Di Stefano Benzi
Le Olimpiadi si avvicinano; inizia la preparazione delle nostre nazionali festeggiando anche il ritorno di qualche protagonista forse inatteso.
Il cammino verso le Olimpiadi: non si può avere paura di volare
Inizia il lungo cammino delle rappresentative nazionali azzurre verso le Olimpiadi di Tokyo. In una stagione atipica, faticosa, difficilissima le Olimpiadi sono il traguardo più ambizioso ma anche l’ostacolo più impegnativo. Mai ci si era trovati ad affrontare una stagione tanto particolare che ha costretto tutte le squadre a riunirsi prestissimo, a perdersi e ritrovarsi in un calendario strappato dalla pandemia, dalle interruzioni e da una raffica di frenetici recuperi fino al gran finale.
In tutto questo Blengini e Mazzanti devono preparare due nazionali competitive che reggano, sia dal punto di vista fisico che emotivo, un impegno assolutamente straordinario.
Le prime uscite in Volleyball Nations League, per la verità, non hanno esaltato. Italia maschile ha esordito con una sconfitta contro la Polonia. Quella femminile ha rimediato tre sconfitte di fila a Rimini: contro la Polonia, in cinque set, contro la Turchia di Guidetti, forse la più dura in assoluto, e la Serbia. Ma parliamo di squadre in divenire, con tante novità, con parecchi esordienti pronti a farsi le ossa e magari anche rendersi utili.
Inutile giudicare i risultati per come li vediamo oggi. Quello che interessa è il percorso e, soprattutto, la destinazione.
Buon lavoro ai ragazzi della nostra nazionale ai tecnici che a Tokyo avranno una concorrenza pazzesca ma anche il compito di tenere alto il valore di una squadra Azzurra che si è sempre fatta rispettare pecchia nell’oro olimpico un medagliere sicuramente di prestigio cui manca la gemma più importante. Tre medaglie d’argento e altrettante di bronzo della generazione di fenomeni. L’ultima volta sul podio proprio a Rio de Janeiro, battuti in finale dai padroni di casa ma protagonisti di una semifinale straordinaria contro gli Stati Uniti. Le ragazze, invece, sul podio non ci sono mai arrivate: il miglior risultato è un quinto posto, un’eliminazione alla porta della semifinale nel 2012, battute dalla Corea. Sognare non è peccato.
A tale proposito c’è una canzone che merita di essere inserita nella nostra playlist: la scrissero i Pink Floyd per l’album “Momentary Lapse of Reason”. Il cantante e compositore David Gilmour, guitar hero di valore assoluto – suoi alcuni degli assoli più straordinari nella storia della musica contemporanea, ha sempre vissuto con entusiasmo i lunghi viaggi in aereo. Possiede alcune licenze di volo e due splendidi aerei personali. Ama le macchine che gli consentono di volare. E al tempo stesso si chiede… perché non posso farlo liberamente.
Una notte sognò di essere sul bordo di una rupe e di spiccare il volo. E scrisse “Learning to Fly”, una canzone meravigliosa, onirica, capace di portare la mente e l’anima a un livello più alto. Gilmour parlandone disse… “la paura del volo forse è quella meno irrazionale, perché in fondo abbiamo paura di qualcosa che in effetti non siamo in grado di fare. Le macchine sono uno strumento che ci aiuta a superare vincoli che sono imprescindibili. Ho provato a descrivere la di un volo libero e puro, una sensazione che non avrò mai la gioia di provare”.
Gilmour nel testo descrive immagini di grandi poesia: “Volo sul pianeta, sorretto da un’ala e da una preghiera, la mia aureola sporca è una scia di vapore nell’aria vuota. Attraverso le nuvole vedo la mia ombra volare. E il mio occhio turgido ammira la luce del mattino. Un sogno che non si spegne. Che la mia anima voli via, al di là del soffitto della notte. Nessuna sensazione è tanto grandiosa; un’animazione sospesa, una beatitudine. Non posso distogliere la mia mente da tanta grandezza. Incapace di esprimermi e di parlare. Uno stupido essere umano disadattato… Io…”
Questa la versione live dei Pink Floyd tratta al documentario del tour “Pulse”, un pezzo immancabile nella collezione di qualsiasi appassionato. Uno dei concerti più belli mai prodotti…
Il video della canzone è stato riadattato in un minifilm poetico, diretto da Storm Thogerson, che racconta la storia di un giovane indiano d’America che grazie al sortilegio di uno sciamano spicca il volo dalla rupe sognata da Gilmour, quella della West Wind Ridge, in Alberta, Canada.
Viktoria Toth, le Olimpiadi nonostante tutto
A proposito di Olimpiadi: complimenti alla coppia Menegatti-Toth che rimpolpano la squadra italiana in vista del torneo di beach volley. Togliendosi un sassolino dalla scarpa Viktoria Toth ammette che pochi avrebbero scommesso su di loro e soprattutto su di lei, esclusa per una vicenda di doping da Rio 2016, rientrata nell’anno della pandemia a pieno titolo nel ranking mondiale dopo due anni di quasi totale attività. La vicenda di Viktoria ci ricorda tante altre questioni che il frenetico flusso di notizie ci fa troppo spesso dimenticare: atleti che vengono dati per dopati, finiti, bolliti. Salvo poi scoprire che le analisi non erano state correttissime, che non c’era dolo, che qualcuno ha sbagliato. E che quando ci si è resi conto dell’errore era tardi. E ormai ha pagato l’atleta. Riprendersi è dura. Gli esempi sono molti. Ci sono atleti che hanno sacrificato anni interi alla ricerca di un riscatto senza trovarlo.
Viktoria e Marta avranno la loro occasione. E questo ci consente di proporvi brani che raccontano una profonda verità: ogni tanto la vita ti restituisce quello che meriti. Molto dipende dall’attitudine con la quale si accolgono le sfighe di ogni giorno. Lily Allen è una meravigliosa cantautrice inglese, matta come un cavallo. Cresciuta in una figlia di artisti, suo padre è l’attore Keith Allen, sua madre è la produttrice Alison Owen, Lily è quello che si definisce una donna fuori dagli schemi. Le sue apparizioni in televisione suscitano il panico: perché lei ha l’abitudine di dire esattamente quello che le passa per la testa, senza filtri. Tra una censura e qualche amicizia rovinata per via delle sue rivelazioni (ex che la picchiavano, altri che l’avevano tradita con l’amica di turno), oggi Lily è una donna di 36 anni con tante ferite da ricucire che trapelano nelle sue canzoni, intrise di sarcasmo. “Smile” e “The Fear” sono due autentici capolavori di analisi introspettiva. “Quando mi hai lasciato la prima volta, stavi con la mia vicina di casa, e ora torni, perché ti senti solo… ti vedo piangere e la cosa mi fa sorridere. Nel peggiore dei casi starò male per un po’. Ma poi sorrido, vado avanti e sorrido”.
E ancora: “La vita vera riguarda del star del cinema, mica le madri. I giornali scrivono di macchine veloci e di insulti fuori dai ristoranti alla moda. Mica di me che faccio la raccolta differenziata. Ma è questo che rende la mia vita fantastica. Sono un’arma di consumo massiccio, guardo The Sun, The Mirror, sghignazzo e mi sento vincente. Non so più cosa sia giusto, cosa sia reale. E non so più come dovrei sentirmi. Purtroppo quando le cose saranno più chiare, temo sarò sopraffatta dalla paura”.
Lily Allen è un’influencer involontaria adottata da ragazze alle prese con tanti problemi, poche soluzioni e nessuno che parli di loro. I suoi video sono uno spaccato ironico, critico ed estremamente corrosivo che merita di essere apprezzato.
Il video originale di “The Fear”: Lily gioca in un luna park fatto di sogni adolescenziali ed eccessi, una versione moderna e sconclusionata di Alice, ancora alla ricerca della tana del Bianconiglio.
Una deliziosa versione live di “Smile” al V Festival
Un contenuto che farà capire che razza di personaggio sia Lily Allen. Ospite del Graham Norton Show la cantante racconta a chi è dedicata “Not Fair” e perché. Chi ha voglia di approfondire… capirà.
Un vecchio tormentone pubblicitario sosteneva che “two gusts is megl che one”. Un inglese maccheronico, purtroppo rispettoso della padronanza media della lingua inglese nel nostro paese con il quale si citava una verità tanto banale quanto evidente. Due è meglio di uno. La vicenda della Agnelli Tipiesse Bergamo fa sorridere: perché dopo la Coppa Italia la squadra che sembrava destinata a una promozione in tromba in Superlega, si consola con la Supercoppa. Due coppe sono meglio di una. Forse non della promozione con cui – siamo convinti – Graziosi e i suoi ragazzi avrebbero volentieri scambiato con uno dei trofei stagionali. Una squadra interessante, con un alzatore come Finoli, animato da una ‘garra’ che in A2 quest’anno ha fatto una bella differenza e che avrebbe fatto comodo anche a qualche interprete della massima categoria.
La sindrome del “braccino”, di cui scrivono in molti e da molto tempo, è difficile da spiegare. Cosa scatta in una squadra apparentemente quasi perfetta e tesa al massimo risultato proprio nel momento decisivo? A volte ci si ferma proprio sul più bello, spaventati dalla grandezza di quello che si potrebbe compiere e dalla bellezza del traguardo che abbiamo di fronte.
L’autore svedese Andreas Johnson deve il suo più grande successo “Glorious” proprio a questo stato d’animo: innamorato, forse troppo, di una donna bellissima che – per fortuna – ricambia. L’artista si chiede che cosa la donna veda in lui e perché lo faccia sentire così ‘glorioso’ quasi invincibile. La canzone suggerisce anche di non farsi troppe domande, di non chiedere troppo al destino. Perché lo stato di grazia potrebbe anche frantumarsi. Proprio come di fronte a una grande impresa che sembra a un passo e si fallisce sul più bello.
“Glorious” è una delle canzoni preferite della splendida principessa svedese Victoria, che si chiama così in onore del giorno della vittoria, e che il 14 luglio, vive una vera e propria giornata di festa nazionale per il suo compleanno. Il Victoriadagen è anche uno dei più importanti festival svedesi e si tiene ogni estate. A questa edizione in particolare, del 2011, Andreas Johnson esegue la sua “Glorious” davanti alla principessa, che si era appena sposata e aspettava da poche settimane la piccola Estelle in una deliziosa versione orchestrale impreziosita dalla voce del soprano.