Supercoppa a Perugia, per il terzo anno di fila, per la sesta volta nelle ultime otto edizioni. Verrebbe da pensare ‘anno nuovo, stesso copione’, ma quanto visto nella due giorni di Firenze porta a pensare che per la Sir ripetere il filotto della passata stagione non sarà né semplice né tantomeno scontato.
Certo è che la squadra umbra ha un asso nella manica che manca nel mazzo di tanti altri top club: la mentalità, il killer instinct. I giocatori della Sir dicono che il merito sia di Lorenzetti, Lorenzetti nega (per modestia), ma i fatti danno ragione ai primi: dal suo arrivo questa squadra, a livello mentale, ha fatto uno switch importante, passando dall’essere la prima avversaria di se stessa alla montagna da scalare per tutte le altre.
Il blocco è rimasto granitico, i nuovi innesti sono di valore assoluto. Ishikawa ha già mostrato quale contributo e soluzioni diverse può dare alla squadra, in attacco ma anche in ricezione. Loser è ancora in rodaggio, ma Giannelli saprà sicuramente metterlo presto in ritmo.
Ne sa qualcosa Trento. Stampare la bellezza di 18 muri vincenti a Perugia, di cui 16 nei soli primi tre set, non è cosa che siamo abituati a vedere, eppure non è bastato. Così come non è bastato metterla alle corde con il servizio.
Contro i Block Devils bisognerà giocare sempre la partita perfetta, e poi sperare che ci mettano anche del loro. Così, forse, potrebbe anche essere una squadra battibile, sempre che non riesca nel mentre a trovare soluzioni ai problemi come fatto proprio in finale di Supercoppa.
Passando alle rivali, due delle più accreditate si sono viste proprio a Firenze. La squadra di Fabio Soli è senza dubbio in cima alla lista, resa ancor più ‘quadrata’ dagli arrivi di Flavio, prestazione monumentale la sua contro i suoi ex compagni, ma anche di Gabi Garcia che si è fatto subito trovare pronto dopo l’infortunio di Rychlicki mettendo a referto 24 punti (top scorer del match) con una disinvoltura, una ferocia agonistica e una consapevolezza tecnica da stropicciarsi gli occhi.
Muri ed ace faranno la fortuna dell’Itas, passando per un gioco ormai a ‘memoria’ tanto in attacco quanto in difesa con i vari Michieletto-Lavia, Laurenzano e le mani fatate di Sbertoli.
Al di là del risultato in semifinale, poi, siamo rimasti positivamente impressionati dal potenziale di Piacenza. È vero, lo diciamo subito: Piacenza e potenziale sono due parole che vengono associate già da qualche anno a inizio stagione, ma Brizard-Romanò, Maar-Kovacevic, Simon-Galassi e Scanferla libero sono uno starting seven che solo a leggerlo fa un certo effetto.
Magari è un roster con poca profondità, fatta eccezione per Bovolenta che al suo primo anno di Superlega siamo certi farà bene quando chiamato in causa, ma se questa squadra inizia a suonare senza stonare saranno dolori per tutti.
Due, forse, gli unici tarli che Piacenza dovrà risolvere. Il primo riguarda coach Anastasi e i finali di stagione. Il valore, l’esperienza, il carisma dell’allenatore non si discutono, ma i black-out delle sue squadre sul più bello, nel suo ultimo anno a Perugia e nel suo primo proprio alla Gas Sales Bluenergy, sono un fatto. Se la cosa si ripetesse ancora diventerebbe una (brutta) regola.
Il secondo riguarda Galassi e le sue battute. Anche a Firenze il centrale dalla linea dei nove metri ha continuato il trend negativo cominciato in estate con la maglia azzurra, nonostante la più che positiva stagione a Monza in questo fondamentale.
5 errori su 12 tentativi non sono un dramma, c’è chi ha fatto anche peggio, ma nel suo caso rischiano di innervosirlo, di deconcentrarlo, di togliergli lucidità e serenità in partita. Lo vogliamo sottolineare ancora, i suoi errori in battuta non sono e non saranno determinanti nell’esito di un match, ma mentalmente potrebbero diventare per lui un ostacolo alla performance, e questo non deve accadere. Stiamo parlando comunque di uno dei migliori al mondo nel suo ruolo, e su questo non si discute.
Infine due riflessioni sulle parole pronunciate ai nostri microfoni da Gino Sirci, patron di Perugia. “Le donne hanno meritato l’oro, ma la pallavolo maschile è più spettacolare” il succo del suo discorso (QUI il video integrale). Un discorso che, come prevedibile, ha sollevato un polverone, ma in fin dei conti cosa avrà mai detto Sirci?
Nel mondo della pallavolo sono in tanti, anche insospettabili, che la pensano allo stesso modo ma non lo dicono mai davanti a un microfono aperto. Sirci lo ha fatto e solo per questo andrebbe rispettato, come bisognerebbe sempre rispettare l’opinione altrui. Poi ovvio, sul concetto, sul pensiero in sé, si può essere d’accordo o meno.
Per noi, ad esempio, chiedere a qualcuno se gli piaccia di più la pallavolo maschile o quella femminile è come chiedere se preferisca il dolce o il salato. Ci sono persone che hanno una preferenza precisa, altre, come noi, che sono golose sia dell’uno che dell’altro. Indistintamente.
Di sicuro è sbagliato parlare di due sport diversi. La pallavolo è una, il modo di giocarla di uomini e donne forse era estremamente differente quindici o vent’anni fa, ma oggi è tutta un’altra storia e alle Olimpiadi forse qualcuno si sarà ricreduto.
Ma perché Sirci ci ha tenuto così tanto a mettere l’accento su questo tema? Durante la nostra intervista abbiamo pensato per un momento che potesse essere una polemica sulla medaglia mancata dalla nazionale maschile, ma, lo diciamo a chiare lettere per onestà intellettuale e dovere di cronaca, Sirci la nazionale maschile non l’ha mai menzionata.
Piuttosto ha parlato di visibilità che sta avendo la pallavolo femminile grazie al successo olimpico. Dunque il problema, tra virgolette, sarebbe una sorta di invidia per la sovraesposizione, l’hype generato dalla medaglia d’oro dell’Italdonne? Ma non era accaduta la stessa cosa ai ragazzi di De Giorgi dopo la doppietta Europeo-Mondiale?
Se è questa la sua preoccupazione, ovvero un rischio di “offuscamento”, crediamo che Sirci non abbia nulla da temere. Se c’è uno sport che gode di pari popolarità, visibilità, attenzione da parte degli sponsor, sia al maschile che al femminile è proprio la pallavolo.
La nostra, come altre testate specializzate, “verticali” sul volley, ovviamente non fa distinzioni, ma lo stesso avviene anche sui maggiori quotidiani sportivi e persino in Tv e sulle piattaforme streaming che accendono le proprie telecamere in egual misura tanto sui campionati di Superlega e Serie A1 quanto sulle competizioni europee per club e quelle delle nazionali.
Dunque ben venga la sovraesposizione ora del volley maschile, ora di quello femminile. Ma ricordiamoci sempre che prima di maschile e femminile viene sempre la parola volley/pallavolo, la cosa che dovrebbe importare di più è solo questa.
Oggi per una medaglia d’oro, tutti gli altri giorni perché questo è uno sport diverso da tutti gli altri in questo Paese. Uno sport sano e valoriale, dove nei palazzetti ci vanno le famiglie, i bambini, uomini e donne di tutte le età che entrano col sorriso ed escono col sorriso. Che oggi magari vanno a vedere una partita di Superlega e la settimana dopo una di Serie A1. Questa è la pallavolo. Viva la pallavolo.
Di Giuliano Bindoni