di Stefano Benzi
Il mestiere che ho fatto per tanti anni mi ha concesso il privilegio di conoscere persone straordinarie, di poterle intervistare e raccontare. Nel 2000, lavoravo per Eurosport, andai a un torneo amichevole pre-Olimpico: c’erano gli azzurri, la nazionale della nuova repubblica di Yugoslavia (Serbia e Montenegro) coi fratelli Grbic che poi avrebbe vinto il titolo a Sydney e la Spagna.
Nella prima uscita la Spagna pasticcia; nella fase finale di un set con la squadra in netto vantaggio, persino Rafa Pascual commette alcuni errori abbastanza clamorosi al punto che finisce per innervosirsi. Miguel Angel Falasca lo avvicina, lo calma, e lo continua a servire: altri errori. Lozano dalla panchina decide che forse è il caso di cambiare il Matador, ma Falasca dal campo gli fa un cenno eloquente: “Ci penso io”. Altre due alzate e altrettanti errori di Pascual che poi schianta a terra il terzo pallone per frantumare il quarto nell’angolino del campo. Set. Il Matador si libera con un urlo disumano e Falasca, con calma, gli offre il palmo per un cinque.
La foto sotto il titolo (Mago è a destra, con la maglia da capitano della Spagna mentre incoraggia un giovanissimo Iban Perez) raccoglie un atteggiamento tipico di Mago: quando era in campo così come quando allenava – uomini o donne, indifferentemente – sapeva sempre come dare calma alla squadra, sapeva sempre come responsabilizzare senza creare tensioni.
A fine partita per la prima volta parlo personalmente con Falasca: “È bello – gli dico – quando l’alzatore in campo recupera un giocatore che sembra perso. Quasi meglio che fare l’allenatore”. E lui: “Essere alzatore significa avere spirito di servizio, il compito dell’allenatore è cambiare se le cose vanno male; il mio è fare in modo che nessuno venga cambiato e le cose vadano bene. A volte un giocatore in difficoltà ha solo bisogno di poter sbagliare senza sentirsi in colpa”.
Ho trovato questa dichiarazione di un’umanità straordinaria: l’altra notte mentre cercavo nel mio archivio quel vecchio nastro ormai smagnetizzato e il testo delle mie interviste di allora non ho potuto non pensare al fatto che Miguel Angel è stato proprio questo. Un uomo con grande spirito di servizio e la capacità di farsi ascoltare senza alzare mai la voce. L’ultima volta che sono venuto in arena mi offrì il caffè. Non ti devo solo un caffè, Mago. Dunque ti lascio quel vecchio nastro, ci sono anche Pascual, Lozano, Moltò e Valido. Avrei voluto parlare di volley molto di più fuori dallo schema, giornalista-allenatore. Mi avresti insegnato un sacco di cose.
Jean Cocteau ha detto “la tomba più nobile è essere sepolto nel cuore dei vivi”: ed è nel cuore che ti porteremo, per sempre.