Di Redazione
La WithU Verona, dopo le due sconfitte consecutive contro Perugia e Taranto, sembra aver trovato alla perfezione i giusti ingranaggi per dare una svolta a quella che è una delle parti più importanti della stagione, ossia quella finale, specie in ottica Play-Off Scudetto. Questi già aritmeticamente conquistati.
A far da manforte ai giusti meccanismi è sicuramente uno dei punti chiave della squadra scaligera, e non solo per la sua esperienza, ma anche per la perfezione con la quale serve i propri compagni. Così facendo, Verona ha alzato i propri giri del motore, ingranando la marcia giusta e raggiungendo il quinto posto in classifica alle spalle delle big dopo ben 5 vittorie di fila, di cui 3 contro squadre blasonate del calibro di Milano, Civitanova e Modena (oltre alle due conquistate con Monza e Padova). Stiamo parlando ovviamente di Raphael Vieira de Oliveira, in arte Raphael, il quale ha appena festeggiato i 30 anni di carriera.
E’ proprio il brasiliano a raccontarsi tramite le colonne del “Corriere di Verona“: “Cominciai tutto nel 1993 all’età di 13 anni, quando mi chiamò la squadra di Campinas, il Banespa – racconta in apertura –. Non avevo grandi sogni, mi importava solamente fare quello che amo di più, ossia giocare a pallavolo“.
“Fortunatamente – continua l’alzatore –, il mio sogno si è realizzato. Ricordo ancora il giorno della mia prima apparizione e la notte precedente insonne. Da lì ho giocato in oltre 40 paesi, ma sono due i momenti che ho più impressi nella mente: il debutto, per l’appunto, ed il giorno della mia prima convocazione in Nazionale. Era il 2005 e l’allenatore fu Bernardinho“.
Il discorso si sposta poi sui vari continenti e paesi visitati nel corso della sua carriera, che l’hanno portato a conoscere culture e tradizioni differenti: “Sicuramente tra i luoghi più affascinanti che abbia visto c’è sicuramente San Pietroburgo: maestosa. Poi c’è Roma, che sembra un museo a cielo aperto, ma al terzo posto si piazza Verona, una vera e propria perla che venivo a visitare ancor prima di giocarci“.
In tre decenni di pallavolo giocata, il volley ha cambiato indubbiamente il proprio aspetto, sia a livello di schemi che di immagine: “Fortunatamente si è evoluto in meglio. Ho vissuto praticamente tre generazioni: all’inizio il gioco era lento e molto tecnico. Ora, invece, la tecnica è rimasta, ma gli scambi sono diventati velocissimi, con colpi potenti e precisi. Anche a livello estetico c’è stata un’evoluzione – ammette –, con i giocatori che ora hanno un fisico scultoreo, ai quali si aggiunge anche il cambiamento di palloni, taraflex e scarpe oltre che, ovviamente, delle conoscenze sempre più accresciute da parte degli staff“.
Dall’estetica si passa al campo. Campo, o meglio campi, sui quali Raphael ha avuto modo giocare, assieme o contro, assieme a tanti altri campioni: “Se dovessi scegliere uno sestetto ideale, all’interno metterei sicuramente Kaziyski e Juantorena come bande, Marcelo Negrao opposto, Gustavo Endres e Simon centrali e Sergio nel ruolo di libero. A guidarlo, infine, ci metterei Branco, che mi ha formato nelle giovanili del Banespa, oltre a Stoythev“.
Tra i compagni attuali, invece, figurano Mozic, Keita e Sapozkhov: “Sicuramente avranno un futuro ancor più roseo di quanto sia il loro già bel presente. Sono forti, determinati e continuano a migliorare e sono anche gli idoli dei miei figli (Arthur e Vitor, ndr). Il mio idolo pallavolistico, invece – ammette – è Mauricio, il quale mi ha ispirato. Se guardassi ad altri sport, invece, i miei occhi sarebbero puntati su Zico nel calcio ed Ayrton Senna nella Formula Uno: esempi di valori e non solo di vittorie“.
Alla lunghissima trafila di esperienze vissute, al palleggiatore verdeoro manca solamente l’Olimpiade: “Avrei voluto parteciparvi, ma per tante ragioni non è accaduto, ma non è sicuramente un rimpianto, né una delusione”.
(fonte: Corriere di Verona)