si va veramente a vedere chi ne sa a livello tecnico, perché devi di fatto insegnare a giocare a pallavolo. Da lì più sali di livello e più ti viene richiesto di gestire un gruppo di persone, che è una cosa differente che richiede tutta un’altra serie di abilità. Con i giovani cercherei sicuramente di mettere in pratica tutti gli insegnamenti del Mago (Vincenzo Di Pinto, ndr)”.

Ragioniamo di fantasia: dopo aver fatto la giusta gavetta nelle giovanili, ti chiamano per fare il secondo in Serie A. Quale allenatore ti piacerebbe affiancare?

“Ho sempre avuto difficoltà a giocare contro la sua squadra - risponde Falaschi dopo una breve pausa e una risata - Mi riferisco a Roberto Piazza. Le sue sono sempre state squadre organizzate, che giocano bene a pallavolo, che non mollano mai niente. Hanno un sistema di gioco veramente fastidioso per chi ci gioca contro. Squadre che hanno sempre avuto un senso in qualsiasi cosa facessero, e questa è una cosa che io apprezzo molto nelle squadre e nei giocatori che provano a fare quel determinato gioco. Hanno sempre tante variazioni, a proposito di battute come raccontavamo nei capitoli precedenti. Contro noi di Padova, ad esempio, quest’anno ricordo una partita in cui ci hanno dato 3-0, ma all’inizio battevano solo forte senza riuscire a staccarci nel punteggio. A quel punto hanno iniziato a cambiare: e la palla corta, e Reggers con la float, stessa cosa con Louati, e alla fine la partita l’hanno vinta con le variazioni. Una squadra che legge lo sviluppo del match ed è capace di cambiare in corsa la sua idea iniziale. Quindi ad oggi ti direi Piazza, sarei proprio curioso di studiarlo da vicino, diciamo così”.

foto Legavolley

Solo Piazza?

“Anche con Fefè De Giorgi, alla Lube prima e poi in Nazionale, si era creato un bel feeling. Parlava molto con me, nonostante fossi il secondo palleggiatore, e questo mi ha fatto molto piacere perché forse significava che aveva visto in me qualche cosina in più oltre il semplice giocatore”. 

Come allenatori stranieri?

Marcelo Mendez. È considerato da molti giocatori come un gran bel allenatore. Sono davvero curioso di vedere cosa farà l’anno prossimo a Trento”.

In percentuale ti vedi un domani più direttore generale o allenatore?

“Al momento siamo 50 e 50, devo ancora capirlo bene”.

Tornando al presente, nuova avventura a Grottazzolina. C’è una soddisfazione che cercherai di toglierti?

“Sì, vincere a Cisterna. Negli ultimi anni non ci sono riuscito e questa cosa qui mi urta parecchio - ride -. È una di quelle trasferte sempre complicate. L’albergo non è vicino ma a Latina, la mattina ti alleni lì col sole che entra dalle finestre e ti acceca, in più Baranowicz è un gran bel palleggiatore, ma ora se n’è andato, sicché… Insomma, per un motivo o per un altro, tranne che con la Lube, ma non giocavo, io a Cisterna non ricordo d’aver mai vinto. Questa soddisfazione me la vorrei proprio togliere, insomma”.

foto Legavolley

Fala, è stata davvero una bellissima chiacchierata la nostra. Grazie davvero. Avrei un’ultima domanda ma non so se farla o meno…

“Sono solo due ore che siamo al telefono, ti stai facendo problemi adesso?”

Sarei curioso di sapere quante persone ti saluteranno ancora dopo aver letto questi articoli.

“Mmmm, ho come l’impressione che la lista si stia accorciando…”.

Intervista di Giuliano Bindoni
(©Riproduzione riservata)

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