Di Redazione
Quando si utilizza la parola “roccia” per definire una persona di carattere, decisa, sicura di sé, il rimando a Nemanja Petric è automatico. Approdato nella nuova Leo Shoes Modena all’inizio dell’estate, Nemanja ha subito dichiarato che la città emiliana, nella quale aveva già disputato tre stagioni, è per lui una seconda casa:
“Lo è stata sin dal primo anno in cui ho giocato. È casa il Palapanini, nel quale ho sempre giocato con molta emozione, è casa per i tifosi, la società. Quando mi è arrivata la proposta da parte di Modena ho detto subito sì perché avevo davvero voglia di tornarci”
È tornato in una Modena molto diversa. Ambiziosa quanto basta?
“Assolutamente sì. Sono tornato in una squadra in cui ci sono delle belle individualità, che hanno degli obiettivi comuni e soprattutto hanno a cuore questa stagione. Questo crea un’ambizione positiva e uno stimolo per tutto il gruppo”.
Dopo tutti questi anni e tutti i titoli vinti, Petric quanto è ambizioso?
“Molto. Sono costantemente stimolato dalle occasioni e dalle stagioni. Mi sento ancora un atleta che ha necessità di dimostrare tanto e una persona che vuole ancora vincere ciò che il campionato offre”.
Cosa risponde a chi dice che Modena non è una società di prima fascia?
“Che lo è. Ci sono giocatori molto buoni, alcuni dei quali rappresentano dei punti importanti anche all’interno delle proprie nazionali. È un bel gruppo, lavoriamo con un grande tecnico, sicuramente l’elemento novità porta con sé il fatto che qualcosa vada affinata. Ma ci stiamo lavorando ogni giorno”.
La nazionale. Posso dire che lei è la colonna portante della Serbia?
“La ringrazio e la trovo una cosa che mi lusinga molto. La nazionale per me è un capitolo fondamentale della mia carriera. A quella maglia tengo molto perché rappresenta le mie origini, il lavoro fatto per arrivare ad indossarla. Gioco e lotto ogni anno per continuare a vestirla. E spero ancora di farlo per lungo tempo”.
Dopo Tokyo quindi lei ci sarà?
“Assolutamente. Sogno ancora un’altra Olimpiade e lavoro per questo”.
Che ricordo porta con sé della sua infanzia a Prijepolje?
“Un ricordo bellissimo. Ho iniziato a giocare a pallavolo sin da piccolo e la mia famiglia mi ha sempre supportato nel coltivare la mia passione. A 18 anni ho debuttato al Mladi Radnik, nella Superlega serba. Il primo ricordo italiano è il mio arrivo a Perugia a 24 anni. Non nascondo che mi piacerebbe, una volta terminata la mia vita da giocatore, poter rientrare in Serbia e vivere lì la seconda parte della mia vita”.
Alcuni suoi ex compagni dicono che lei sia un uomo di grande sensibilità, dedito all’ascolto. Un futuro da allenatore insomma.
“Non è la prima persona che me lo dice. Non la considero così tanto l’idea di diventare allenatore, ma non si sa mai cosa ti porta la vita. Per adesso penso solo a giocare!”.