“Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi ritrovarsi a volare, e svegliarsi sopra l’erba ad ascoltare un sottile dispiacere“. Scrivo Battisti perché penso che sia quella la strofa di “Emozioni” che a Matteo Piano avrei fatto ascoltare in alcuni giorni estivi. Quando ci sono tanti luoghi in cui si vorrebbe tornare col pensiero, perché da tutto si vuole scappare. Nel caso di Matteo, l’estate è stata un risveglio alle volte piacevole, come nel giorno della laurea, altre volte molto triste, come quando nonna Dina lo ha lasciato. Con molti incredibili racconti e ricordi di vita e la consapevolezza che il rifugio in cui annidarsi era proprio la sua Milano. La Milano da cui riparte:
“Milano è una bolla nella quale mi sono rifugiato per cercare di superare questo momento. La pallavolo è stata una cura, lo è ancora. Per il resto è stata un’estate molto in salita, piena di emozioni di diversa natura e di diverse sfaccettature“.
La parte del suo primo libro dedicata al mondo di nonna Dina dice molto di lei.
“Dice molto della famiglia da cui provengo. È una famiglia che arriva dalle campagne astigiane, fatta da nonna Dina che ha fatto enormi sacrifici per far studiare papà, che poi ha scelto la strada dell’insegnamento. È una storia di umanità e di riscatto, se vogliamo. Anzi, di orgoglio. Perché lei era molto orgogliosa del fatto che papà fosse riuscito a completare gli studi, così come del fatto che io sia riuscito a completarli“.
Poi c’era Matteo con la sua brillante carriera sportiva. Di quello cosa apprezzava?
“La leggenda vuole che avesse un ritaglio di giornale con un mio articolo vecchio dentro il portafoglio. Quello che rappresenta più di una leggenda è che era una nonna che quando vedeva la pallavolo, il nipote e non solo il nipote in tv, si guardava volentieri le partite. Ha conosciuto molto del mio mondo, gli amici. Quindi gente come Vetto, Marretta o Massari sono persone che quando poteva, seguiva anche a livello pallavolistico. Era una donna molto educata, compita. L’educazione era un valore. Tornando alla sua domanda di prima, sì, io sono molto di quel mondo che ho respirato in campagna dai nonni sin da bambino“.
Quest’estate è stata davvero intensa. Iniziamo non da lei. Ma dalla scelta del suo migliore amico, Luca Vettori, di lasciare la pallavolo giocata. Non posso non chiederle cosa abbia pensato.
“Ne abbiamo parlato tanto. Abbiamo condiviso moltissimo di questa scelta e, per l’amicizia profonda che ci lega, non posso non essere felicissimo per lui. Trovo che per gli amici che trovano una collocazione nel mondo, una strada, si debba sempre mostrare felicità e condivisione. Soprattutto se, come Luca, ha fatto parte di una vita che ci ha visti giocare assieme e fare lo stesso mestiere. Una scelta che ho condiviso appieno“.
Le confesso che io ho sperato che lei non facesse la stessa scelta.
“Un giorno Tubertini, nell’anno di Modena, mi disse: Matteo, mettiti l’anima in pace. Tu devi rimanere nella pallavolo. Non le nego che nei momenti peggiori, penso agli infortuni, ho pensato per un secondo di lasciare tutto e di cambiare vita. Ma è un pensiero che è durato il tempo dell’arrabbiatura per ciò che mi stava capitando. Non penso minimamente di lasciare perché mi sento che in questo sport io abbia ancora molto da dire e da dare, oltre al fatto che ho ancora il desiderio di ricevere tanto dalla pallavolo“.
Piano come personaggio necessario del volley. Le hanno mai detto che è difficile immaginarsi certi contesti senza di lei?
“Per il mio essere atipico, suppongo. Ho fatto pace con il mio sentirmi ogni tanto così. Sono in una fase molto felice della mia vita e della mia carriera. Una fase in cui ho ancora voglia di stupirmi e in cui riesco a farlo per ogni piccola cosa. Vedo molto affetto attorno a me e questo mi basta. Sono arrivato in un periodo della vita in cui non sono molto interessato a ciò che l’esterno pensa delle mie scelte, della mia carriera, del corso delle cose. Sono in pace con tutto, mettiamola così“.
Devo anche dire che ormai è imprescindibile immaginare l’Allianz Milano senza Matteo Piano.
“Questa società mi ha dato molto. Questa città io la amo parecchio con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Faccio anche io fatica ad immaginarmi lontano da tutto questo. È una realtà della quale mi sento parte e che ogni anno è in grado di lasciarmi qualcosa di importante“.
Qualche giorno fa una sua foto di fianco a Paolo Porro ha fatto pensare al Piano degli esordi. Forse a quanto Paolo in un certo senso le somigli.
“È una persona alla quale voglio davvero bene. Un compagno di squadra che spesso si è sentito fare alcuni dei miei famosi sermoni e che se li è subiti alla grande, perché io non riesco a dire ciò che penso relativamente a come in una squadra si vivono le cose. Io sono così. È un rapporto che si è costruito nel tempo e sono molto felice del compagno che è e del legame che abbiamo oggi“.
Quest’anno arriva Matey Kaziyski. Cosa si aspetta da un personaggio così importante per il movimento?
“Mi aspetto che possa scrivere assieme a noi una bella pagina di pallavolo. Quando ci siamo incontrati mi è piaciuto tanto come ha giocato e mi sono complimentato con lui. L’altro giorno gliel’ho ricordato e lui si è imbarazzato, perché è una persona timida e, diversamente da me, non dice tutto quello che gli passa per la testa (ride, n.d.r.)! Mi ha colpito come riesce a stare in campo. Sono contento che sia qui con noi in questa stagione“.
Concludiamo con la sua laurea. È finita, insomma.
“Mi sono laureato in Scienze Motorie. Per uno come me che è un po’ un linguista, è stato particolare scegliere di acquisire un titolo come questo. Ma sono contento di aver optato per questo percorso, perché mi darà la possibilità in futuro di lavorare magari con i ragazzi, esperienza che ho già provato con i vari camp. Ora mi godo il finale. Poi per costruire il percorso ci saranno le dovute occasioni“.
di Roberto Zucca