Foto Instagram Francesca Marcon

Hit Parade: Coconuts e Cocche, e due brani per due giocatori simbolo

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Di Stefano Benzi

1 – La Sorellanza in un team femminile

Le squadre di pallavolo sono un posto di lavoro molto interessante. E come qualsiasi altro posto di lavoro possono dare vita a tensioni, magari anche a  qualche antipatia che sfocia in amicizia. Per chi guarda da osservatore esterno è sempre splendido seguire la genesi di alchimie straordinarie, gruppi vincenti che diventano imbattibili e creano amicizie che possono durare tutta la vita. Alla base di qualsiasi squadra vincente c’è un gruppo di lavoro che riesce ad andare al di là delle individualità per il bene e l’interesse comune. Qualche settimana fa ci ha fatto molta tenerezza sentire parlare Francesca Marcon del suo rapporto con Giulia Leonardi: le due giocatrici hanno condiviso alcuni anni di vita in comune prima a Busto e poi al River Piacenza e sono diventate amiche per la pelle in una ‘sorellanza’ che le squadre femminili di volley sanno esaltare.

Francesca Marcon ha festeggiato una bella vittoria con la sua Zanetti ma alla fine non ha potuto abbracciare la sua ‘sister in crime’. Ci sarà tempo per vederle abbracciarsi, per abbracciarsi di nuovo tutti…  

Francesca e Giulia mi hanno ricordato di una cara amica con cui ho condiviso tanti splendidi ricordi dai bordi del campo. Una delle cose più belle fu poter condividere con lei la nascita di una di queste sorellanze, nata sul campo e tuttora estremamente viva. Tre ragazze belle, giovani, entusiaste: divertentissime. Io le chiamavo “Le Cocche”. E quando mi chiesero il perché di quel nomignolo, feci ascoltare loro questa canzone. “Don’t take my Coconuts” diventò il loro tormentone e le mie Cocche pretesero di imparare a memoria tutta la coreografia: una delle cose più spassose cui abbia mai assistito.

Kid Creole (August Darnell) è un meraviglioso musicista newyorchese che ha saputo creare spettacolo come pochi altri. Una personalità bizzarra e stravagante che proponeva musica da ballo, sempre allegra, di sapore tropicale: calypso, salsa, rumba, twist… I concerti di Kid Creole erano un vero e proprio happening, qualcosa di assolutamente straordinario. La canzone è uno dei suoi più grandi successi e fa riferimento alle Coconuts, il suo trio di coriste e ballerine belle, divertenti ed estremamente autoironiche. Le tre ragazze della cui sorellanza ero perdutamente innamorato si chiamavano Cocche proprio perché mi ricordavano le Coconuts. E ancora oggi le mie Cocche quando si vedono accennano a qualche passo di questa bizzarra canzone.

Il video è il brano d’apertura del tour “Lifeboat Party” del 1985: Kid Creole a dispetto dei suoi 70 anni è ancora in piena attività e le Coconuts sono alla loro quarta generazione. Quella che si vede nel video è la prima, e la Coconut in rosso, è Adriana: la sua prima moglie. Anche la seconda moglie, Eva, è stata una Coconut per oltre vent’anni. Il mondo ha un disperato bisogno di Cocche.

2 – Il Ninja educato

Parlare di Yuki Ishikawa non è semplice. Ne abbiamo chiacchierato un po’ con Valerio Baldovin qualche tempo fa che ha espresso con poche parole un concetto molto limpido e corretto a proposito di un giocatore che conosce bene: “Un ragazzo fantastico, un gran lavoratore, una persona di rarissima educazione che si pone di fronte a chiunque con l’ambizione di chi vuole imparare”. E Ishikawa sta imparando tanto. Sa di avere sulle spalle un ruolo importante in vista delle prossime Olimpiadi di Tokyo di cui è uno dei testimonial. In quattro anni in Italia è cresciuto in modo esponenziale e lo ha fatto silenziosamente. In Giappone è considerato uno degli atleti più popolari del paese. Qui lo hanno ribattezzato Power Ninja ma del personaggio da cartone animato Yuki non ha nulla. Si è laureato ed è diventato professionista di pallavolo nel campionato più difficile del mondo. E questo dice molto del suo spessore. La realtà è che di Yuki si sa pochissimo. L’Allianz Cloud quando ancora il pubblico poteva partecipare ospita a ogni gara una piccola comunità nipponica di ragazze in adorazione. Lui, sontuoso, elegante, potentissimo, si alza con l’elasticità di una molla pronta a esplodere. Al collo un vezzoso ciondolo, un piccolo cilindro che sembra contenere qualcosa di prezioso. E a ogni punto l’umiltà di chi tiene gli occhi bassi e aspetta che siano i compagni a dirgli bravo. Ishikawa ha iniziato questa stagione in modo impressionante: è lunga la strada fino alle Olimpiadi. E allora, senza scomodare brani di band giapponesi – che per altro esistono e sono anche di una certa importanza – abbiamo voluto pensare a una canzone che si ritagliasse sul suo garbo, sulla sua eleganza e sulla sua splendida immagine e che forse anche se è distantissima dal suo mondo gli piacerà.

“Long may you run” fu scritta dal canadese Neil Young nel 1976 per il suo album omonimo insieme a Stephen Stills. “Che tu possa correre a lungo” è uno degli auguri più belli che si possa fare a un atleta, di qualsiasi genere. Questo video è davvero unico: Neil Young lo cantò unoplugged, chitarra voce e armonica a bocca, allo spegnimento del braciere olimpico dei Giochi invernali di Vancouver 2010. Un momento commovente e indimenticabile…

3 – L’allegra macchina da guerra

Il primo impatto con un personaggio come Freya Aelbrecht è sempre particolare. Freya è entusiasta: sempre. Sembra l’abbiano caricata con l’elio. Durante il riscaldamento sottolinea ogni palleggio a voce alta, urla, ride, si diverte. Il pallone per lei non è un attrezzo di lavoro, ma un mezzo per divertirsi: basta vederla in quei pochi minuti prima degli esercivi veri e propri come si intestardisce a palleggiare con i piedi.

Freya è una giocatrice che si nota dentro e fuori dal campo: la sua voce è quella che arriva per prima e in questo periodo di palazzetti deserti il suo urlo rimbomba da un lato all’altro dell’arena come quello di un capo ultrà. Le vogliamo bene per questo… perché come ha detto di lei Mazzanti dopo la vittoria con Brescia di domenica scorsa nella quale è stata nominata MVP… “è difficile trovare una ragazza che fa tutto con l’entusiasmo di una sedicenne, sia che giochi o che debba stare nell’angolo in attesa di giocare”. Da buon osservatore non mi è sfuggita una cosa che risale ad alcuni anni fa quando la Aelbrecht era ancora a Monza, dove giocherà proprio oggi contro la sua vecchia Saugella. L’impianto di amplificazione irradiò un pezzo dei Muse che lei cantò dall’inizio alla fine, tra urletti e sbuffi, incitamenti alla sua compagna di riscaldamento e risate. “Starlight” è un inno alla gioia: Matthew Bellamy lo incise molti anni fa dedicandolo alla sua ragazza di allora che, guarda caso, era italiana. Una psicologa di Como. Tra le pieghe di una canzone capolavoro, uno di quei brani che non si schiodano dalla testa e che ti obbligano a pensare positivo c’è un verso che è meraviglioso: “you eletrify my life…”, ‘tu che mi elettrizzi la vita, cospira con me per alimentare tutte quelle anime che pensano di dover morire per sentirsi vive’.

Questo video è tratto dal concerto dei Muse del 2013 allo Stadio Olimpico di Roma.  

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