Di Paolo Cozzi
Per il grande pubblico è un carneade della serie A, un allenatore poco conosciuto che si è trovato catapultato alla guida della Vero Volley Monza dopo l’esonero di Fabio Soli. Ma per chi conosce la sua storia, soprattutto in Lombardia, il nome di Massimo Eccheli è sinonimo di qualità e di successi nel settore giovanile dagli anni ’90 ad oggi.
Io lo conosco proprio da quel periodo in cui, da allenatore del Gonzaga, guidava i suoi ad epiche sfide contro il mio Vittorio Veneto. Poi mi ha allenato per un anno in una serie B2 vinta a mani basse, che ha dato il la alla epopea dell’Asystel Milano. Credo perciò che abbia le carte in regola per stupire anche i più scettici, come dimostrano anche le due vittorie in tre partite contro avversari blasonati come Trento e Piacenza. Questi ed altri i temi di cui abbiamo parlato alla vigilia di un altro big match contro Perugia.
Hai sempre impostato la sua carriera sul lavoro con i giovani, creando a livello nazionale un marchio di fabbrica di qualità legato al suo nome. Avevi mai preso in considerazione l’idea allenare in Superlega?
“Sicuramente quando ho iniziato ad allenare ero molto giovane, e come tutti i giovani che iniziano un percorso professionale, che sia sportivo o lavorativo, si hanno dei sogni che si vorrebbero realizzare. Non nascondo che ai tempi il fatto di poter allenare ad alto livello era sicuramente un sogno per me; poi la vita ti porta per strade che magari non hai programmato. Io mi sono trovato a lavorare con gruppi di giovani forti e quella è diventata un po’ la mia vocazione: ho riversato in tutte le stagioni il mio massimo impegno e la massima ricerca per giungere al miglior risultato possibile. Ho poi avuto la fortuna di allenare i miei ragazzi anche in campionati di categoria, avendo così la possibilità di conoscere campionati di livello come la serie B e la A2 nell’anno di Segrate, e trovandomi ad allenare anche squadre un po’ più ‘anzianotte’ e complesse“.
Se ripenso a te negli anni ’90, penso ad un allenatore molto carico, focoso (sapevamo che in una finale un cartellino rosso te lo portavi a casa!)… e ancora oggi chi parla di te ti descrive come un sergente di ferro. Come è l’Eccheli di oggi? E soprattutto come si pone nella nuova veste di allenatore di Superlega?
“Mi rivedo in quello che dici, ci sono un sacco di leggende metropolitane che gravitano sulla mia testa e che sicuramente hanno un po’ condizionato il giudizio su di me dall’esterno. Alcune cose sono vere, ma poi la gente su queste storie ci ricama su. È sicuramente cambiato il mio modo di gestire la tensione negli anni. Mi rendo conto che ho sempre avuto la fortuna di avere gruppi che dovevano fare risultato, e questo mi ha sempre spinto a dare il massimo e a chiedere il massimo ai miei atleti, non tanto perché ne avevo bisogno io, ma perché la mia priorità era gratificare con un risultato importante la società che mi metteva a disposizione un ottimo gruppo su cui lavorare“.
Torniamo al presente, come è stato il passaggio dall’allenare i giovani al dover gestire campionissimi con esigenze e problematiche diverse da quelle cui eri abituato?
“Fortunatamente la squadra di Monza è composta da giocatori intelligenti, con un giusto mix fra giovani e giocatori più navigati, quindi si può lavorare bene. Il gruppo mi ha dato subito la sua collaborazione e di questo ringrazio i ragazzi. La difficoltà semmai è più legata al dover gestire tanti giocatori stranieri che parlano poco l’italiano: devi riuscire ad entrare nel loro modo di pensare e di vedere. A volte do per scontate delle cose e sbaglio, perché una cosa che in Italia è data per assodata non lo è nella loro cultura di origine“.
Per esperienza (ho cambiato allenatore in corsa, credo, 10 volte in 14 anni!) il primo discorso dell’allenatore nuovo è fondamentale per acquisire credibilità agli occhi della squadra. Che argomenti hai toccato per far capire che tu eri la persona giusta in quel momento?
“Non ho detto niente di particolare: ho chiesto la collaborazione dei giocatori, ho spiegato loro che non avevo moltissima esperienza in Superlega e che quindi per poter lavorare bene insieme loro avrebbero dovuto in qualche modo aiutarmi, essere sempre collaborativi, partecipi, anche nei feedback che per me sono fondamentali, sia sul lavoro che facciamo in allenamento che sulle proposte“.
Cosa ne pensi di questa Superlega e dell’andamento della tua squadra?
“Sicuramente abbiamo ancora degli alti e bassi, manchiamo un po’ di continuità, ma i ragazzi lavorano tanto e anche la sconfitta di Vibo è arrivata per pochi palloni di differenza, quando abbiamo mancato occasioni per chiudere il set. Questo poi è un campionato in cui si naviga a vista per tante ragioni, e quindi farsi trovare pronti, avere un po’ di fortuna può essere molto importante“.
A Piacenza sei partito con Holt e Lanza in panchina: non male per un allenatore alla terza presenza, una bella dimostrazione di carattere alla squadra!
“La nostra squadra non ha 7 titolari inamovibili e 6 riserve di basso valore tecnico. È una squadra giovane,fresca, con molte possibilità di crescita. Noi in settimana facciamo un lavoro di monitoraggio abbastanza importante, nei lavori obiettivo e nei lavori tecnici dei ragazzi. Holt arrivava alla partita dopo qualche problema fisico che lo aveva un po’ debilitato, e pensavo non avesse tutto il match nelle gambe. E per quanto riguarda Lanza, in settimana avevo visto Sedlacek davvero in grande spolvero. Ripeto, il plus di questa squadra è avere tante risorse, devo essere bravo a capire quali a seconda delle situazioni possono aiutare di più, perché tutte le scelte le faccio per il bene della squadra che è il bene supremo. Tutti sanno che possono giocarsi le loro carte, e questo li spinge a dare sempre il massimo“.
Tornando al tuo passato con le giovanili, sei stato l’allenatore che ha accompagnato la crescita di un grande talento della nostra pallavolo, Riccardo Sbertoli. Sei riuscito a ricreare lo stesso feeling con Orduna?
“Con Riccardo a Segrate abbiamo vinto molto, l’ho allenato tanto e la cosa buffa è che un anno, ad un torneo giovanile a Padova, andammo a vedere giocare proprio Orduna per dargli un modello a livello tecnico, perché per certi versi hanno caratteristiche simili. Sono pragmatici, esemplari, precisi e carismatici in campo. Per me quindi è sempre stato importante creare un gran feeling con il palleggiatore, perché insieme al libero è la mano dell’allenatore in campo. Santi ha avuto da subito un atteggiamento e un modo di porsi fantastico e di grande aiuto. Si allena come un ragazzino e avere la sua collaborazione è per me fondamentale, è partito senza pregiudizi nei miei confronti ed è un piacere allenarlo“.
Catapultato in serie A, hai vinto due partite su tre e adesso ti aspetta Perugia. Come stai vivendo questo periodo? Sembravi un “traghettatore” e invece stai dimostrando molto.
“Io innanzitutto sono un allenatore del Consorzio Vero Volley a cui è stato chiesto di dare una mano in questo momento delicato. Ora sono concentrato solo sul presente: esattamente come due mesi fa mai avrei pensato di sedere sulla panchina della prima squadra, sinceramente ora non mi metto a pensare a quello che succederà dopo. Per me il presente è un sogno che ogni giorno si rinnova, un’esperienza che mi sta formando molto. Sono molto curioso di poterla affrontare con la massima dedizione e la massima energia, poi quando sarà il momento di tirare le somme lo faremo in massima serenità. Sono veramente focalizzato sul fare del mio meglio in questo momento, e questo mi dà un’enorme serenità, altrimenti penso che farei molta più fatica. Il mio obiettivo deve essere quello di far girare la squadra al meglio delle sue possibilità, per regalare alla società il miglior risultato possibile“.
E allora, qual è secondo te l’obiettivo massimo a cui deve ambire il tuo gruppo? Un risultato per cui tu a bocce ferme diresti ”ho fatto un buon lavoro”?
“Secondo me il potenziale di questa squadre è di profilo medio alto, soprattutto se saremo bravi e se la fortuna ci assisterà in questa stagione anomala. Io sono convinto che i ragazzi debbano darsi un obiettivo minimo come quello di arrivare alla semifinale scudetto, e lavoriamo ogni giorno per provare a raggiungerlo. Io sono convinto che questa squadra abbia in sé le risorse per poterci arrivare, poi è chiaro, un conto è avere le risorse e un conto è riuscire a fare il percorso giusto. Dovremo essere bravi a ragionare da squadra, a lavorare uniti in una stagione difficile, ma sono convinto che i ragazzi abbiano i mezzi per fare molto bene“.