Di Stefano Benzi
In attesa di poter festeggiare con le squadre della nostra pallavolo nazionale, il cui ritmo di lavoro in vista delle ormai imminenti Olimpiadi di Tokyo si sta via via intensificando, anche i protagonisti del volley hanno voluto prendere parte alla grande celebrazione per il trionfo calcistico di Wembley. I post social sono stati uno dei temi conduttori di questa grande impresa: perché ormai sempre più spesso i protagonisti della vita pubblica e sportiva parlano direttamente al proprio pubblico usando personalmente i propri canali social.
1. Solo chi sogna vince
Ammettiamolo. Calcio e pallavolo sono distanti anni luce, per mentalità, obiettivi, budget… Ma questa vittoria è piaciuta un po’ a tutti: perché lo spirito della nazionale di Roberto Mancini in qualche modo interpreta un modello sano e positivo, che ha coinvolto tutto il paese nel modo giusto. E tutto lo sport italiano può guadagnare da questo. Dunque, unendoci al coro della vittoria, senza salire sul carro dei vincitori – come sempre troppo affollato – ma pronti ad applaudire a distanza giù, dal livello della strada, vi segnaliamo tutte le reazioni del mondo volley alla vittoria azzurre. Alcune sono davvero molto divertenti. E alleghiamo alla nostra play list un’altra canzone che, in modo meno banale di tutte quelle che già conosciamo, parla di vittoria.
Una vittoria è spesso frutto di una visione, di un progetto ampio che funziona solo quando viene condiviso da tutti i protagonisti di una grande impresa. Questo è ciò di cui parla una meravigliosa canzone del gruppo gallese Waterboys: “The Whole of the Moon” parte da un paradosso. Non possiamo vedere la Luna, non tutta. Vediamo solo la faccia esposta illuminata dalla luce riflessa del sole. La “dark side of the moon”, quella cantata anche dai Pink Floyd, non è visibile. Se non dallo spazio e seguendo una orbita specifica.
Vedere l’altro lato della Luna in questo caso è avere quella visione globale che porta a vincere: “Ho disegnato un arcobaleno e tu lo tenevi in mano, avevo sprazzi di idee e tu avevi un piano preciso. Se parlavo di ali tu volavi via, se io tiravo a indovinare tu già sapevi le cose. Tu, dall’alto di una scala ti aggrappavi a una cometa, io inchiodato a terra lungo le strade sporche della valle della pioggia mentre tu viaggiavi verso Brigadoon…”. Un testo meraviglioso, onirico, che ci dice che solo chi sogna può arrivare alla mitica città Brigadoon, solo chi pensa in grande, ha la visione ed è in grado di vedere la Luna. Tutta quanta, tutta intera.
Questa la versione originale dei Waterboys di Mike Scott (voce e chitarra), autore di una canzone dolce, geniale, coinvolgente che porta il livello del nostro ottimismo su un piano più alto.
Questa invece la meravigliosa versione dal vivo eseguita dai The Killers al Transmit Festival di Glasgow di tre anni fa.
2. Respirare per dare un esempio
La storia di Fabiola Constancio, la giocatrice brasiliana di beach volley che torna in campo in questi giorni dopo una lunga battaglia contro un tumore, e che vi raccontiamo qui, ci ricorda che ci sono vittorie che non arrivano dal campo e che appartengono a tutti. In questi giorni un illustre psichiatra – Elliott Aronson – ha pubblicato uno studio meraviglioso in cui spiega come la sofferenza di pochi può diventare la medicina di molti. Scrive: “È sempre più frequente il caso di chi rifiuta le cure fino a quando non vede che c’è chi – famoso o ricco – è costretto a lottare come lui e racconta la propria esperienza“.
Purtroppo le malattie non distinguono le classi sociali e sappiamo molto bene che alcuni di questi drammi non hanno un lieto fine: abbiamo pianto tante persone splendide che ci hanno lasciato troppo presto, soprattutto nel corso di questi ultimi due anni. Ma l’esperienza non solo di Fabiola, ma anche di Ju Mello, o di Bruna Honorio, o di Valdone Petrauskaite diventano cura per molti. In questo senso abbiamo già selezionato alcune canzoni che trovate nella nostra playlist dedicata su Spotify. Brani come “Fix You” dei Coldplay, o “Redemption Song” di Bob Marley o la meravigliosa “Dive in to me” dei Big Country, o l’altrettanto intensa “Healing Hand” di Elton John.
Ma c’è un altro brano che vale la pena riportare alla vostra attenzione. Lo ha scritto Midge Ure, leader e fondatore degli Ultravox, quando si trovò di fronte al dramma di dover aiutare un amico gravemente malato. Il cantante, uno degli autori più geniali e prolifici degli ultimi cinquant’anni, optò per un brano diverso da qualsiasi altra cosa si potesse immaginare. Non la solita canzone su coraggio, e determinazione, e voglia di vivere. Alla fine quando uno sta male sta male davvero: e le chiacchiere e le banalità contano meno di zero e gli stanno anche un po’ sulle palle.
Midge Ure scrisse “Breathe”: respira. Un respiro dopo l’altro. Preoccupati solo di respirare e ancora, e ancora, e ancora. “Ogni respiro mi dice cosa mi ha riservato la vita, e ogni tristezza mi nega una gioia cancellando una possibilità di rinascere. Fammi provare qualcosa di nuovo, dammi una guida, una luce che risplenda in questa vita così scura. Respira un po’ di anima dentro di me, inalami il dono dell’amore e fammi semplicemente respirare, respirare, respirare….”
Nessuno capì il senso di questa canzone fino a quando Ure non lo spiegò nei dettagli, molti anni dopo. Anche perché nel frattempo “Breathe” era diventato un successo mondiale scelto come colonna sonora pubblicitaria di un’automobile. É bello pensare che ogni tanto qualche storia e qualche canzone aiutino chi ne ha davvero bisogno a vivere meglio.
Questa la versione originale della canzone, pubblicata nel 1996.
Questa la sua versione orchestrale eseguita con la Ulster Orchestra al Festival Proms in the Park ai Cantieri Titanic di Belfast nel 2017.
3. La fine di una splendida storia
Alla fine la lunghissima storia d’amore tra la famiglia Foppa Pedretti e Bergamo è giunta alla sua conclusione. Da tempo la storica azienda aveva deciso di dismettere il proprio impegno nel mondo del volley: un marchio che ha dato tantissimo al volley e alla gente di Bergamo e che ora lascia un’eredità che può essere valorizzata e ripartire. I capitoli di una grande storia non sono mai tutti uguali: ci sono alti e bassi anche dopo molte vittorie, a volte è necessario resettare e restartare.
L’Italia offre tantissimi esempi di illuminato mecenatismo nello sport. Marchi che magari sono anche scomparsi o cambiati ma che hanno segnato un’epoca nel basket, nel volley, nel tennis o nel mondo dei motori. Teniamo per buono tutto quello che la Foppa Pedretti ci ha offerto, ringraziamo e lasciamo lo spazio aperto per raccontare il volley che verrà, nella speranza che ci siano altre aziende altrettanto generose e – cosa non sempre facile nel nostro paese – le condizioni per consentire loro di far crescere lo sport e il loro business.
I Simple Minds, band scozzese che quest’anno riparte con un nuovo tour per festeggiare i suoi quarant’anni di carriera passando anche dal nostro paese, scrissero una canzone straordinaria, ammaliante e un po’ ipnotica intitolata “New Gold Dream” quando al momento di realizzare il loro quinto disco il produttore disse… “i soldi sono finiti”. Era il 1981: la band stava registrando in una sala di registrazione che nessuno avrebbe pagato. Smontarono tutto e si chiusero in un garage alle baracche di Glasgow, davanti al fiume Clyde. Jim Kerr, cantante e fondatore della band, uomo cui non mancava il senso dell’ironia disse… “pazienza, scriviamo qualcosa di decente e quando sarà il momento il disco uscirà: che sia oggi, nell’82, nell’83 o nell’84…“.
I soldi arrivarono, il disco uscì e diventò uno dei momenti più alti della new wave inglese: un disco straordinario che influenzò decine di altre band per almeno una ventina di anni. Nel brano Kerr parla di una sirena (il disco che doveva uscire) che si fa splendida al tramonto di fronte al mare che si infrange sulla spiaggia.
A distanza di quarant’anni sentire quel ritornello è ancora molto evocativo: “Il mondo ti accoglie, e le città si fanno conquistare, e il ritmo va in crash davanti a te… perché lei è splendida ed è tua amica fino a quando l’oceano non si infrange. E se sai sognare, sogna con me, e sogna un altro sogno con me… 81, 82, 83, 84”. Capito il senso si capisce quanto certe storie siano straordinarie. Un disco che rischiava di non essere mai pubblicato è diventato uno dei venti dischi inglesi più influenti di sempre.
I Simple Minds eseguono una versione live di “New Gold Dream” a Edimburgo, durante uno dei loro ultimi tour.