Di Redazione
La splendida città russa di Ekaterinburg ha un monumento in più particolarmente caro alla comunità del volley: si tratta della statua “Dedicata all’Uralochka” che è stata posizionata su quello che in città è definito “l’argine olimpico”, una grande passeggiata ricca di aree per lo sport che circondano il grande palazzo dello sport che ha ospitato le gesta del mitico Uralochka. È lo stesso impianto dove in questi giorni si gioca uno dei gironi femminili di Volleyball Nations League. All’inaugurazione hanno assistito diverse centinaia di persone, molti gli scatti già visibili sui social on line.
Il monumento è davvero imponente: si appoggia su un grande basamento in granito e non è circondato da alcuna protezione: le statue sorgono letteralmente dal terreno. Sono in ghisa e arrivano fino a sei metri e mezzo di altezza per oltre sei tonnellate di peso: le statue illustrano con uno splendido gesto molto plastico nonostante la grandezza delle figure, due ragazze sotto rete e una poco dietro in ricezione, sembrano fotografare un’azione di gioco. Sullo sfondo si riconosce la sagoma, inconfondibile di Nikolai Vasilievich Karpol. L’allenatore, che lo scorso anno è stato invitato al Cremlino per essere insignito della più alta onorificenza nazionale, quella di ‘Eroe del lavoro della Federazione russa’ è in giacca e cravatta. Si tratta forse dell’unica licenza che l’artista che ha disegnato e fuso le statue si è preso perché Karpol, soprattutto negli ultimi anni, era esclusivamente in tuta. Quella che definiva la sua divisa da lavoro.
Il tecnico, nato a Bereznitska, in una città che oggi fa parte del territorio polacco ma all’epoca era nella Bielorussia integrata nell’URSS, ha da poco festeggiato i suoi 81 anni. Ha allenato per tutta la vita l’Uralochka (sette le Champions League) ma i grandi successi li ha conquistati prima con l’Unione Sovietica e poi con la Russia: due i titoli olimpici giocando cinque edizioni e conquistando altrettante medaglie, un Mondiale e otto Europei. Karpol ha collezionato riconoscimenti governativi in gran numero: Ordine del merito dei Padri della Patria, Ordine dell’Amicizia, Grand’Ordine del Lavoro e altri. Dal 2009 è stato indotto nella Volleyball Hall of Fame. Le statue sono opera di Ivan Dubrovin. All’inaugurazione delle statue erano presenti tutte le più alte autorità sportive del paese, ma non Karpol: “Vogliamo solo raccomandargli di curare la sua salute con molta attenzione, la sua salute è importante per tutti noi…” ha detto il corrispondente federale Pyotr Kondakov.
Soprannominato l’Orso Urlante per il modo in cui incoraggiava le sue giocatrici dai bordi del campo, Karpol era famoso per la sua grande capacità tattica ma anche per il modo diretto in cui gestiva giocatrici e spogliatoio. Nessuno sconto a nessun’atleta, nemmeno alla più forte. La sua abitudine era tenere tutti sulla corda e poi lasciarsi andare a fine gara, con un abbraccio o una pacca sulla spalla. Famoso l’episodio nel 2004 lo vide al centro dell’attenzione durante la finale dei Giochi Olimpici di Atene contro la Cina: Ljubov Sokolova, la stella assoluta di quella squadra russa, stava commettendo qualche errore di troppo. Karpol la strapazzò pesantemente proprio davanti alla panchina sotto gli occhi di migliaia di spettatori. La giocatrice gli rispose a tono e la cosa venne evidenziata dalle telecamere. I due, ancora non molto tempo fa, ci avevano scherzato sopra: “Nick è così – disse la Sokolova – prendere o lasciare, e un allenatore del genere, che ti migliora, ti motiva, ti sta addosso cosa fai… non lo prendi?”
(Fonte: Heleznodorozhniy.ekaterinburg.rf)