Leggi sloveno e molto spesso vedi un campione. Se facessimo una lista sarebbe lunghissima, ma una cosa è certa, ci sarebbe anche il nome di Rok Mozic, nonostante di anni ne abbia ancora 21.
“In Slovenia siamo solo due milioni di abitanti, c’è una forte mentalità competitiva, forse incide anche un po’ la genetica, ma i segreti del nostro successo sono fondamentalmente due: il lavoro che fanno le scuole con lo sport e il rapporto padre-figlio” racconta il talento della Rana Verona al collega Giorgio Burreddu sulle colonne de Il Corriere dello Sport.
“Perché dico rapporto padre-figlio? Perché è quello che è successo anche a me, molto spesso da noi il figlio diventa forte perché dietro c’è un padre che spinge. Da bambino mio padre – racconta – voleva farmi fare sempre le cose più difficili. Io odio perdere, non mi piace. Negli allenamenti trovava stratagemmi per farmi sbagliare, io cercavo la soluzione per reagire. Questo mi ha dato tante cose, i fondamentali ad esempio”.
“All’epoca ci arrabbiavamo, tornavo a casa anche piangendo, ma poi crescendo ho capito perché lo faceva – aggiunge –. Ora è il mio primo tifoso e addirittura mi dice anche che mi devo divertire di più. E ha ragione, a questi livelli i giocatori sono tutti forti ma rende di più chi è più sciolto”.
Più sciolta, rispetto a inizio stagione, è sicuramente la sua Rana Verona, reduce da cinque vittorie consecutive in campionato e attesa ora dalla prova del nove contro la capolista Trento: “Cosa ci manca ancora? La battuta, come si inizia il gioco è molto importante. All’inizio facevamo molti danni, non è stato facile e ancora ci manca un po’ di difesa – ammette Mozic –. Quelli di Trento sono bravi in difesa e a muro, dovremo essere pazienti”.
“Se io ho pazienza? Voglio sempre essere perfetto, il migliore al mondo – afferma sorridendo – ma il vero obiettivo è vincere di squadra. Ovvio che io giochi sempre per vincere e fare tanti punti, ma se gioco un po’ meno bene e vinciamo è ok lo stesso. Verona? Ho trovato un’altra casa, amo stare qui”.