Di Redazione
È stato spesso al centro delle cronache non solo per la sua carriera pallavolistica fatta di vittorie e di soddisfazioni, bensì per l’uomo e la voce che è stato capace di imprimere alle sue battaglie, in primis quella riguardante il diritto alla festività del Natale. Succede infatti che Davide Saitta lo scorso anno scriva una lettera direttamente al Pontefice perché la sua squadra, la Consar Ravenna, è costretta da impegni di calendario a giocare in data 25 dicembre contro la Itas Trentino. Nessun diritto quindi per gli atleti delle due squadre di trascorrere la festività con le proprie famiglie in un giorno, che è anche sofferenza per chi in quelle giornate è costretto dal campionato a dover scendere in campo:
“Molti mi ricordano per questa battaglia e devo dire che il risultato è stato inaspettato. Papa Francesco ha risposto al mio appello mostrandomi la sua vicinanza e il suo appoggio. Conservo la risposta tra le cose più care e sono grato a coloro che gli hanno fatto ascoltare la mia voce e la mia richiesta”.
Per molti suoi colleghi il Natale è una festività come altre. Lei ne ha evidenziato in primis il carattere religioso.
“Indipendentemente dal significato che può avere per chi possiede una fede cristiana o meno, è un appello che ho reputato fare perché come atleta e professionista di questa disciplina sento l’esigenza di trascorrere le festività del Santo Natale con la mia famiglia, andando a messa, e celebrando ciò che la mia religione professa. Non vuole essere un sottrarsi agli impegni previsti dalla pallavolo, bensì un diritto che molti lavoratori hanno ottenuto col tempo”.
Posso chiederle se il suo rapporto con la fede è stato oggetto di critiche o di malcontento negli anni scorsi?
“Assolutamente no. C’è stata una fase giovanile in cui la mia esigenza è stata oggetto di scherno da parte di qualche compagno di scuola o delle giovanili, ma nell’ambito dell’innocenza. Quindi non ci sono mai rimasto male per questo”.
C’è stato qualche fattore o accadimento che le ha fatto incontrare la fede?
“La famiglia. Faccio semplicemente parte di una famiglia cristiana, che crede in Dio e in Gesù Cristo morto e risorto, e che sulla base di questo ha fondato l’educazione dei suoi quattro figli. Ed io spero di essere allo stesso modo un buon esempio per i miei figli”.
Intanto congratulazioni. Qualche giorno fa è diventato padre di Giuseppe, il secondogenito di casa Saitta.
“La ringrazio. Mi spiace non avere la possibilità di stare di più con lui e col resto della famiglia, ma di comune accordo abbiamo deciso che mia moglie Nicoletta rimanga a Brolo con Noemi e Giuseppe e i nonni. Ho avuto il permesso della società di partire dopo la partita di Modena e di andare a trovarlo, anche se con le misure Covid ho potuto vederlo solo alla sera dall’incubatrice. Tutto ciò non ha tolto però l’emozione del momento”.
Veniamo a Vibo e al perché di questa scelta.
“Il mio progetto a Ravenna si è concluso senza strascichi, ma con la fortuna di aver militato per due anni in una bellissima realtà. Il presidente Callipo mi ha cercato e voluto, e sono molto contento di aver scelto Vibo perché è una realtà altrettanto bella, fatta da un uomo, Pippo Callipo, che vuole molto bene alla pallavolo e che per questo sport ogni anno cerca di fare il massimo”.
Vibo è una squadra dalle mille incognite ogni stagione. Saitta potrebbe essere l’uomo della Provvidenza?
“(ride, n.d.r.) Ci sono anni in cui, come tante squadre non di vertice, ha fatto più fatica ad imporsi ma ha sempre fatto delle ottime squadre. Quest’anno penso di far parte di una squadra tutt’altro che sottovalutabile. Lo abbiamo dimostrato nella partita con Milano, ma penso sia in generale il leit motiv di tutto il campionato. È un tutti contro tutti in cui le sorprese possono arrivare ogni domenica. Adesso ci aspettano sfide importanti e già nei prossimi incontri avremo degli scontri diretti con le nostre concorrenti”.
Ha dichiarato che lei ala lotta per la salvezza non crede.
“No non sono uno che condanna una squadra solo perché non sta tra le prime quattro della classifica. Vibo ha enormi potenzialità così come Padova, Verona, Ravenna hanno allestito squadre competitive. Pensiamo a Verona che a Trento ha fatto una partita stupenda. Capisco che Civitanova, Trento, Perugia e Piacenza hanno fatto un grande mercato, ma il resto della Superlega non è stata certo a guardare”.
Nella gara contro Milano ha esaltato Aboubacar e Chinenyeze. A Ravenna ha fatto la stessa cosa con Russo e Rychlicki.
“Non avevano bisogno di me, perché i giocatori che mi ha nominato sono dei grandi talenti. Detto questo il mio ruolo è anche quello di valorizzare delle individualità. Se qualcuno col mio lavoro è riuscito poi ad emergere, mi fa solo che piacere. C’è tanto merito nella carriera di questi ragazzi“.
Le piacerebbe rimanere nell’ambiente e magari diventare una guida per i giovani di domani?
“Sì, ma è troppo presto per pensare al futuro. Io sono uno ancorato al presente. Qualche pensiero anni fa lo feci, anche perché mi piacerebbe far fruttare la mia laurea e i miei studi. Penserò però tra qualche tempo al come e al quando”.