Di Stefano Benzi
Stupido è chi lo stupido fa
Ci lasciamo alle spalle anche la settimana del primo aprile per festeggiare – se così si può dire visti obblighi e restrizioni – un’altra Pasqua in lockdown. Meglio riderci sopra.
E sicuramente ci ha fatto ridere lo scherzo che la Videx Grottazzolina ha diffuso on line nel giorno del primo aprile annunciando trionfalmente l’ingaggio di Ivan Zaytsev. In effetti ci sono caduti in pochi: diciamo che gli amici di Grottazzolina l’hanno toccata un po’ forte e questa volta bersela era difficile.
Vale la pena ricordare uno scherzo leggendario di qualche anno fa della squadra femminile di un ateneo americano – Pepperdine – che riuscì a farsi donare 465 palloni di pallavolo con i quali invasero l’allenamento della ben più popolare squadra di basket letteralmente presa a pallonate. Pepperdine è una facoltà privata ricca, una delle più ricche degli USA. E non è che la pallavolo brilli per successi e attenzione. Di qui la ‘vendetta’ delle studentesse che si sono giocate un “april fool”, il pesce d’aprile americano, straordinario.
E a proposito della parola fool, stupido, in senso molto lato, la canzone per eccellenza non può che essere “Won’t Get Fooled Again” dei The Who, incisa dalla band britannica nel 1971 quando era all’apice del suo successo. Degli Who ormai sono rimasti solo Roger Daltrey e Pete Townshend, ma la band continua a girare il mondo e sta per festeggiare 55 anni di attività. Il loro ultimo bis, quasi sempre, è proprio questo brano… “prenderò di nuovo la mia chitarra per suonarla esattamente come ieri, e mi metterò in posa in ginocchio, a pregare perché stavolta non mi faranno più fesso…”. Il brano era contro le case discografiche, in particolare quella della band (all’epoca era la Decca) che non aveva gradito una svolta ‘elettronica’ di Townshend che aveva deciso di comporre con l’aiuto dei primissimi sintetizzatori. Il leggendario chitarrista parla di “fare una rivoluzione senza far male alla gente”. A distanza di cinquant’anni, della loro rivoluzione si parla ancora.
Ma per fare il paio con la playlist ‘rabbiosa’ di qualche settimana fa, ecco un altro suggerimento adeguato. Degni eredi del grandissimo Frank Zappa che incise “Dumb All Over” (un inno alla idiozia dilagante) i californiani Primus hanno inciso la meravigliosa “Moron TV” a proposito di tutte le stupidaggini dilaganti in televisione. Ieri era la giornata delle fake news. Una canzone inquietante e stralunata, che non ascolterete per radio e nemmeno in TV, di un gruppo probabilmente poco noto alla maggior parte del pubblico italiano.
Strepitosa esecuzione di “Won’t Get Fooled Again” fu quella del Live Aid, 1985. Il leggendario Keith Moon era già scomparso (il batterista era Kenney Jones) ma tre quarti dei The Who erano sul palco: Daltrey (Voce), Townshend (chitarra) e Entwistle (basso)
I Primus con “Moron TV” in un concerto del festival “Summer Camp” nel 2014
L’importante è andare avanti
Siamo nel periodo che prelude all’assegnazione dei titoli. Si gioca per la promozione, lo scudetto e la salvezza. Ma per alcune squadre la stagione, di fatto, è già finita. E per molti giocatori inizia la delicata fase di mercato che precede contrattazioni e magari qualche trasferimento. C’è chi ha già salutato. In questo senso ci ha fatto molta tenerezza l’addio di Veronica Angeloni, una giocatrice navigata e di spessore che è solita misurare molto le parole e lasciare dire le cose al campo. Con un post molto accurato Veronica saluta Perugia dove ha trascorso i suoi ultimi due anni dicendo… “stavolta il cuore ce lo lascio sul serio”.
Come lei molti altri atleti, magari loro malgrado saranno chiamati a cambiare: perché la regola del gioco è questa. E va accettata anche quando la si subisce.
A Veronica e a tanti altri che si apprestano a cambiare, forse anche a interrompere la loro carriera, segnalo quella che secondo me è una delle canzoni più belle che siano mai state scritte. “Solsbury Hills”, prodotta da Peter Gabriel per il suo primo disco solista. Dietro un testo garbato e una melodia rassicurante, il brano nasconde il fardello di decisioni gravi da prendere e strade in salita da affrontare. In profonda crisi creativa, stremato dopo “The Lamb Lies Down On Broadway” il suo ultimo capolavoro con i Genesis, Gabriel affronta il momento più difficile della sua vita creativa. Andare avanti facendo quello che consigliano le case discografiche o ricercare? Innovare o pensare al facile guadagno?
Dopo essersi ‘picchiato’ per tre settimane con una canzone che non si decideva ad uscire, Gabriel sale dal suo studio di Bath verso Solsbury Hills, una collina che domina il Somerset. Lì rimane quasi quattro ore a guardare l’orizzonte e i villaggi intorno: arriva anche un acquazzone che lo infradicia. Tornato in studio in meno di due ore crea il suo capolavoro. Un brano in cui le difficoltà vengono descritte come una parte del percorso da affrontare per tornare sempre verso casa.
Una delle versioni più belle eseguite dal vivo da Peter Gabriel, il tour di “Growing Up”. Il concerto è quello di Milano dell’8 maggio 2003. Band straordinaria, con la figlia di Gabriel, Melanie.
Quei bravi ragazzi…
Divertente da sottolineare un aspetto importante, a volte un po’ sottovalutato. In uno sport che sembra dare importanza solo a stranieri, investimenti milionari e grandi arrivi, la Kioene Padova ha schierato una squadra con tanti ragazzi del settore giovanile e addirittura sette atleti veneti, tutti impegnati con la prima squadra nei play off per il quinto posto. Vale la pena sottolineare questa notizia anche perché si sposa con una splendida canzone che da un po’ di tempo volevamo inserire nella nostra playlist. Gli Aztec Camera sono una band new wave semisconosciuta in Italia il cui leader, Roddy Frame ha un unico importante difetto. É bello. Molto bello. E questo lo ha costretto a diventare una sorta di idolo delle teenagers nonostante scriva canzoni meravigliose e sia uno dei migliori chitarristi viventi.
Quando aveva 19 anni Roddy Frame, che all’epoca era prodotto niente meno che da Mark Knopfler dei Dire Straits scrisse una canzone vincente, un autentico capolavoro. Knopfler gli disse: “Sei bello, hai talento, sei bravo, hai il mondo in mano… che vuoi di più?”
E Roddy, scozzese di East Kilbride, scrisse “All I need is Everything”, complicatissimo brano che si appoggiava su un riff di chitarra micidiale, velocissimo, roba da far cadere i tendini. Frame presentò la sua canzone così: “Ai ragazzi della mia età, nati in provincia e costretti a confrontarsi con una realtà opprimente dico… non vi accontentate di qualcosa: prendetevi tutto”.
All’epoca mi sembrò un ottimo consiglio. Che giro ai ragazzi di Padova e ai tanti “hometown boys” che nelle squadre di pallavolo di provincia e di città si allenano duro attendendo pazientemente il loro momento.
La prima apparizione pubblica degli Aztec Camera a Top Of The Pops