Eravamo ancora negli anni ’90 quando Leonel Marshall, appena diciannovenne, arrivò in Italia. Erano gli anni di Livorno, della Si.tel e della Sarplast di Bendandi, Baldaccini, Masini, Grassini, gente che ha scritto un pezzo della storia della pallavolo toscana e della serie A2. Leonel, lo ricordo bene, balzò subito agli occhi per quell’esplosività nel salto e nei movimenti, che vent’anni dopo ho visto nel suo erede fotografico, Wilfredo Leon, che tocca determinate vette, nel cuore e nei movimenti e a cui mi permetto di paragonarlo all’inizio della nostra chiacchierata.
Per Leonel nel frattempo è passata una vita, circa venticinque anni, ma quel modo così passionale e così bestiale di giocare a pallavolo sembra sia rimasto intatto. Tanto che oggi ha di nuovo vinto un campionato, quello di Serie A3 con la Sieco Service Ortona, conquistando molto più di una promozione, alla sbalorditiva età di 43 anni:
“L’età è un numero, niente di più. Quando arrivi in palestra, al palazzetto e hai ancora voglia di fare e di divertirti, la cifra è solo un dettaglio anagrafico. Per me la pallavolo non è mai stata un lavoro, e non lo è tutt’oggi. È la mia vita, è metodo, è preparazione, è filosofia“.
Lei converrà che a 43 anni in campo ci arrivano in pochi.
“Dicevo qualche giorno fa a un amico che ho beneficiato, ad esempio, dell’effetto del mare. Per il mio fisico l’aria buona, il mare vicino è una terapia contro gli infortuni. Per il resto, cerco di mantenermi in tutto. Sono contento che i ragazzi più giovani mi seguano e mi abbiano seguito. Il più grande messaggio che mi è stato passato quando ero giovane è che i più grandi dovevano fare qualcosa in più. All’inizio ad Ortona non capivano perché in palestra io arrivassi un’ora prima almeno. Questo è, diciamo, il segreto, come dicono molti, per durare di più. Fare di più e non lasciarsi andare. Io mi alleno sempre, anche in estate. Non posso pensare di non mantenermi e di non preparare il corpo per la stagione successiva“.
Che lei, lo diciamo, giocherà ad Ortona.
“Sì, ho un biennale qui e sono felice di fare ancora parte di questo progetto. Ho trovato una società e un gruppo di ragazzi molto umili che hanno lavorato tutto l’anno per provare a salire. Abbiamo lottato per sopperire alle difficoltà di alcuni momenti, e quando ho visto la capacità di reazione del gruppo, anche nel recuperare delle partite che avevano uno svantaggio di due set, ho capito che avremmo potuto arrivare lontani“.
C’erano altre squadre a lottare con voi. Cosa ha fatto la differenza?
“Il fatto di essere stati di supporto l’uno per l’altro. Ci siamo aiutati tutti e abbiamo vinto assieme con una forza incredibile“.
La sua fisicità è sempre sotto gli occhi di tutti. Il paragone con Leon è un azzardo?
“Lui ha un’esplosività più lenta ed è un giocatore incredibile. Sicuramente siamo due giocatori che della fisicità hanno fatto un valore aggiunto“.
Quando si perdono campionati come quello di Perugia, sarà capitato anche a lei, come ci si rialza?
“Non è facile, ma lo devi fare. Credo che, quando una squadra così forte trascorre tutto il campionato senza conoscere come reagire ad una sconfitta, è inevitabile crollare come è capitato anche a Perugia. Penso, ma è una mia idea, che se durante l’anno non ti crei gli anticorpi per curare una sconfitta, quando arriva così di soppiatto, fai fatica a gestire la difficoltà. Su questo penso a Civitanova, ad esempio: loro hanno avuto più tempo per sedimentare e lavorare sui momenti di down. Quando invece trascorri tutto il campionato senza perdere e misurarti con la sconfitta, è molto dura ricostruire certe consapevolezze quando manca pochissimo al traguardo“.
Le manca giocare quelle partite?
“Se intende il livello della Superlega e la pressione di quei campionati, le dico che ho già dato. Comunque sia il livello della A3 è molto alto e mi diverto sempre molto. In più la società è molto professionale e non ho sentito la differenza nell’organizzazione e nella sua complessità“.
Chi o cosa è stato determinante per diventare il giocatore Leonel Marshall?
“Uno che mi ha certamente cambiato la vita di giocatore è stato Julio Velasco. Quando sono arrivato a Piacenza mi ha subito cambiato di ruolo. Ricordo che mandava Bovo a fine allenamento a battere su di me e si divertiva parecchio quando andavo a ricevere. Velasco guardava lui, poi guardava me e diceva Leo, con te schiacciatore arriveremo lontano. È stato in grado di cambiarmi e di rendermi all’altezza di gestire quelle situazioni. Gli anni di Piacenza con quella squadra, quei compagni e un allenatore come lui sono stati incredibili“.
Piacenza oggi è casa?
“Decisamente. Io vivo qui e ritorno qui ogni fine campionato. È la parentesi più lunga della mia carriera e mi hanno sempre trattato molto bene. A me non piace cambiare e quando ho deciso di fare delle esperienze anche all’estero ho sempre provato a restare per più stagioni“.
Lei ha vinto tanto anche in Turchia e poi è arrivato addirittura in Portogallo. Mi dica se in un campionato così si è almeno divertito.
“Sì, c’erano 3-4 squadre al livello dello Sporting. Poi c’era il mare, noi ci allenavamo vicino a Porto. È stato un periodo molto bello della mia vita. Forse lì ho capito che sono un uomo più simile alle mie radici cubane, quindi sto meglio nei posti in cui trovo il calore e la vita che respiro quando torno nel mio paese“.
Devo chiederle se esiste già un piano B nella vita di Leonel?
“Sì, mi piacerebbe lavorare nel mondo delle palestre e del fitness. È un’idea che sto sviluppando e che capirò dove e quando mettere in piedi. Dallo sport non sono pronto a staccarmi, nemmeno a fine carriera“.
C’è tempo, Marshall.
“Sì, adesso voglio ancora giocare e divertirmi qui a Ortona!“.
di Roberto Zucca