Foto KGC Ginseng Corporation

Valentina Diouf: “Qui in Corea mi trovo bene. Il Covid? Situazione contenuta”

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Di Redazione

Valentina Diouf per tanti anni in Italia con le maglie delle migliori squadre di A1 e della nazionale italiana, è pronta ad affrontare un altro campionato in Corea con il KGC Ginseng. Intervistata da TuttoSport, l’opposta si è raccontata a 360 gradi soffermandosi anche sulla pandemia che sta tornando a fare paura specialmente in Europa.

Buongiorno Valentina Diouf: con quali aspettative ha iniziato il nuovo campionato in Corea del Sud con il KGC Ginseng? «Sono molto entusiasta di poter giocare qui un’altra stagione perché mi sono proprio divertita. Mi piacerebbe stavolta finire il campionato, l’anno scorso è stato interrotto proprio sul più bello per via della pandemia».

Che livello è il campionato e quali le differenze con quello italiano? «È molto, molto equilibrato. Ci sono solo sei squadre e giochiamo sei round. È un buon livello ma è un tipo di gioco completamente diverso da quello che c’è in Italia. È molto focalizzato sugli stranieri, sono poco usati i centrali e poi le coreane sono quasi tutte molto alte».

Anche in Corea i palazzetti sono chiusi al pubblico? «Sì, ma per fine ottobre li riapriranno con il 30% di presenze».

La Corea è il Paese che ha contenuto più di tutti i contagi attraverso un app sul cellulare. Anche lei la utilizza? «Sto leggendo che in Europa sta peggiorando di nuovo la situazione e devo dire che gli italiani ci mettono anche del loro. Qui siamo tra i mille e due mila casi in totale di positività. E l’incremento giornaliero è di 40-60 casi, non di più. Questo grazie al tracciamento dei cellulari. Non capisco perché in Italia ci sia questa paura nell’essere monitorati. Siamo tracciati comunque attraverso tutte le autorizzazioni che diamo per le nostre app. Il sistema sa cosa facciamo, quali sono le nostre preferenze. Direi che per controllare una pandemia il gioco valga la candela! Abbiamo l’equivalente di whatsapp, Cacaotalk, e un codice Qr del cellulare. Quando entri in un locale lo mostri e viene registrato. Se per esempio cominci ad avere il sintomo del Covid e vai in ospedale dove ti trovano positivo a quel punto scaricano lo storico e verificano a ritroso chi nel tempo recente è stato a contatto. Non mi pare così grave!».

Come si trova in Corea? «Mi trovo super bene. Non è semplice all’inizio perché è una cultura totalmente differente. Qui quasi nessuno parla inglese per cui ho una mia traduttrice, tra l’altro sono tutti piuttosto timidi e quindi non si avventurano con una lingua che non conoscono. Le mie compagne con cui ho più confidenza ogni tanto ci provano».

Si è affermata in Italia, ma a 25 anni ha deciso di trasferirsi prima in Brasile e poi in Corea. In che modo queste esperienze l’hanno temprata come sportiva e donna? «Mi ha cambiato molto, sono andata via che ero più giovane e la mente ora è molto più aperta. Vivere dall’altra parte del mondo con popoli che hanno culture così diverse è stato affascinante, poi io sono passata dall’America Latina all’Oriente. Era proprio quello che cercavo anche per mettermi in discussione».

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