Di Redazione
“Chi vuole la Foppapedretti ha 10-15 giorni di tempo, dopodiché io devo avviare il processo di chiusura del Volley Bergamo“. Parole che fanno tremare i tifosi storici della Foppapedretti Bergamo, parole che immobilizzano gli amanti di uno sport intero.
A pronunciarle, in una intervista all’Eco di Bergamo, è il presidente Luciano Bonetti che, ospite della trasmissione di Bergamo Tv «Sottorete con la Foppapedretti», ha purtroppo messo le cose in chiaro. L’utilizzo della parola “purtroppo” diventa inevitabile, perchè una società storica come Bergamo mancherebbe ad addetti ai lavori e non solo. Eppure il tempo sta per scadere, e anche se la stagione finisce più tardi ci sono dei tempi tecnici da rispettare:
“I tempi sono questi, devono essere questi. Per una ragione di correttezza, sia nei confronti del personale che lavora nel Volley Bergamo, sia nei confronti delle giocatrici: si sta parlando di lavoro, tutti hanno il diritto di potersi guardare in giro”.
Situazione che ad ora sembra non essersi smossa:
“Non è cambiato quasi niente: qualcuno che ha preso informazioni c’è stato, ma senza illusioni. Hanno bussato, questo sì, ma nessuno si è fatto avanti con un progetto concreto. Mi chiedo: ma come si fa a perdere un’occasione così? La squadra dà notorietà all’azienda che le dà il nome, come è successo a noi può succedere anche ad altri. Secondo i dati di un’indagine internet prevale, il marchio della squadra di pallavolo piuttosto che quello dell’azienda. È il motivo per cui in fondo resto un po’ ottimista. Oltre tutto chi subentra ha il vantaggio di non avere pressioni, perché eredita una squadra non vincente nelle ultime stagioni. I tifosi ci hanno sempre fatto sentire la loro vicinanza, sono corretti e non pretenziosi“.
Una speranza che rimane viva, a fronte di una spesa raggiungibile dal mondo dell’imprenditoria:
“Per la società non serve sborsare nulla, semplicemente bisogna trovare 600-700 mila euro di sponsor e poi tocca ai nuovi padroni decidere quanto investire per essere vincenti”.
Clicca qui per leggere l’intervista integrale.
(Fonte: Eco di Bergamo)