Di Roberto Zucca
Negli scorsi giorni ha divertito e coinvolto il pubblico attraverso il suo canale Youtube, raccontando semplicemente la trasferta di una squadra che si capisce ami molto, la Calzedonia Verona. Ne hanno parlato molte testate e molte pagine social, dimostrando che il carattere e il talento di storyteller di Federico Marretta vanno al di là del racconto di una semplice partita di pallavolo:
“Mi è capitato nelle scorse settimane di ritrovarmi in una situazione fuori dal campo nella quale ho sentito il bisogno di trasmettere la normalità di ciò che siamo. Siamo persone, non personaggi. Siamo atleti, non siamo star irraggiungibili. Ho voluto raccontare ciò che siamo attraverso le immagini”.
È partita subito la condivisione. Perché talvolta il pubblico vi percepisce così distanti?
“Perché ci vede come irraggiungibili, ma in realtà siamo persone molto alla mano. Credo che il fatto che le storie vengano narrate da uno di noi ha un effetto più naturale, senza filtri. Non sono un blogger o un giornalista, per cui non vengo percepito come elemento esterno. Per la narrazione è importante”.
Verona è quindi quella che racconta lei?
“È un gran bel gruppo. Un gruppo di ragazzi in cui ovviamente ci sono i rapporti più stretti, quelli con cui esci fuori a cena. Verona per me è una storia iniziata con tante aspettative, e rispettate dal punto di vista della città, dei tifosi e dell’ambiente. Anche se mi piacerebbe giocare di più, non lo nego”.
Soffre la panchina?
“Soffrire è una parola che non mi piace. Diciamo che vorrei essere non solo l’atleta che fa il giro dietro, ma quello che quando magari la squadra è in sofferenza viene chiamato a 360 gradi ad offrire il proprio contributo. Ho dimostrato di poter stare in questo campionato”.
Il triennale con Verona è in scadenza?
“Si ma ora è importante pensare a concludere il campionato quando riprenderà. Chissà quando! E poi giocarsi i playoff. È ovvio che uno spera che le storie belle continuino. Io qui sto bene”.
Che effetto le ha fatto entrare in campo a Cisterna senza pubblico?
“Ero smarrito. Sentivo rumori che solitamente non riesco a percepire, silenzi che solitamente non si sentono, o al contrario voci. Non è bello. Il pubblico manca molto. Ho detto nel video che è importante pensare alla nostra salute, quindi sono contento della sospensione. Penso sia importante tutelare in generale questa disciplina”.
Metaforicamente è stato come uno dei suoi viaggi. In completa solitudine.
“Guardi, passo otto mesi su dodici nella condivisione assoluta di ciò che vivo e di ciò che è il mio lavoro. Arriva un momento dell’anno, soprattutto negli ultimi anni, in cui sento di dover partire e vivere tutto ciò che succede da solo, senza nessun fattore esterno o persona che ne influenzi il decorso. Sono stato più di 40 giorni in giro per la Turchia e la Grecia. Ho capito molto”.
Ad esempio?
“Capisco come siamo fatti e come è fatto l’uomo in generale. Mi aiuta a fare il punto di quello che sono e di ciò che è la mia vita. Quest’anno vorrei arrivare in Mongolia. Spero solo che mia madre non legga l’intervista, perché non sa ancora che ho deciso di rimettermi in marcia quest’estate!”