Di Redazione
Una serata per cuori forti e solidi: ma anche pronti a esplodere di gioia. Ravenna, che lo scorso anno con grande coerenza e impegno aveva deciso di vivere un’esperienza europea fino in fondo, conquista il primo trofeo europeo della sua giovane storia (se consideriamo solo quella della fusione tra Porto Ravenna e Robur Angelo Costa). Decisivi – dato il successo per 3-1 della gara d’andata – un primo set combattuto in modo feroce fino alla fine e un terzo set vinto con il passo della squadra decisamente superiore, sorretta da un muro stratosferico.
È stata una grande vittoria, un grande successo…
Prima conferma: si gioca in una bolgia infernale, un girone dantesco. L’Olympiacos ha una delle tifoserie più calde e passionali del mondo: l’Arena della Pace e dell’Amicizia è tale solo per definizione. Calarsi all’interno di una competizione in un ambiente del genere è una delle esperienze sicuramente più difficili per qualsiasi professionista dello sport indoor, calcetto, basket, pallamano o volley. Così è… e non ci si aspettava niente di diverso.
Seconda conferma: non c’è il Challenge, quello che in Italia è ormai per tutti il video check. E onestamente non si capisce il perché. La notizia è stata ufficializzata durante la conferenza stampa di presentazione senza una motivazione plausibile che fosse di carattere tecnico o di altro tipo. Non c’è: e basta. Uno sguardo al campo e si vede che non hanno nemmeno provato a montarlo: in 24 ore quella che è una grande organizzazione sportiva internazionale come la CEV avrebbe potuto fare arrivare un tool per l’instant replay anche dalla più sperduta provincia italiana, dove ce ne sono diversi e funzionano (abbastanza). Ci sarà da tornare in altra sede su questa vicenda: perché è grave, a priori, prima ancora che si giochi la prima palla di servizio e comunque finirà la gara. È una pessima figura della CEV e una mancata tutela della Fipav nei confronti di una propria tesserata. Neppure dopo che la vicenda è stata resa pubblica, e abbiamo aspettato fino alla pubblicazione di quanto leggete, CEV o Fipav hanno pubblicato qualcosa a riguardo. Di fatto la finale di Challenge Cup al Pireo si gioca con un campo diverso rispetto a quello allestito a Ravenna. Un conto è che il server del Challenge si pianti, un conto è che non venga nemmeno previsto a priori.
Comunque… Ravenna si cala nel match con lo spirito della squadra che non ha niente da perdere e che non vuole fare l’uccello nel mirino. Gioca con carattere la squadra di Soli, fin dai primissimi scambi. Fa capire, pur commettendo qualche errore – del tutto comprensibile vista la posta e la location – che qualsiasi cosa voglia l’Olympiacos se la dovrà sudare pesante. Il lavorio ai fianchi dei romagnoli che prosegue tra alti e bassi per tutto il primo set, paga nel finale quando la palla diventa pesantissima. I greci sbagliano, i romagnoli no e con l’aiuto di Buchegger (8 punti) anche senza ace si portano a casa un primo set pesantissimo (26-28).
Il secondo set è tutta un’altra storia: la Bunge esce con il fiato corto dal rush agonistico del primo set e fatica a rimettere ordine al suo gioco. I greci ne approfittano ritagliandosi due break importanti: poi, a quota 17, i greci si imbambolano e la Bunge piazza uno via l’altro tre punti pesantissimi che rimettono tutto in equilibrio. Muñoz chiama un time out della disperazione quando vede che i suoi giocatori cominciano a guardarsi in modo un po’ torvo… Georgiev zittisce l’arena con un altro muro sontuoso. La Bunge arriva sotto e i greci cominciano a sentire l’odore della paura. Una battuta troppo spinta dei greci finisce fuori, forse… d’altronde il Challenge non c’è. In compenso arrivano altri due muri dei romagnoli: e la Bunge mette il naso avanti mentre Muñoz ricorre a un altro time out e a due cambi imprevisti. Il muro di Ravenna continua a essere decisivo, sbreccia, tocca e incide ma alla fine è la ricezione a crollare sul più bello: Olympiacos che trova un break in extremis e chiude 25-23 con un servizio di Rauwerdink male interpretato dalla difesa Bunge.
Tra secondo e terzo set i tifosi greci ci dimostrano di essere perfettamente padroni della lingua italiana. Gli insulti li conoscono quasi meglio di noi, pronuncia perfetta.
Il terzo set è una vera battaglia: una sfida non solo fisica ma anche psicologica che la Bunge accetta di combattere fino in fondo. La mancanza del Challenge è un bel danno soprattutto per gli arbitri che fischiano quello che vedono e a volte non vedono chiaro, è giusto dirlo. Però mantengono un atteggiamento molto aperto e umano, ammettendo qualche errore e ricorrendo a punti da rigiocare o spiegando ai capitani quanto ritengono sia accaduto (sul punto greco del 20-21). Inutile sottolineare che si gioca qualsiasi punto con il terrore. Ravenna ne ha meno e tira fuori tutto andandosi letteralmente a prendere la coppa con quattro punti consecutivi fino al 25-20 che viene incorniciato da un muro stratosferico, l’ennesimo.
L’Arena della Pace e dell’Amicizia resta zitta per qualche istante, poi si scioglie in un lungo applauso: da queste parti ti tirano scemo, è vero… ma riconoscono la superiorità degli avversari quando gli viene mostrata. Finalmente si vedono e si sentono anche tifosi ravennati, abbarbicati in un angolino della piccionaia: qualcuno ha gli occhi lucidi, e ha ragione.
Il quarto set è una formalità all’interno dell’Arena che a poco a poco si svuota e lascia il ruolo del protagonista a Ravenna e ai suoi tifosi che hanno il loro primo trofeo europeo da incorniciare (18-25).
Il simbolo di Ravenna è un leone: beh, è stata davvero una notte da leoni in un autentico Colosseo.
Poche squadre possono dire di aver vinto qui e così.
Olympiakos Pireo-Bunge Ravenna 1-3 (26-28, 25-23, 20-25, 18-25)
Olympiakos Pireo: Christofofidelis, Ropumeliotakis 1, Zoupani 1, Oivanen 11, Stivachtis, Stefanou (L), Petreas 5, Böhme 10, Daridis (L), Andreadis, Drzygza 2, Tselios, Aleksiev 10, Rauwerdink 15. Allenatore Fernando Muñoz Benitez.
Bunge Ravenna: Vitelli 1, Orduna 2, Poglaje 6, Raffaelli 11, Pistolesi, Gutierrez 4, Goi, Georgiev 9, Diamantini 6, Marechal 12, Buchegger 21. Allenatore Fabio Soli.
Arbitri: Gyula Tillmann (Ungheria) e Lutz Steinmetz (Germania)
Spettatori: 10500
Timing: 32’, 31’, 30’, 23’.
Ace: 6-3
Muri: 7-15