Di Roberto Zucca
Lo spazio nel quale Giovanni Sanguinetti si ritrova ad esprimersi cresce con il passare delle stagioni. A 22 anni il nome del centrale della Valsa Group Modena comincia ad emergere nella Superlega che conta, e a sentire Giovanni, sembra solo l’inizio di una bellissima favola di volley:
“Io spero davvero che sia così. Questo per me è un anno davvero importante, anche perché ho iniziato con le scorse stagioni a ritagliarmi i miei piccoli spazi, che in questa stagione spero aumentino. Ho avvertito il cambio di passo, e ho chiesto alla società in estate di potermi mettere in gioco maggiormente. Rispetto alle scorse stagioni, lo spazio per noi giovani è più alla nostra portata. E sono felice che, ad esempio, Tommaso Rinaldi stia trovando una sua continuità e anche dei risultati“.
Ora tocca a lei. Il suo nome circola come di uno che è nel momento di esplosione.
“Più che esplodere, era premessa di quest’anno quello di potermi misurare ed essere a disposizione“.
Di lei colpiscono la gestualità tecnica e la fisicità.
“Credo che nella pallavolo di oggi la fisicità abbia uno spazio preponderante. Ma sulla tecnica, che è un aspetto importante, veniamo educati sin dalle giovanili. Se poi, vedendomi giocare, lei pensa che io sia un mix di tecnica e fisicità, la cosa mi inorgoglisce. Io negli anni passati avrei voluto lavorarci ancora di più“.
Lei nasce centrale?
“Sì, e devo confessarle che è un ruolo che per certi aspetti mi stava stretto in passato“.
In che senso?
“Nel senso che è un ruolo che viene escluso da alcune fasi del gioco, quindi ci si specializza subito. Io invece volevo, migliorare nella ricezione ed essere più coinvolto in questo aspetto, ad esempio“.
Però lei dà l’impressione del giocatore pronto all’uso. Sintomo del fatto che a Modena hanno fatto un gran lavoro su di lei.
“Questo indubbiamente. Sono stato fortunato ad incontrare sulla mia strada professionisti e allenatori che mi hanno reso il giocatore che sono oggi. Penso a Stefano Cappellotto, a Mauro Monti, a Tommasini, Fortunati, a Petrella che ora fa il secondo a Trento. Tutte persone che mi hanno insegnato il metodo e mi hanno inculcato i valori di questa disciplina. Oltre ad aver creduto in me“.
Gli anni delle giovanili sono sempre un sacrificio?
“Per me sono stati faticosi. Ed è innegabile che non ce l’avrei fatta senza il supporto della famiglia. Papà e mamma non mi lasciavano mai e mi hanno aiutato nel pendolarismo Bologna-Modena dei primi anni. È un bel sacrificio, ma lo hanno fatto volentieri perché hanno capito quanto ci stavo mettendo di mio e quanto tenessi a trasformare lo sport in un lavoro a tempo pieno“.
Per ora niente seconde scelte?
“Per ora mi dedico alla pallavolo e basta. Sicuramente dopo la scuola ho tirato un po’ il freno sul resto, anche perché finire gli studi non è stato semplice, dati gli impegni. Io sono uno che vuole poter far bene tutto. Quindi, se si creerà l’opportunità più avanti, non mi dispiacerebbe, tempo permettendo, di ricavarmi uno spazio e cominciare gli studi universitari“.
Ha l’aria di essere giudizioso e perfezionista.
“Mi piace eccellere, non lo nego. Se voglio fare una cosa, cerco di farla nel miglior modo possibile, altrimenti non la faccio. È una questione di dedizione, non sono una persona che fa qualcosa tanto per farla, ecco“.
Modena spesso appare come lei, ossia perfezionista. Alle volte però si perde.
“Abbiamo cominciato la stagione con alcuni picchi e qualche basso. Mi rendo conto che siamo una squadra che ogni tanto vive come nelle montagne russe, con momenti di up and down. Ci stiamo lavorando e io sono fiducioso che la continuità già dalle prossime settimane possa arrivare“.
Lei dove vuole arrivare? Mi dica se pensa a Sanguinetti in azzurro.
“No, per ora è un po’ utopistico pensarci. Sono stato convocato a un collegiale in estate e mi sono trovato benissimo. Per ora penso un passo alla volta. Prima cercherò le certezze che mi mancano dal campionato col club, poi penserò anche ad un’eventuale estate di collegiale. Certo, ne sarei felice. Ma per ora è un discorso prematuro“.