Di Redazione
Yuri Romanò, una giovane promessa della pallavolo, ha il merito di aver portato la sua squadra, l’Olimpia Bergamo, fino alla partita decisiva di Coppa Italia A2 a Bologna. A soli 21 anni ricopre la 12esima posizione nella classifica marcatori “quasi per caso”, come afferma lui stesso.
Chi è Yuri Romanò?
“Un ragazzo socievole, che adora uscire con gli amici, iscritto alla facoltà di economia di Milano – Bicocca e che si è avvicinato alla pallavolo da 6/7 anni, quindi relativamente poco, perché non ha sfondato nel calcio che era il suo grande sogno e quindi ha dovuto cambiare “obiettivo” anche perché stava crescendo di altezza. Mia mamma e mia sorella mi hanno spinto a giocare, mi divertivo e quindi ho proseguito, nel secondo anno facevo l’opposto in Serie C, poi il passaggio in B ed ora sono da due anni in Serie A2, da questa stagione titolare”.
È la sua stagione. Com’ è il dover partire dalla panchina e poi ritrovarsi titolare giocando così bene?
“Sinceramente l’ho fatto senza pensarci molto, mi sono ritrovato in questa situazione all’improvviso. Il primo opposto se ne è andato e quindi mi è stato comunicato solo un’ora prima dell’ultima amichevole del precampionato che avrei dovuto giocare, non ho neanche avuto il tempo di pensarci. Ho giocato subito bene, la prima di campionato l’ho sentita di più ma ad Ortona abbiamo vinto 3 a 0 e da lì mi sono sciolto. Tranne qualche partita dove non mi sono piaciuto, posso solo dire di avere, fino a questo momento, un giudizio positivo sulle mie prestazioni. Giocare è bellissimo, l’anno scorso sono stato in panchina e partire con l’idea che anche a Bergamo avrei dovuto fare una stagione del genere per poi invece ritrovarsi in campo è stupendo.”
Dalla Serie B dove si doveva conquistare il posto, alla finale di Coppa Italia. A chi deve dire grazie?
“Innanzitutto a tutti gli allenatori: ogni anno ed ogni coach mi hanno dato qualcosa in più. Poi sicuramente alle mie esperienze in Nazionale che mi hanno permesso di assistere ad un livello molto alto rispetto al mio, assimilando quindi un sacco di cose, e soprattutto a Bergamo che mi ha dato la possibilità di giocare, ai miei compagni e a tutto l’ambiente.”
Cosa pensa quando le vengono a chiedere foto e autografi?
“Mi chiedo cosa se ne facciano (ride ndr). E’ bellissimo capire che trasmetti qualcosa alla gente che viene a vederti e se vogliono qualcosa da te vuol dire che quello che fai lo stai facendo bene.”
Quale sarebbe stata la sua strada, quali scelte avrebbe fatto, se non avesse fatto il pallavolista?
“Non saprei dire perché anche adesso, se dovessi smettere di giocare, non so cosa farei, visto quello che studio e dato che mio padre è commercialista, forse seguirei questo ramo.”
“Le facce degli sconfitti, le loro voci, continuano ad esistere. Questo è il grande splendore”. Cosa si prova e quanto è difficile riprendere dopo una sconfitta come quella maturata domenica in Finale di Coppa?
“Non è facile, ma giocare subito il mercoledì successivo, in una partita dal risultato non scontato, ci ha aiutato: non abbiamo avuto tanto tempo per pensarci. Ci hanno dato una grande mano i nostri tifosi che anche ieri erano in tantissimi, così come a Bologna, a sostenerci e ringraziarci, il che non è da tutti. Penso che comunque ce l’avremo in testa per molto tempo, è stata pesante, ma ora abbiamo un sacco di partite ed un nuovo obiettivo che si chiama Campionato.”
Il suo sogno nel cassetto?
“Vivere di pallavolo. Ovvio che penso alla Superlega, ma ci sarà tempo. Come ad una futura chiamata in azzurro, non ci penso e voglio che arrivi all’improvviso.”
A quale giocatore si ispira particolarmente?
“Non ne ho uno in particolare perché ho sempre cercato un altro opposto mancino ma non ce ne sono di “big” in Italia, quindi cerco di prendere un po’ di colpi a tutti rubando soprattutto la velocità di palla.”