Di Stefano Benzi
Chi mi conosce sa che non posso vantarmi molto delle mie imprese sportive, ma ho avuto i miei momenti positivi. Da ragazzo giocavo a basket, piuttosto male per la verità, ma in una squadra fortissima che vinceva sempre. Ero magro come un chiodo e i miei compagni di squadra mi chiamavano “costola” perché sotto la maglia mi si contavano le ossa. Mi diedi con maggiore fortuna alla pallamano e sulla soglia dei venti anni ho raggiunto un discreto livello con lo squash. Poi, dopo i 24 anni, da “costola” sono diventato “cinghio” perché ero ingrassato come un facocero in pochissimo tempo.
Non me ne vergogno: ironia e autoironia sono l’unica salvezza di questi tempi.
Ho giocato anche a pallavolo, centrale: il mio coach mi diceva semplicemente “Benzi, tu salta a vuoto, continua a saltare a vuoto”. Insomma, potrete capire che le soddisfazioni me le sono tolte più raccontando le imprese degli altri che non vivendo le mie.
Sono molto fortunato, un privilegiato: sono pagato per fare tutti i giorni qualcosa che molti vorrebbero fare, pagando, una sola volta nella vita. E’ per questo che non mi faccio mancare niente: adoro lo sport e la musica. Se c’è un concerto o qualche evento sportivo nel raggio di 100 chilometri, sicuramente io sono nei paraggi.
Qualche anno fa, ero molto, ma molto sovrappeso, mi invitano a Trento per una partita di pallavolo organizzata per beneficenza. C’erano molti giocatori, ex giocatori e diversi giornalisti: io non sembravo un ex giocatore e, forse, nemmeno un giornalista ma visto che si trattava di beneficenza gli organizzatori fanno una cosa buona e a un certo punto mi dicono: “Dai, vai in campo tu”. Suppongo fosse perché era il quarto set e dopo aver vinto i primi due si stava perdendo di brutto: quindi, il mio danno sarebbe stato limitato a pochi punti. Mi trovo nella squadra dove gioca Maurizia Cacciatori per la quale ho un’adorazione, da sempre. Maurizia aveva appena smesso di giocare e io la rimproveravo di continuo dicendole che aveva terminato la carriera troppo presto.
Scelta di vita si dice… ma che perdita per il volley.
Entro in campo con la mia pachidermica mole e dico: “Ragazzi, per favore non fatemi saltare a vuoto che mi rompo definitivamente caviglia e ginocchio”. Risata generale: al terzo giro sono in banda e di mano. Dico a Maurizia: “Oh, non alzarmela mica, eh?”. Ma lei mi guarda e ribatte: “Scommetti che fai punto?”.
Battuta avversaria, ricezione in zona 5, alzata di Maurizia che io, non so come – giuro che ancora oggi non lo so – butto nel campo avversario riuscendo a saltare appena appena sopra la rete.
D’accordo, era una partita amichevole e di beneficenza dunque la rete era sicuramente più bassa; è certo che se una delle alzatrici più forti della storia di questo sport ti mette il pallone sulla mano ti vengono fuori energie che nemmeno tu sai di avere; ammetto che la mia mano è un badile e se picchio un pallone – da fermo – lo apro in due. Ma quello è stato l’unico punto che voglio ricordare tra le mie esperienze nel volley. Degli altri non mi frega nulla.
Maurizia può mettere anche questo nel suo palmares, ha battuto le leggi di fisica e dinamica facendo schiacciare un pallone a me, il “cinghiale”.
Maurizia, giovedì sera, 18 maggio, alle 19.30 sarà ospite della sede Confartigianato di Monza (viale Stucchi, 64) per raccontare di come ha realizzato i suoi sogni di sportiva e di mamma. E sarà un piacere dirle, per l’ennesima volta, che in ogni caso ha lasciato la pallavolo troppo presto…