Immagino quanto il suo cuore batta. Perché batte a me, che la pallavolo la scrivo e non la vivo direttamente sulla mia pelle. Questo momento, in quel di Padova, è stato nella sua testa per un anno intero, ossia da quando, in quel di Taranto, Tommaso Stefani ha fatto cenno che con la spalla ridotta in quello stato era impossibile continuare a giocare. Un’operazione svolta con successo dall’uomo dei miracoli, il professor Porcellini, e una riabilitazione condotta dal demiurgo dello sport Elisa De Santis, ed ecco Stefani rinascere. E tornare, dopo 365 giorni, in campo, per continuare la sua brillante carriera nelle fila della Pallavolo Padova:
“Avevo firmato a Padova, ma quando il discorso dell’operazione e del recupero avevano dilatato le tempistiche del recupero avevo scelto di comune accordo con la società di risolvere il contratto. Siamo rimasti però in contatto costantemente e Padova, nel momento in cui mi ha visto impegnato nell’ultimo periodo di recupero, ha ripreso il dialogo. Con l’infortunio di Tommaso Guzzo, le cose si sono velocizzate e mi è stato chiesto di tornare il prima possibile. Eccomi qui, felice di essere in quella realtà e soprattutto desideroso di riprendere a giocare con continuità“.
Un infortunio così che cosa è in grado di lasciare?
“Tante cose con cui fare i conti ogni giorno. La testa ti dice una cosa, il corpo te ne dice un’altra. Mi ha insegnato la pazienza e la disciplina estrema, nonostante io fossi già un atleta molto disciplinato. Quando vuoi tornare ad essere quello di prima o anche meglio di prima, sai che dovrai fare i conti con il tempo che passa lentamente ma anche con la consapevolezza che quel tempo lo dovrai gestire in maniera proficua con chi ti gestisce e con te stesso“.
Il momento più difficile?
“Il periodo tra il quinto e il sesto mese. Ero stanco, volevo spaccare il mondo e non potevo fare nulla“.
Ci si isola da tutto e tutti?
“Non guardavo nulla perché mi faceva male il pensiero di non potermi giocare nulla. Mi sono un po’ chiuso in me stesso e sono stato a casa con la mia famiglia, che mi ha sopportato e supportato. Non riesco a mentire sul fatto che è stato difficile, che di uscire con gli amici non ne hai più voglia e che un giorno vorresti vomitare tutto quello che provi a qualcuno e il giorno dopo vorresti solo parlare con te stesso. Ne esci certamente più forte, più strutturato e sembra che niente ti possa più scalfire. Ma è un periodo complicato e lunghissimo“.
Papà ti ha allenato. È stato la sua spalla, mi perdoni il gioco di parole, quando la sua spalla è mancata all’appello.
“Papà mi ha allenato alla Pallavolo Sestese, che per me rappresenta sempre casa. Ringrazio anche Santa Croce e Siena, che in questo autunno mi hanno chiamato per allenarmi e dare il mio contributo in palestra. La mia famiglia è stata fondamentale, sì, è vero“.
Da dove si riparte?
“Da Padova e da un gruppo nel quale ho ritrovato dal primo giorno affetto, stima ed entusiasmo. Ritrovo Marco Falaschi, che avevo lasciato a Taranto e mi fa enormemente piacere. Trovo un gruppo giovane ma desideroso di fare un buon girone di ritorno, centrando i traguardi proposti dalla società. Mi sono ambientato ed è un posto che mi fa pensare di poter effettuare un ritorno in serenità, prendendomi il tempo di tornare al massimo della condizione“.
Per lei un anno fa si disegnava un certo percorso. Dopo un anno di stop, lei continua ad avere in testa quel percorso?
“Se non credessi nel mio ritorno al 100% e nel proseguimento di quella carriera con quegli obiettivi sarei un incosciente. Il futuro, quindi, voglio che sia come l’ho sempre immaginato. È stato uno stop forzato, ma il sogno voglio che non si fermi mai“.
di Roberto Zucca