Di Redazione
Diego Mosna non è uomo che ami arrendersi. E non lo vuole fare nemmeno di fronte al Coronavirus, ovviamente con la premessa del rispetto delle indicazioni delle autorità nazionali.
Ma quando sente alcuni suoi colleghi della Superlega dirsi pronti a gettare la spugna, decretando anzitempo la fine della stagione, il 72enne trentino non ci sta come dichiara nell’intervistata rilascia al Trentino oggi.
La Lega Pallavolo Serie A, che lei presiede, ha convocato per oggi le consulte di SuperLega, A2 e A3. Sempre per la giornata di oggi sono previste le comunicazioni del ministro Spadafora alle federazioni, Federvolley compresa. Rischiamo, in serata, di veder calare il sipario sulla stagione?
Sicuramente è uno degli argomenti all’ordine del giorno. Una delle alternative, tra quelle che prenderemo in esame, è chiudere anzitempo la stagione. La Serie A3 è quella più debole, per la maggiore distribuzione sul territorio delle società e per la loro minore organizzazione. Ma sono in ballo più ipotesi e ascolteremo i presidenti di tutte le società, misurando le maggioranze categoria per categoria.
Per la Superlega ci sono già due “partiti” e io sono a capo di quello di coloro che vorrebbero riprendere a giocare, quando sarà possibile, non lasciando nulla d’intentato per concludere la stagione in modo onorevole. C’è, invece, chi non vuole più giocare: non tutti i club hanno gli stessi obiettivi. Noi avvertiamo la necessità di non abbandonare la barca per 6/7 mesi: significherebbe voltare le spalle ai nostri tifosi, sciupare tutto quello che è stato fatto fmo ad oggi, perdere gli sponsor.
Lasciare tutta la visibilità al calcio non è saggio. Farò di tutto per evitarlo, ovviamente nel rispetto della scienza e delle istituzioni.
L’amministratore delegato di Lega Volley, Massimo Righi, ha già lamentato per il movimento perdite milionarie. Perdite che giocando a porte chiuse non recuperereste.
No, ma ridurremmo quelle sul fronte dei diritti televisivi e delle sponsorizzazioni. Ci sono sponsor che sono in difficoltà, ma ce ne sono altri che continuerebbero a pagare. La visibilità garantisce contratti e soldi. È più facile smettere di giocare, lo capisco, è anche una questione emozionale, dipende da quello che tanti miei colleghi vedono nelle loro città, nelle loro case. Ma allora dovremmo abbandonare tutto, il nostro lavoro, la nostra vita. Lo sport non è un lusso, è una componente importante dell’economia di un Paese. Lo ripeto, ci misureremo e vincerà chi ha più voti.
Contrattazione società per società o accordo quadro per i tagli agli stipendi dei giocatori? Accordo quadro, modulato a seconda di quando e se si riprenderà a giocare. Direi un accordo base e una commissione che tratti con i capitani delle squadra, in assenza di una associazione di categoria.
Lei e il g.m. Bruno Da Re ne avete già parlato con i vostri giocatori? No, anche per evitare fughe in avanti, la questione è ancora aperta, potremmo anche tornare a giocare.
Se la stagione si dovesse concludere così, che voto darebbe alla sua Itas Trentino? Un bel 7/8. Siamo tra le prime quattro e quello era il nostro obiettivo. E tenga conto che la nostra preparazione era calibrata sul finale di stagione, con la Champions League e i playoff. La squadra nei mesi scorsi ha sofferto, lo riconosco, ma sono sicuro che sarebbe cresciuta e avrebbe potuto giocaresela con chiunque, anche con sestetti più ricchi e più forti.