Di Roberto Zucca
La classe non è acqua. La genetica neanche. Però Francesco Recine è in primis semplicemente Francesco, un ragazzo di 20 anni dal grande avvenire, cresciuto in una famiglia in cui la pallavolo era pane quotidiano e nella quale il passato glorioso poteva costituire un potenziale ingombro:
“Ma non lo è stato. Anzi, è stato un valore. La storia di mio padre ha contaminato le mie scelte in maniera positiva. È sempre stato un esempio, un modello, come un padre deve essere per un figlio. Mi ha trasmesso in primis la passione, non il desiderio di fare per forza le scelte che ha fatto lui”.
Le è pesato essere classificato come un “figlio di”?
“Forse è pesato più a quelli che la vivevano dall’esterno. Certo, ho dovuto dimostrare il 150% al posto del 100% perché, soprattutto quando tuo padre lavora nella stessa società nella quale giochi, tutti pensano prima ad una porta che ti è stata aperta in maniera preferenziale, piuttosto che al sudore che hai lasciato in palestra. Ecco, io preferivo sempre pensare al sudore che lasciavo in palestra”.
Ha fatto una gavetta serrata, Recine. Ora perché Ravenna?
“Perché è una società che ha a cuore i giovani. E lo sta dimostrando settimana dopo settimana. Siamo una squadra ambiziosa, entusiasta, e forse la giovinezza anagrafica è un valore aggiunto. Ci siamo trovati, ci capiamo, c’è molta sintonia dentro e fuori dal campo”.
Gli obiettivi di Recine?
“Proseguire un percorso, che ha avuto delle tappe soddisfacenti, come la convocazione in nazionale Seniores quest’estate e il disputare a 20 anni un campionato come la Superlega in una squadra stimolante come Ravenna”.
Il suo passato è legato al Club Italia. E a Monica Cresta.
“Un’allenatrice di grande valore. Una leader sul campo. Uno spirito materno fuori dal campo. Sono molto legato a Monica e le sono grato per i valori che mi ha trasmesso come professionista”.
Il volley maschile secondo lei è ancora troppo elitario nei confronti delle allenatrici donne?
“Be’, è un dato di fatto. In realtà per esperienza sono più per l’apertura. Un’allenatrice come Monica mi ha insegnato ad affrontare determinati momenti con la grinta e la passione tipiche di una donna, che in questo mondo fa più fatica degli altri ad affermarsi. Per me è stato un elemento importante”.
Parliamo di equilibri in casa Recine. Quando chiama papà e quando mamma?
“Credo un equilibrio tipico di un ragazzo in una famiglia italiana. Con papà commento la partita tecnicamente, gli racconto il campo. Mamma è quella che chiamo per chiedere un consiglio a 360°. È quella che vive più l’emozione al di fuori del campo perché è quella che mi vive più in presenza”.
Ho letto che suo padre ha detto che alla sua età non era forte quanto lei.
“È il più grosso complimento che mi potesse fare. Significa semplicemente che ciò che mi hanno trasmesso lui e mia madre l’ho appreso e l’ho coltivato facendolo diventare qualcosa di bello“.
L’esperienza della nazionale è un primo passo. Come è stato accolto?
“Un bellissimo gruppo, nel quale spero di poter rientrare ancora”.
Le piacerebbe ricongiungersi professionalmente con suo padre?
“Onestamente credo che adesso io debba fare il mio percorso. Poi è un sogno di entrambi. Ma in una seconda fase. Io per adesso voglio semplicemente percorrere la strada di Francesco”.