Davide Mazzanti, traguardi azzurri e sogni a cinque cerchi: "La nostra crescita nasce dalla fiducia"

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Di Alessandro Garotta

“La forza del gruppo sta nel singolo, ma la forza del singolo sta nel gruppo”. Talmente tante volte è stata avvicinata questa frase alla pallavolo che ormai si è persa nel tempo la sua origine. E la metamorfosi della nazionale femminile italiana è avvenuta proprio sotto l’egida e la ripetizione incessante di questa frase, che ha portato le azzurre a definirsi prima di tutto come squadra. Perché se la mente percepisce come unico corpo un insieme di più persone, allora l’ingranaggio diventa perfetto. Un meraviglioso capolavoro di tecnica maneggiato fino al più piccolo dei sistemi da un “mastro orologiaio” che ha dimostrato da sempre di essere uno dei migliori in fatto di costruzione: il CT Davide Mazzanti.

Nel suo palmares da capo allenatore ci sono tre campionati nazionali, una Coppa Italia, due Supercoppe; poi, l’approdo sulla panchina della Nazionale, per ricostruire un orologio che non riusciva più a ticchettare nel modo corretto. E da buon mastro ha afferrato ingranaggi e cacciavite, non ha avuto paura di sperimentare, tantomeno di lasciar spazio a chi, al di là dell’età, era in grado di dare certezze e sicurezze a un quadrante pronto per essere riassettato. Così si è ritrovato per le mani un gruppo straordinario: ragazze d’oro diventate “terribili” al suono di quel continuo ticchettio di lancette che finora ha sempre spaccato il secondo.

Riavvolgiamo il nastro della sua esperienza da Commissario Tecnico. Come definirebbe i suoi primi tre anni al timone della nazionale?

È stato un percorso tosto, difficile, ma allo stesso tempo sorprendente. All’inizio c’erano tanti punti interrogativi, perché la nazionale doveva affrontare un cambio generazionale che avrebbe potuto richiedere un periodo di apprendimento e crescita più lungo. Invece, le ragazze sono state competitive da subito, riuscendo ad ottenere risultati molto positivi. Ora l’augurio più grande è di dare valore a tutte le cose fatte”.

Dalla cocente delusione dopo Rio alle medaglie dei Mondiali e degli Europei. Cosa è cambiato in questa nazionale?

La crescita della nazionale in questi tre anni deriva principalmente dalla fiducia, che è un concetto che non puoi spiegare a parole ma devi essere in grado di trasmettere, soprattutto a un gruppo così giovane. In particolare, il taglio delle senatrici ha messo le ragazze nelle condizioni di prendersi responsabilità importanti ed esprimere al meglio il proprio talento”.

Come si fa a gestire la pressione, dal momento che ormai tutti si aspettano grandi risultati dalle sue ragazze?

Bisogna rimanere focalizzati sulla prestazione, ovvero su come sono arrivati i risultati, non su quello che abbiamo ottenuto. Sembra che ad un buon risultato ne debba seguire sempre uno migliore, ma nello sport è tutto appeso ad un filo e non c’è nulla di consequenziale”.

Veniamo a Tokyo 2020. Come sarà la marcia di avvicinamento?

Divideremo il gruppo in due, uno di 12 giocatrici che resterà a lavorare in Italia e affronterà amichevoli di livello per preparare le Olimpiadi, e un altro di 14 che disputerà la VNL. L’obiettivo è di riuscire a mantenere l’asticella alta anche in questa competizione facendo, ogni settimana, qualche cambio con il nucleo che andrà a Tokyo”.

Le Olimpiadi limitano il numero di convocate a 12 atlete. In che modo questo fattore condizionerà le sue scelte?

Penso che sarà difficile fare a meno di alcuni elementi che hanno fatto parte di questo percorso; fondamentalmente dovrò decidere se portare tre o quattro centrali, valutando come la squadra possa essere più performante ed equilibrata.

Conta di recuperare Lucia Bosetti per l’estate azzurra e la rassegna olimpica?

Visti i tempi di recupero della sua operazione, non ci sono i margini per portare Lucia alle Olimpiadi”.

Paola Egonu è ormai una delle migliori giocatrici al mondo. Come può fare la nazionale ad evitare di diventare troppo dipendente dalla sua giocatrice simbolo?

Certamente Paola è il nostro terminale di riferimento, ma deve essere il sistema di gioco ad esaltare tutti gli elementi perché l’equilibrio di squadra non dipende dal singolo. Questo gruppo ha in sé un valore che va oltre ad ogni discorso tecnico: è relativo alle persone speciali che lo compongono, ed è ciò che fa la differenza nei momenti più importanti”.

La prossima settimana si assegnerà la Coppa Italia. Secondo lei, si confermeranno i valori visti in campionato?

Nelle partite che contano emergono i reali valori delle squadre, anche quelle che a inizio stagione hanno avuto un rendimento discontinuo e alcune difficoltà a trovare il ritmo. Credo che già ai quarti vedremo diverse partite equilibrate e aperte a tutti i risultati; poi, nella Final Four, i valori si assottiglieranno sempre di più perché c’è in palio un trofeo e si fa sentire la pressione per il risultato”.

Qual è il suo ricordo più bello legato a questa competizione?

La Coppa Italia è stata la prima vittoria importante della mia carriera. Ricordo che ero secondo allenatore a Bergamo e riuscimmo a ribaltare una finale in cui eravamo sotto 14-10 al tie break. Fu una gioia immensa, anche per il modo in cui era arrivato quel successo”.

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