Di Roberto Zucca
Ha spiegato a tutti i suoi fan, che aumentano di settimana in settimana, che cosa sia per lui il concetto di libertà. È una libertà di pensiero, quella che Federico Marretta comunica attraverso i suoi video, che nel tempo lo hanno reso uno dei più originali narratori della nostra pallavolo. E l’originalità di questa comunicazione non è qualcosa di comune in un mondo, quello dello sport in cui spesse volte si ripetono e si veicolano i medesimi messaggi.
Lo schiacciatore, che dopo aver concluso la stagione in A2 con la Cave del Sole Geomedical Lagonegro è appena passato in Serie B alla Pharmap Saber Palermo, ha avuto il coraggio di raccontarsi e lo ha fatto mediante le sue fragilità, la sua estrosità, il suo saper fare eco:
“E nell’ultimo video in cui parlo di libertà ho fatto capire cosa mi piace fare, come faccio a sentirmi libero, quali sono le cose a cui tengo veramente. E il fatto che qualcuno possa tentare di soffocare quella libertà, quella passione, mi destabilizza. E non voglio che accada. Voglio che passi questo come messaggio“.
Conciliare la sua libertà con la pallavolo è difficile, Marretta?
“Talvolta lo è stato. È un messaggio che devi essere bravo tu a far passare. Sono una persona metodica, ho sempre lavorato duramente in palestra e se c’era da spaccarsi la schiena in allenamento per due ore e mezza io arrivavo prima e andavo via dopo tutti gli altri. Io ho sempre lavorato così. Ho cercato di farlo anche quest’anno, finché il fisico ha retto. Purtroppo i tempi di recupero sono stati lunghi. Non ho sempre potuto fare il 101%“.
A Lagonegro stagione sfortunata. Diciamolo.
“Non è andata come speravo. Mi sono infortunato prima dell’inizio del campionato. Spesso mi sono allenato comunque, cercando di resistere. La stagione non è andata, per tutti, come ci si aspettava. Può capitare. Mi porto a casa il fatto che, pur non potendo saltare per molte fasi della stagione, sono risultato il miglior ricettore in A2“.
Poi ha chiuso le valigie ed è tornato a Sciacca. Forse è la famiglia la miglior terapia in certi casi.
“I miei affetti mi sono mancati. L’occasione offerta da questo anno così particolare, non certo a causa dei risultati che non arrivavano, mi ha dato la possibilità di riflettere un po’ su ciò che per me è realmente importante. I miei genitori, mio fratello, mia sorella, mia nipote. I miei affetti sono in cima a tutto questo“.
La pallavolo?
“Sono un professionista da 15 anni. La pallavolo è il mio lavoro. È importante. Vorrei che la gente capisse che se faccio una nottata in tenda o un giro con la moto, il mio professionismo rimane tale. Gli hobby e le passioni le abbiamo tutti. Sorrido sul fatto che gli hobby rimangono tali quando si fanno 25 punti a partita; quando invece i punti non si fanno più, allora diventano problemi oppure oggetto di critica. Ma non è così“.
Quando ha dato la notizia del suo ritorno in Sicilia il telefono ha squillato così tanto che Palermo l’avrà a disposizione per la seconda parte della stagione.
“Conosco il coach Nicola Ferro da molti anni. Mi ha chiamato e mi ha detto che poteva ingaggiarmi, in base al regolamento. Mi sarei comunque dovuto allenare a Sciacca, perché solitamente non riesco mai a stare fermo dopo la fine della stagione. Così mi sono lasciato piacevolmente incastrare in questa nuova avventura (ride, n.d.r.)”.
La Pharmap Saber sogna. Con lei ancora di più.
“Direi che è giusto sognare, perché Palermo merita un palcoscenico importante. Ha una struttura bellissima nella quale giocare e avere una serie A con degli investitori che sposano la causa di uno sport bello come il nostro è una cosa secondo me fattibile“.
La notizia ha sorpreso ed entusiasmato l’ambiente pallavolistico siciliano.
“Beh, fa piacere. Ho dato la mia disponibilità perché la squadra e il progetto mi piacciono. Sono a disposizione di Nicola. Ma non parlo di obiettivi a lungo termine. Per ora sono felice di giocare nella mia terra per una società ambiziosa ed entusiasta di esserlo. Al resto ci penseremo più avanti“.