Di Redazione
Fare sport ad alto livello significa anche viaggiare: nei campionati di Serie A, ma anche nelle categorie inferiori, le trasferte sono all’ordine del giorno e comportano un notevole dispendio di energie per organizzare gli spostamenti in ogni loro aspetto, da pullman, aerei e treni fino agli hotel e ai trasferimenti locali. Per questo le agenzie di viaggio diventano, per i top team, partner insostituibili e a volte anche qualcosa di più: è il caso del Gruppo Gattinoni, azienda leader nel settore del turismo, del business travel e degli eventi, che ormai da diversi anni è official supplier dell’Inter. Una collaborazione che ha permesso al gruppo lecchese di dare ulteriore visibilità al proprio marchio ed espandere le sue attività nel mondo dello sport, fino a diventare Official Tour Operator delle Nitto ATP Finals di tennis che si disputeranno a Torino.
Abbiamo intervistato Isabella Maggi, Direttore Marketing e Comunicazione del Gruppo Gattinoni, per capire meglio come è strutturata questa realtà di primo piano del settore turistico e come ha pianificato i suoi investimenti nello sport.
Innanzitutto può presentarci la storia e le attività del Gruppo Gattinoni?
“La nostra realtà è nata nel 1983 a Valmadrera, un paese a 3 km da Lecco, per iniziativa di Franco Gattinoni, che è tuttora il nostro presidente. I dipendenti sono circa 450, dislocati nelle varie sedi: abbiamo un hub a Milano e ne abbiamo appena aperto un altro a Torino, poi sedi operative a Monza, Roma, Bologna e Lecco. Abbiamo 31 Travel Store di proprietà e 1500 agenzie affiliate, in tutta Italia e in Svizzera, suddivise in due network (Gattinoni Mondo di Vacanze e My Network). Ci occupiamo di turismo a 360 gradi, con le tre anime dell’azienda: la prima è l’area corporate, in cui rientrano il business travel e le collaborazioni con le società sportive, ma anche con molti altri settori, dalle aziende farmaceutiche alle case di produzione televisiva. La seconda è il MICE (Meeting, Incentive, Convention Events) che a sua volta comprende aree dedicate alla logistica, alla comunicazione, agli eventi ‘Made in Italy’ (pensati per clienti stranieri che vogliono organizzare un appuntamento in Italia) e al settore healthcare. E infine il cliente finale: nelle agenzie vendiamo sia prodotti di terzi sia viaggi su misura, che nascono da una costruzione personalizzata, e poi abbiamo una piattaforma proprietaria online, che consente di costruire autonomamente e acquistare pacchetti di viaggio. Nel 2019 abbiamo chiuso con un bilancio di 320 milioni di euro, poi è arrivato il 2020 che ovviamente ci ha visto abbastanza fermi, ma prevediamo un futuro ricco di novità e di strumenti tecnologici che ci permetteranno di stare al passo con i tempi“.
Da tempo avete cominciato a stringere sinergie con il mondo sportivo. Quali sono gli obiettivi che vi ponete e i risultati che state ottenendo da queste collaborazioni?
“Lo sport per noi è una branca del turismo: tutto quello che è sportivo si riconduce un po’ al nostro mondo, sotto forma di evento o di viaggio. Negli anni abbiamo avuto la possibilità di costruire alcune partnership, partendo dal presupposto che devono tutte avere un riscontro dal lato business: non ci basta mostrare il nostro marchio, dobbiamo guadagnare delle opportunità di lavoro, e quindi dietro a ogni collaborazione c’è un grosso lavoro per capire quale può essere il ritorno dell’investimento. Di solito si tratta di partnership nazionali, anche per non penalizzare nessuna delle nostre agenzie locali. Il settore del turismo purtroppo non ha grossi margini, e i budget per gli investimenti pubblicitari e la comunicazione sono scarsi: è necessario ottimizzarli al massimo“.
Da anni ormai siete official supplier dell’Inter: come è strutturato il rapporto con la società nerazzurra, e con quali obiettivi?
“Inter era inizialmente un nostro cliente di business travel con cui è nata una bella collaborazione, poi abbiamo deciso di diventare partner, con vantaggi evidenti per noi: abbiamo la disponibilità di posti per assistere a tutte le partite, che diventano un canale di PR per invitare clienti e agenzie. Questa attività ci ha permesso anche di entrare in contatto con clienti importanti, per esempio organizzando l’evento creato dall’ex nerazzurro Ivan Cordoba per i 10 anni della sua fondazione. C’è poi la possibilità di utilizzare alcune location all’interno dello stadio, altra opportunità importante per il gruppo“.
Avete anche uno sky box al Mediolanum Forum di Assago per assistere alle partite dell’Olimpia Milano, altro vostro partner. Che tipo di attività organizzate?
“Anche quella è stata una bella mossa: abbiamo preso lo sky box pensando ai concerti, ma abbiamo scoperto di avere anche tanti appassionati di basket tra i nostri clienti. È diventato a sua volta un ottimo canale di PR, soprattutto nei confronti delle famiglie, e ci ha aperto tutta una serie di opportunità“.
Siete anche l’unico tour operator ufficiale delle Nitto ATP Finals: quali sono gli obiettivi e che riflessi può avere questa collaborazione?
“Abbiamo partecipato alla gara del Comune di Torino che ci ha permesso di essere l’official tour operator per i primi 3 anni della manifestazione. È una sinergia importantissima per Torino e il Piemonte, ma diciamo pure per tutta Italia: porta clienti dall’estero e il paese ne beneficia, perché per uno straniero è facile spostarsi da Torino in altre città. Ovviamente questa partnership ci sta aprendo tutto un mondo legato al tennis, che per noi è una disciplina nuova: abbiamo a disposizione biglietti che inseriremo nei nostri pacchetti di viaggio o da abbinare alle idee di experience, inoltre saremo l’unico tour operator che potrà vendere i biglietti alle agenzie italiane, e questo ci permetterà di entrare in contatto con tante realtà e tanti clienti italiani e stranieri“.
Lo sport può dare vita a nuove collaborazioni anche da un altro punto di vista: ad esempio molti formatori nel mondo aziendale provengono dal mondo sportivo. Vi è capitato di lavorare con qualcuno di loro, e che punti di contatto possono esserci tra la realtà lavorativa e quello dello sport?
“Certamente sì. In passato abbiamo utilizzato molti testimonial provenienti dal mondo sportivo: Aldo Montano, Arrigo Sacchi, gli stessi Maurizia Cacciatori e Mauro Berruto in rappresentanza della pallavolo. C’è stato un periodo in cui i testimonial sportivi erano un po’ troppo inflazionati, ma questo resta uno degli ambiti in cui la motivazione e il team building funzionano meglio. In fondo le logiche di un’azienda sono o dovrebbero essere simili a quelli di una squadra: si impongono i concetti di gruppo e di appartenenza, l’idea che, se si fa bene una cosa, la si fa per tutti e non solo per se stessi“.
In questo scenario manca ancora lo sport femminile…
“Dobbiamo lavorarci un po’, ma sicuramente può essere un’opportunità interessante, soprattutto per il volley che ha una grande base di praticanti“.
Tornando alla vostra attività principale, il turismo sta attraversando senz’altro un periodo di grave crisi legata alla pandemia di coronavirus: quali sono le vostre strategie per affrontare questa situazione e i vostri obiettivi per il futuro?
“Il settore del business travel è sicuramente quello che subirà le ripercussioni maggiori, perché cambierà il modo di viaggiare: si è capito che tante riunioni e tante trasferte si possono fare anche non in presenza, e non tutte le fiere saranno così basilari. Bisognerà puntare ad avere più clienti per raggiungere lo stesso fatturato. Dal punto di vista del MICE bisognerà lavorare sulla sicurezza e sugli eventi Covid-free, ma la differenza la faranno la creatività e la capacità di personalizzazione, perché ogni azienda oggi chiede un prodotto su misura. Nel periodo del lockdown abbiamo creato tanti eventi in streaming, che ci hanno permesso di capire quanto sia importante puntare su un mix di digitale e tradizionale, che sarà il futuro degli eventi e delle convention: non si tornerà subito del tutto in presenza, ma non si resterà neanche soltanto online“.
E poi ci sono le vacanze…
“Questo è un settore in cui ovviamente c’è tanta voglia di ripartire, anche perché ci sono persone che per un anno e più non hanno speso nulla, hanno una buona disponibilità economica e si stanno guardando in giro. I viaggi in Italia la faranno da padroni anche quest’anno, qualche destinazione internazionale come Spagna, Grecia o Malta si sta attrezzando, e ci sono destinazioni Covid-free come Maldive e Seychelles. Speriamo nell’autunno e nei vaccini: ci sarà sicuramente ancora tanto turismo di prossimità, ma stiamo cercando di aprire dei corridoi turistici sicuri anche all’estero, perché la voglia di viaggiare non manca. In generale siamo ottimisti: crediamo che le agenzie esisteranno sempre e non moriranno mai, un po’ come avvenuto per la radio, che si dava per morta già un secolo fa e invece è viva e vegeta. Ovviamente per poter restare sul mercato è necessario evolversi, saper sfruttare le tecnologie online, che sono sicuramente uno strumento e non un nemico; noi ci lavoriamo molto, ma al tempo stesso manteniamo le persone sul territorio. Crediamo che il contatto umano e le persone debbano restare il valore aggiunto“.
Per molte realtà la crisi ha causato anche una contrazione degli investimenti in sponsorizzazioni e pubblicitaria: qual è la vostra situazione?
“Noi praticamente abbiamo dovuto azzerare tutto e stiamo ancora un po’ vivendo questa fase. Qualsiasi attività la dobbiamo calibrare moltissimo, perché nel 2020 non abbiamo quasi avuto entrate. Abbiamo lavorato parecchio nel digital, utilizzando tutti i nostri canali social, anche perché abbiamo un ufficio comunicazione interno con un settore dedicato che se ne occupa: abbiamo cercato di mantenere sempre il contatto con i clienti, prima con post ‘motivazionali’ e ottimisti, e adesso con una serie di eventi in streaming: da corsi di yoga alla Champagne Experience, per coinvolgere le aziende. Per quanto riguarda i media stiamo provando a investire qualcosa sui nostri prodotti del catalogo Mare Italia, ma senza strafare: in questo momento dobbiamo essere molto cauti“.
Quanto può essere utile per la visibilità di un’azienda investire su un testimonial di successo?
“Noi abbiamo utilizzato come ambassador alcuni chef di successo come Davide Oldani, Carlo Cracco, Andrea Berton, Ugo Alciati, anche perché è facile abbinare uno chef a una destinazione di viaggio con le sue specialità. Anche i team building culinari vanno molto di moda e sicuramente in quei casi avere un personaggio noto aiuta, anche per il ritorno che può avere a livello di comunicazione: basta che il testimonial tagghi Gattinoni o pubblichi l’evento sui social e la visibilità aumenta immediatamente. Non sempre si può adattare un format a tutti, ma questi nomi possono aiutare: danno un valore aggiunto che aiuta l’azienda a posizionarsi e a farla percepire in un certo modo, creando brand awareness“.
Come interpretate e identificate i bisogni dei vostri maggiori consumatori, e come lavorate per aumentare il loro interesse?
“Siamo uno dei pochi network di viaggi che ‘salta’ le agenzie, ma con l’obiettivo di portare le persone in agenzia! Mi spiego: in teoria dovremmo mandare i nostri strumenti pubblicitari agli agenti di viaggio e lasciare che loro facciano pubblicità, ma in questo modo su 1500 agenzie riusciremmo a sfruttarne al massimo 200-300. Preferiamo investire direttamente sul consumatore finale, attraverso adv alla radio, sponsorizzazioni mirate, campagne pubblicitarie digital, che però rimandano sempre al punto vendita, e puntano su prodotti esclusivi che solo le nostre agenzie hanno. In contemporanea forniamo alle agenzie tutta una serie di strumenti per promuoversi sul territorio, dalle newsletter da mandare ai clienti a una piattaforma che gestisce centralmente i contenuti Facebook e Instagram. Noi creiamo il piano editoriale, l’agenzia può decidere quali e quanti dei nostri contenuti pubblicare. Questo permette di liberare gli agenti da compiti di comunicazione, anche se al contempo stiamo promuovendo corsi di formazione per i dipendenti. Poi abbiamo il nostro sito, che viene continuamente aggiornato, e ogni settimana tutta una serie di comunicati stampa per le riviste di viaggi e di trend. A settembre, infine, lanceremo il primo sito B2C in cui andremo a vendere i viaggi direttamente al consumatore finale, ma al tempo stesso creeremo anche un e-commerce a disposizione di ogni agenzia. Non ci possiamo più permettere di perdere quella fetta di clientela che acquista solo online, ma al tempo stesso i punti vendita continueranno a essere il fulcro dell’attività“.
La tradizionale agenzia di viaggi è legata a un mondo di adulti: che strategie avete messo in atto per conquistare la fascia di clientela più giovane?
“A febbraio stavamo per lanciare un nuovo sito dedicato proprio alla fascia dai 25 ai 40 anni. L’offerta sarà basata su viaggi di gruppo a cui si può decidere di aderire singolarmente, con due o tre esperienze fisse all’interno di ogni pacchetto, ma anche un po’ di tempo libero per non imbrigliare troppo i viaggiatori. I prodotti saranno acquistabili online ma disponibili anche in agenzia, a prezzo minore: un investimento sul futuro, per far capire ai giovani che l’online non è sempre un vantaggio, e per attirare e fidelizzare quella fascia di clientela che un giorno cercherà viaggi più strutturati. Per ora ovviamente, vista la situazione contingente, abbiamo rimandato il lancio del sito e stiamo cercando di rimodulare offerte e destinazioni“.
Le restrizioni agli spostamenti hanno rilanciato il turismo di prossimità, che state promuovendo anche tra le vostre ultime proposte commerciali. Pensa che possa essere una proposta da rilanciare anche post pandemia?
“Sicuramente si è riscoperto il mondo più vicino a noi, il fatto che vicino a casa, in un giorno o in un weekend, si possano vedere cose che prima magari non si pensava neanche fossero a disposizione. Spesso però questo tipo di turismo si costruisce da solo: per le agenzie sarà importante intercettare il nuovo e il diverso, facendo fare ai clienti delle esperienze esclusive e particolari. In questo c’è terreno fertilissimo sia per l’italiano in Italia, sia per i turisti stranieri, che potranno a loro volta riscoprire le particolarità del territorio. Ogni città, ogni zona sta provando a mettersi in risalto per valorizzare le sue bellezze: purtroppo in Italia manca la capacità di fare sistema, speriamo che questa pandemia ci abbia insegnato qualcosa“.
La vostra sede a Milano è il Gattinoni Hub, all’interno di Brera District: ce ne può parlare?
“Dato che tra le nostre attività c’è l’organizzazione di eventi, ci siamo chiesti perché non predisporre degli spazi utilizzabili da noi, ma al tempo stesso vendibili a chi ne ha bisogno. Così abbiamo creato una sala meeting da 150 posti, con un’area attigua in cui si può fare il catering, delle salette più piccole e una veranda che dà sul cortiletto interno, dove si possono organizzare coffee break o aperitivi. Durante il Salone della Moda o il Fuorisalone ci viene sempre chiesto questo spazio perché siamo in una zona molto centrale. La stessa cosa la stiamo facendo a Torino, dove il 13 maggio faremo un evento in streaming per ufficializzare la partnership con le Nitto ATP Finals. Anche lì c’è una lounge, che diventerà un punto di riferimento per chi acquisterà i nostri pacchetti, e poi una sala meeting da 60-70 persone, un’agenzia e un corner bar, gli uffici e altre salette più piccole. L’idea è quella di presidiare le città non solo con uffici ma con veri luoghi di aggregazione, che è un po’ il concetto dei nostri travel store: non vendere solo viaggi ma avere spazi per presentazioni ed esposizioni, luoghi un po’ più aperti della classica agenzia, punti di riferimento per tutti“.
Ultimamente sono comparse sul mercato diverse realtà che organizzano viaggi. Come vi ponete nei confronti dei competitor?
“Il nostro settore è sempre un po’ ‘vecchio’ e quindi tutti i nuovi soggetti, soprattutto nel campo del digital e nelle app, hanno spesso un successo immediato per le loro capacità di comunicazione, anche se magari hanno meno know how di prodotto. Ma avere competitor ti aiuta a cercare di andare sempre più avanti e di evolverti, e spesso capita anche che alcuni di loro diventino tuoi fornitori. Nello specifico, noi siamo abbastanza forti sull’area MICE, anche se dobbiamo lavorare sulla comunicazione, perché per 40 anni ci siamo occupati soprattutto di logistica e magari i clienti faticano un po’ a percepirci come organizzatori di convention ed eventi: gli eventi in streaming di quest’anno ci hanno aiutato in questo. Anche nel settore business travel siamo poco attaccabili, perché siamo una delle tre realtà principali del mercato e l’unica che ha sede in Italia, con un Business travel center italiano, su cui puntiamo molto. Dal lato consumer, invece, è una lotta continua: bisogna cambiare ed evolversi continuamente, a volte sei tu che segui gli altri, a volte sono gli altri che ti copiano. Non bisogna mai abbassare la guardia e stare fermi. Personalmente sono in Gattinoni dal 2008 ed è come se avessi cambiato azienda 5-6 volte: siamo andati sempre ‘avanti’ e abbiamo affrontato sempre nuove sfide“.
Alcuni dei vostri principali competitor hanno abbracciato un’economia etica e sostengono, attraverso le fondazioni, progetti di istruzione e formazione nel mondo. Che progetti avete da questo punto di vista e quali sono i valori etici su cui si basa la vostra attività?
“Non abbiamo un vero e proprio codice etico aziendale ma delle consuetudini affermate: siamo particolarmente attenti all’inclusività. Dobbiamo essere cittadini del mondo, non possiamo certamente permetterci di essere ottusi. Il problema del gender gap, poi, non esiste perché siamo un’azienda tutta al femminile: fino a qualche anno fa avevamo quasi il 90% di donne, anche tra i manager. Inoltre, abbiamo la Onlus ‘Un mondo di amici’ che opera in Uganda, dove abbiamo costruito un ospedale a sud di Kampala, mandando medici che si occupassero della formazione e acquistando macchinari. 4 anni fa abbiamo invece realizzato un dispensario medico, a nord della capitale, che a sua volta è diventato un piccolo ospedale con 25 posti letto. I dipendenti sono tutti sensibilizzati a questo progetto e internamente quando possiamo cerchiamo di sostenerlo. Inoltre ogni tanto organizziamo delle piccole iniziative con Fondazione Veronesi e Fondazione Rava, che sono anche nostri clienti. Per quanto riguarda gli eventi abbiamo politiche di ecosostenibilità, come il ritiro del catering a fine evento: tutto quello che avanza e che si può riutilizzare viene donato agli enti di beneficenza. E poi abbiamo creato per i nostri clienti team building sociali, come andare a pulire una spiaggia o costruire giochi per asili nido. Abbiamo fatto una cosa simile in Nepal, costruendo un piccolo campo tendato per i nostri clienti e donandolo il giorno dopo alla Croce Rossa locale“.