Di Roberto Zucca
La sua follia creativa e la sua vena artistica ha cercato di metterle in campo sin dal primo giorno sui campi. E attraverso una pennellata dietro l’altra Benjamin Patch ha disegnato una strada vincente, quella lungo la quale negli ultimi anni ha vinto tutto il vincibile nella Bundesliga tedesca:
“Al Berlin Recycling Volleys è stata un’avventura fantastica! Un cammino di due stagioni nelle quali siamo diventati un’unica grande famiglia. È stato il motivo principale che ci ha permesso di vincere lo scudetto e le coppe nazionali”.
Qual è stato l’aspetto più bello?
“Crescere. Sfidare me stesso. Ho esordito in un campionato professionistico solo qualche anno fa e mi sono reso conto che la strada da fare era tanta. A Berlino ho avuto modo di iniziare un percorso di maturazione verso qualcosa che mi spingesse non tanto a vincere ma a migliorare me stesso in questo sport”.
In Germania ha vinto campionato, Coppa di Germania e Supercoppa. Continuerà a giocare in Bundesliga?
“Ancora è presto per parlare del futuro. È stato scioccante essere in campo fino a due giorni prima e poi ritrovarmi in un aeroporto in attesa di poter tenere negli Stati Uniti per paura che gli aeroporti chiudessero a causa dell’emergenza sanitaria. Si dovrà riprogrammare tutto. Io per ora sono a casa nello Utah”.
Nel frattempo ha concluso i suoi studi alla Brigham Young University?
“Sì, ho finito il mio corso in arte. Ma continuo sempre a studiare e documentarmi. Ho iniziato con la ceramica, una passione che è molto più del semplice lavoro manuale. È una disciplina”.
Ha messo su una start up che si chiama Be. Coniuga la moda e l’arte. Anche il volley?
“(ride, n.d.r.) Perché no? Lo sport e l’arte sono mondi molto simili. L’arte disegna, plasma un corpo. Lo sport anche. E la creatività che si mette in campo è molto simile a ciò che sta alla base dei miei studi. Non potrei pensare alla mia vita senza l’arte e lo sport. Cerco di creare un binomio indissolubile”.
Con la sua compagnia ha istituito anche iniziative di beneficenza per contrastare il coronavirus.
“Abbiamo pensato che con Be. potessimo dare supporto alle persone in difficoltà, e attraverso il nostro lavoro cerchiamo di supportare associazioni come Medici Senza Frontiere o La Cimade, ad esempio. Lo trovo un contributo molto importante”.
L’Italia le manca?
“Moltissimo. È stato un paese che mi ha amato e mi accolto. Sono rimasto affascinato dall’arte, dalla lingua, bellissima. Le posso dire cosa mi manca di più? La mozzarella di bufala, un ricordo spettacolare!”.
Spesso le è stato chiesto dai suoi tifosi del suo rapporto con la sessualità. Vuole mettere un punto sulla questione?
“Francamente è un tema di cui mi è sempre interessato poco discutere. Parlare di sentimenti è un’altra cosa rispetto al parlare di genere, di eterosessualità o omosessualità. L’amore è connessione, non un fatto relativo al genere. È una risposta che può soddisfare?”.
Nella pallavolo è un messaggio difficile da passare?
“No, assolutamente. Rimane forse un aspetto relativo a qualche curiosità che viene fuori su Internet. Ma le ripeto, la trovo una questione riduttiva”.