Di Redazione
Domani sarà impegnato con la sua Piacenza contro Verona in uno scontro diretto tra due squadre che aspirano ai play off.
Alla vigilia del big match il tecnico ravennate, tornato in italia dopo cinque stagioni in Polonia, intervistato da L’Arena, si esprime riguardo al rapporto tra giovani ed estero.
Tuo figlio Davide sta giocando in Usa. Quanto valgono le esperienze all’estero per i giovani?
Davide ha scelto questa strada perché è stato fortemente voluto da diverse università. Ha molti interessi, aveva la possibilità di laurearsi in qualcosa di molto stimolante e futuribile per lui. E inoltre poteva crescere anche giocando a pallavolo. In generale, per i giovani un’esperienza nei campionati all’estero può essere molto stimolante.
Certo, è confortevole stare in panchina nelle squadre di Superlega, in club molto organizzati, essere coccolati e non avere problemi. Ma uscire dalla sfera di comfort, qualche volta, aiuta. Come fanno gli stranieri che vengono in Italia. Questo aiuterebbe a colmare il gap che esiste tra i settori giovanili e la Superlega, dove giocare è molto complicato. Di sicuro un’esperienza all’estero potrebbe essere davvero di grande aiuto.
In Italia è cosi difficile trovare spazio per i ragazzi? È complesso perché il gap tra il settore giovanile e la Superlega è ampio, c’è anche uno step fisico molto marcato. Ma ci sono tante altre leghe dove i ragazzi possono andare, come Raffaelli ha fatto andando in Francia. Si va all’estero, si fa esperienza e poi si torna con un bagaglio tecnico e fisico adeguato.
E un percorso di crescita normale. Bisogna ragionare in termini più ampi, non è che per forza bisogna stare in panchina anni in una squadra top italiana a guardare i campioni giocare aspettando il proprio momento. Non è detto che sia la strada migliore, ci sono anche altri percorsi.
Tra nazionale e club alcuni giocatori non staccano mai.
Questo è un problema che non si risolverà mai perché è un dialogo tra sordi.