Di Redazione
Il commissario tecnico della nazionale italiana femminile di sitting volley Amauri Ribeiro è stato intervistato dal Comitato Italiano Paralimpico. Nell’articolo Amauri parla della sua esperienza alla guida delle nazionale azzurra, qualificata per la prima volta nella storia ai Giochi Paralimpici di Tokyo, e anche di come è iniziata la sua carriera nel sitting volley.
Ecco l’articolo completo preso sul sito del CIP insieme a un tutorial dedicato al sitting volley.
Amauri Ribeiro rappresenta un pezzo di storia importante della pallavolo mondiale: un oro a Barcellona 1992 e un argento a Los Angeles quattro anni dopo, nel 1996, hanno portato lo schiacciatore carioca sull’Olimpo di questo sport.
Oggi Amauri è l’allenatore della nazionale di sitting volley femminile, quel team che poco più di un anno fa ha compiuto la splendida impresa di staccare il pass per la Paralimpiadi di Tokyo, un biglietto sempre valido per un evento che tutti ci auguriamo possa rappresentare la rinascita per lo sport, settore colpito duramente dalla pandemia.
“Sto ancora studiando l’italiano” ci dice il CT in apertura ma i suoi concetti sono chiari, e il problema iniziale della lingua viene superato dalla passione che si percepisce dalla sue parole.
Il sitting volley, questo fantastico sport nato a metà degli anni 50’ nei Paesi Bassi e che appare alle Paralimpiadi di Arnhem nel 1980, sta spopolando anche in Italia. Amauri ci spiega questa evoluzione: “All’inizio, quando ho iniziato a lavorare in Italia, notavo che c’era un pò di mancanza di conoscenza, mentre in Brasile già si stava sviluppando velocemente. Poi negli anni, grazie anche al lavoro della Federazione, siamo riusciti a fare un’ottima promozione. Il sitting – prosegue Amauri – è uno sport aperto a diverse tipologie di disabilità; ognuno porta dentro la squadra la sua esperienza, molti arrivano al sitting dopo un passato nella pallavolo e trovano da noi la loro dimensione”.
Tutorial – Sitting Volley
L’obiettivo rimane sempre lo stesso, ossia mandare la palla al di là della rete. Per Amauri la barriera divisoria posta in mezzo alle due metà campo “è parte del nostro sport e quindi la dobbiamo affrontare. Come la affrontiamo? Con allenamento, allenamento e ancora allenamento perché la palla non si può fermare, deve essere sempre in movimento e per farla dobbiamo lavorare su ogni dettaglio della tecnica”.
Conoscere il sitting volley è stato per Amauri un colpo di fulmine: “Ero ad Atene nel 2004 per studiare questa disciplina e subito capii che guardare una partita di sitting mi dava le stesse emozioni che avevo provato da giocatore e da spettatore della pallavolo. E’ uno sport dinamico nel quale, una volta che ti siedi, viene azzerata ogni possibile differenza. Accade che chi comincia a praticare il sitting a volte possa incontrare iniziali difficoltà ma poi osservando i movimenti di chi sta intorno permette di imparare velocemente i movimenti. Un altro importante elemento è la totale inclusione, un tassello fondamentale nello sport e nella vita di tutti i giorni”.
Nel nostro paese il livello cresce di giorno in giorno. Russia e Stati Uniti al femminile, Iran e Bosnia al maschile rappresentano il top di gamma a livello mondiale. E noi? “Noi stiamo lavorando per arrivare al livello dei migliori, per recuperare questa strada che ci divide dal top. Il lockdown ha penalizzato noi come tutti gli atleti del mondo. Al raduno di Roma (terminato domenica scorsa ndr) ho capito quanto è stato duro vivere lontano dal campo. Le ragazze hanno fatto dei piccoli passi indietro a livello tecnico, ma come noi anche gli altri saranno nella stessa condizione e quindi la ricetta sarà sempre la stessa: lavorare”.
Uno sport in crescita ma soprattutto praticabile con facilità all’interno delle scuole, da sempre fucina di talenti. “Noi come Fipav – prosegue il tecnico – stiamo lavorando su progetti che permettano a tutti, dai più piccoli fino alle superiori, di provare il sitting volley. Non importa se non hai mai giocato a pallavolo, è compito dei tecnici formare atleti, dando loro come prima cosa la giusta mentalità”.
Disciplina in crescita, in evoluzione a cui Amauri, se potesse, apporterebbe una sola modifica per renderlo ancora più affascinante: “Una maggiore chiarezza sulle classificazioni funzionali. Il percorso parte da li”.
Intervenuta alla “Palestra delle Idee”, iniziativa lanciata proprio dal Comitato Italiano Paralimpico, la stella della nazionale Anna Danesi (presente nello studio virtuale insieme a Giulia Aringhieri, Giulia Bellandi e Francesca Bosio) rimase entusiasta della proposta di fare un giorno una sfida tra le due nazionale. Amauri si allinea e dice che “sarebbe una bellissima cosa che garantirebbe una promozione fantastica. Anche le Paralimpiadi potrebbero essere un elemento importante in termine di comunicazione”.
Uno sport che aspetta Tokyo per ripartire, il sitting per prendere il volo perché come dice Amauri, “ti dà emozioni uniche”.