La pallavolo ha una storia relativamente giovane: i movimenti nazionali che più l’hanno nutrita in questi 128 anni hanno avuto alti e bassi, ma quasi nessuno di loro è davvero scomparso. Quasi nessuno ha vissuto un declino tale da non poter essere più considerato competitivo per tanto tempo. Tra le pochissime eccezioni troviamo il Perù.
Magari qualcuno ricorderà la selezione femminile peruviana di Cecilia Tait (la “Zurda de Oro“), Gabriela Perez Del Solar, Rosa Garcia e Carmen Pimentel negli anni ’80, proprio come si fa con le civiltà perdute e le epoche storiche così lontane da noi da risultarci indecifrabili. Infatti, l’ultima volta che questa nazionale è salita sul podio in una competizione di rilievo era il 1988 e il presidente nikkei Alberto Fujimori non era ancora stato eletto; l’ultima volta che si è qualificata alle Olimpiadi era nel 2000 ed era stato da poco introdotto il rally point system.
Negli ultimi decenni, però, il paese ha praticamente smesso di produrre grandi talenti, come se avesse all’improvviso disimparato una cosa che gli riusciva con naturalezza. Ma oggi c’è una nuova speranza: si chiama Alondra Alarcon, è una schiacciatrice – classe 2004 – che si è trasferita negli Stati Uniti per giocare al Florida Southwestern College e sembra avere le potenzialità per riportare il Perù sulla mappa del volley mondiale.
Alondra, racconta qualcosa di te ai nostri lettori.
“Sono una ragazza che da quando ha iniziato a giocare a pallavolo ha fissato e poi raggiunto degli obiettivi via via sempre più grandi. Mi considero una persona che ci mette tanta passione in quello che fa e cerca di lavorare ogni giorno per migliorare. Tra tutti gli sport ho scelto proprio il volley perché era quello che praticava mia madre da giovane. Purtroppo, lei non ha mai potuto prendere parte ad un campionato professionistico perché a quei tempi in Perù era difficile avere opportunità del genere; tuttavia, mi ha supportato in tutto il mio percorso. Per me la famiglia è qualcosa di molto importante, soprattutto perché mi sostiene fin dal primo giorno per raggiungere i miei sogni“.
Com’è stata la tua carriera pallavolistica finora?
“Penso che la mia carriera sia stata buona, soprattutto grazie alle numerose esperienze internazionali che mi hanno aiutato a crescere. Sono stata selezionata per la prima volta nelle nazionali giovanili quando avevo 12 anni e ho avuto la possibilità di debuttare nel campionato professionistico in Perù a 14 anni: non è qualcosa di così comune nemmeno da noi. Le competizioni più importanti che ho giocato sono stati i Campionati del Mondo U18: ne ho giocato uno nel 2019 e uno nel 2021, e ritengo che siano le esperienze più belle della mia vita perché ho potuto confrontarmi con le nazionali più forti del panorama mondiale. Ora gioco in NJCAA negli Stati Uniti e sono orgogliosa perché ho raggiunto uno dei miei obiettivi. Essere una pallavolista in Perù non è facile, perché non sempre si riceve un sostegno adeguato da parte della Federazione. Però, sono convinta che la situazione stia migliorando grazie ad un maggiore supporto degli sponsor e della Federazione stessa: questo permette a noi giocatori di disporre dei mezzi e delle risorse per continuare a coltivare i nostri sogni“.
Chi è il tuo modello di riferimento?
“Il mio più grande punto di riferimento pallavolistico è Gabi Guimaraes, schiacciatrice brasiliana che gioca in uno dei migliori campionati al mondo. Mi piace perché è un chiaro esempio di come la statura non sia un ostacolo insormontabile nemmeno in uno sport come la pallavolo: proprio come me, non è altissima e non ha i mezzi fisici di altre giocatrici, eppure ha dimostrato a tutti che se lavoriamo su noi stessi, possiamo ugualmente raggiungere grandi risultati“.
Come ti descriveresti come giocatrice?
“Sono una giocatrice a cui piace lavorare sulla tecnica e su quei fondamentali in cui è meno forte. Penso di essere dotata di una buona visione del campo avversario, e di aver sviluppato l’abilità di giocare con astuzia contro muri alti e la capacità di non perdere mai fiducia e sicurezza nei miei mezzi. Ogni giorno lavoro per diventare una giocatrice sempre più completa e forte mentalmente“.
Cosa pensi quando vieni descritta come la più grande speranza della pallavolo peruviana?
“Innanzitutto, sono onorata per questo tipo di considerazione. Semplicemente cerco di focalizzarmi sulla mia crescita personale e sullo spirito di squadra: per me la cosa più importante è mettere le mie qualità al servizio del collettivo“.
Come mai a 18 anni hai scelto di lasciare il Perù per andare a giocare nella NJCAA (National Junior College Athletic Association) statunitense?
“Era un obiettivo che mi ero prefissata fin da quando avevo iniziato a giocare, ma anche la soluzione ideale per portare avanti il mio percorso di studi in contemporanea alla mia carriera sportiva. Quando si è concretizzata la possibilità di trasferirmi negli USA, ero consapevole del sacrificio di dovermi allontanare dalla mia famiglia e dagli amici più stretti. Tuttavia, sapevo che i miei cari sarebbero stati orgogliosi di me. Così, alla fine, accettare questa nuova sfida si è rivelata la miglior scelta che potessi fare perché qui ho trovato una seconda famiglia, che mi fa sentire come a casa“.
Com’è stata la tua prima stagione con le FSW Buccaneers?
“È stata semplicemente incredibile. Come ho detto, posso dire di aver trovato una seconda famiglia, visto che fin dal primo giorno le mie compagne di squadra, gli allenatori e tutte le persone che lavorano per l’FSW mi hanno fatto sentire a mio agio. Così, ho capito nel giro di poco tempo che andare negli USA era stata la decisione migliore. Appena abbiamo iniziato a lavorare con l’obiettivo di diventare campioni nazionali, abbiamo accettato di fare molti sacrifici, come alzarci presto alla mattina, allenarci e subito dopo prendere in mano i libri per studiare: abbiamo lavorato tantissimo ma alla fine ne è valsa la pena, visto che abbiamo vinto il campionato e coronato il nostro sogno. Non poteva esserci modo migliore per iniziare la mia esperienza al junior college e sono felice che il nostro gruppo resterà per sempre nella storia dell’FSW“.
C’è grande divario tra il livello della pallavolo peruviana e quella statunitense?
“Sicuramente c’è un gap, ma non è così evidente come si pensa. La differenza principale è determinata dal fatto che qui si gioca una pallavolo un po’ più veloce rispetto alla pallavolo in Perù, dove solo da poco si è iniziato a prediligere questo tipo di gioco. Inoltre, ho notato che negli USA le pallavoliste sono mediamente più alte, perciò ho dovuto adattarmi alle caratteristiche delle nuove avversarie e imparare ad attaccare con astuzia“.
Quanto è stato difficile adattarsi a una nuova vita all’estero?
“All’inizio pensavo che sarebbe stato difficile trasferirsi in un altro paese, adattarsi a una nuova cultura e diventare indipendente come mai mi era successo prima. Invece, non ho riscontrato grandi difficoltà e sono convinta che i meriti siano da attribuire soprattutto alle mie compagne di squadra, con cui mi trovo benissimo e condivido tanti momenti dentro e fuori dal campo. Comunque, ogni giorno faccio una videochiamata con la mia famiglia e così la sento più vicina“.
Come procede il tuo percorso con le nazionali giovanili? Qual è il tuo obiettivo per l’estate 2023?
“Direi che procede nel migliore dei modi. Recentemente sono stata convocata per la Pan-American Cup U23, in programma nel mese di luglio. Ho ricevuto il permesso dal mio college, quindi sono molto felice di tornare ad indossare la maglia della mia nazionale e spero di fare bene sia come singolo sia come squadra“.
Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
“Ho progetti importanti per la mia carriera da giocatrice e per il mio futuro professionale. Da questo punto di vista, vorrei portare a termine i miei studi in ‘International Business’ e lavorare per una grande azienda. Nella pallavolo, invece, punto a fare bene al college e nei prossimi tornei internazionali a cui prenderò parte, e magari un giorno arrivare a giocare nei campionati che più ammiro, ovvero quello turco e quello brasiliano“.
di Alessandro Garotta