Di Redazione
Angelo Lorenzetti, coach dell’Itas Trentino, nell’intervista de l’Adige, traccia un bilancio della stagione anticipatamente conclusa:
Angelo Lorenzetti, la stagione del volley-salvo ripensamenti eccezionali – termina cosi, senza vincitori né vinti. Come coach dell’Itas, cosa le lascia questa esperienza, con una pandemia che ha costretto tutti a chiuderci in casa?
«È una cosa nuova e dolorosa e con pesanti sfumature di dramma. La cosa che posso dire è che spero davvero con tutto il cuore che la situazione possa risolversi e tornare alla normalità. Forse non proprio alla normalità, ma a qualcosa che ci somigli».
Lei sta vivendo al sua quarantena a Trento con la famiglia?
«No, sono qui da solo. Eravamo speranzosi che le cose avrebbero potuto sistemarsi permettendoci di riprendere a giocare. Così tutti quanti – io, i giocatori, lo staff intero -abbiamo pensato di evitare viaggi che ci avrebbero comportato quarantene e dunque un rallentamento nel caso in cui si fosse aperto lo spiraglio di tornare in campo».
Come trascorre le sue giornate?
«Finora le giornate sono state molto piene. Attraverso le teleconferenze ho parlato di pallavolo con altri allenatori, ho studiato ed ho mantenuto i rapporti con la squadra negli allenamenti a distanza. Bisogna sempre tenere presente che, nonostante la terribile emergenza, noi siamo comunque in una condizione privilegiata rispetto a molte altre persone».
Ha già pensato a quale sarà la prima cosa che farà appena potrà uscire di casa?
«No, non ci ho pensato anche perché non sappiamo quando sarà. Direi che noi – come società – vogliamo fornire sostegno agli atleti che lo richiedono fino alla scadenza contrattuale della stagione. Dunque penso che andremo in palestra con chi vorrà esserci».
Tutto ciò nonostante la Fipav ormai abbia deciso formalmente di chiudere tutti i campionati congelando così l’attività agonistica fino a fine estate?
«In ogni caso la società deve dimostrarsi un presidio sempre presente per tutti i giocatori che ne abbiano bisogno. Sono professionisti e non giocano da tempo, devono mantenersi in forma. Io non so chi rimarrà e chi invece sceglierà un’altra squadra, ma noi dobbiamo essere presenti per chiunque ci richieda un aiuto».
Non sa chi rimarrà e chi no?
«Il mio ruolo è quello di fare l’allenatore. Mi pare che già troppo spesso ci sia chi si sovrappone alle mansioni di altri».
Dunque non ne parla?
«Ecco».
Allora, parlando genericamente della squadra, qual è il suo bilancio della parte stagione giocata?
«Diciamo che all’inizio abbiamo cercato un miglioramento rispetto all’anno precedente. Purtroppo, fin dalle prime uscite abbiamo notato una certa difficoltà a metterci in riga con l’obiettivo ambizioso che ci eravamo dati. Cosi, diciamo verso novembre, ci siamo detti che ciò che stavamo facendo, pur non essendo negativo, non sarebbe bastato per superare le altre squadre di vertice. Da allora mi pare che abbiamo cambiato passo».
A febbraio, in Coppa Italia siete andati vicino a battere la Lube. Eppure ancora non è bastato…
«Noi siamo migliorati ma gli altri non sono rimasti fermi. Hanno lavorato e migliorato anche loro. Di certo abbiamo raggiunto un livello che si avvicinava maggiormente ai top club rispetto all’inizio. Avevamo un altro atteggiamento, più attento, più consapevole.»
Anche lei, come il presidente Mosna, è rammaricato per non poter riprendere a giocare? «Non dico nulla su questo. Fin dall’inizio, anche con i giocatori, abbiamo scelto di mantenere una linea di silenzio e di accettazione di quanto veniva deciso nelle sedi deputate. Non cambierò il mio atteggiamento proprio adesso»
(Fonte: l’Adige)