Di Redazione
Pallavolo e università: un binomio che funziona e si espande sempre di più. A sottolinearlo sono una serie di articoli apparsi negli ultimi giorni sui media nazionali, come il dossier pubblicato oggi da La Repubblica e che incorona la pallavolo come sport più studioso d’Italia.
A primeggiare nella speciale classifica pubblicata dal quotidiano è la Serie A femminile, che vanta la più alta percentuale di atlete laureate in assoluto. Tra A1 e A2 ben 95 giocatrici sono in possesso di laurea o stanno per conseguirla: il 20,6% del totale, una cifra molto vicina alla media nazionale e lontanissima dalla situazione di altri sport (il basket maschile si attesta al 5,5%, la serie A di calcio non arriva all’1%). In SuperLega, poi, la percentuale sfiora addirittura il 25%, anche se i laureati sono solo 10 e i laureandi 37.
“Non è per tutti, è molto complicato conciliare orari, routine di allenamento, studio, frequenza alle lezioni ed esami – ha spiegato Maria Luisa Cumino, palleggiatrice della Unet E-Work Busto Arsizio laureata in Ottica e Optometria – ma è molto importante per me tenere vive entrambe le carriere. Per la mia tesi ho condotto uno studio sulle mie compagne di squadra, dal titolo ‘Abilità visive nella pallavolo’: ho unito studio e sport“.
D’altra parte, anche nel nostro paese fioriscono ormai i progetti che uniscono la pratica sportiva allo studio universitario: l’esempio più noto è quello dell’UniTrento di Serie A3 maschile, presentato a inizio stagione e citato oggi dal Corriere della Sera nell’inserto “Buone Notizie”. Un contesto in cui le due realtà si sostengono a vicenda: i giocatori si allenano per 4 ore al giorno, ma al tempo stesso si impegnano a ottenere 42 crediti universitari all’anno. E il progetto è pronto per essere esportato, dato che l’Università di Trento ha la presidenza di Unisport Italia, rete di 40 atenei che si pone proprio l’obiettivo di valorizzare lo sport nei percorsi di studi.
Ma il binomio volley-università funziona in entrambe le direzioni, come dimostra il caso del Barricalla Cus Torino di Serie A2 femminile: qui è l’ateneo del capoluogo piemontese (che garantisce borse di studio e agevolazioni alle giocatrici) a studiare con un team di ricercatori le funzioni neuromuscolari e le performance delle atlete.
La ricerca, come riporta La Stampa, inizierà formalmente a novembre: i test verranno effettuati due volte a settimana per tutte la stagione e prevederanno anche un questionario autovalutativo, per permettere di correlare la fatica percepita dall’atleta a quella misurata con video e dati rilevati. In questo accordo, dice il presidente del Cus Riccardo D’Elicio, “c’è l’essenza di cosa vuol dire praticare sport in un Centro universitario: dedicarsi a una disciplina e contestualmente contribuire allo studio di nuovi metodi di allenamento, più mirati e calibrati per ogni atleta“.