Di Alessandro Garotta
“Questo è un prospetto interessante“, “Ecco la giovane promessa“, “Sentiremo parlare di lei“, “È il futuro di quella squadra“. Siamo sinceri: quante volte abbiamo sentito esprimere questi concetti? Tante, forse anche troppe. Spesso ci si azzecca a ragion veduta, in altre occasioni il tempo dimostra che trattasi solo di retorica.
Adesso con la stessa autenticità rispondiamo a quest’ulteriore quesito: di tutte le giovani con un apparente e roseo futuro, con che frequenza udiamo di un prospetto per il futuro il cui eco riecheggia anche nel presente? La questione si fa più complicata perché “la ragazza deve crescere” e “gettarla subito nella mischia potrebbe bruciarla“. Quando, però, ci si trova davanti alle predestinate, tali ragionamenti lasciano il tempo che trovano. Ed Ekaterina Antropova, fresca di rinnovo con la Savino Del Bene Scandicci, è uno degli esempi più lampanti che offre la Serie A1 femminile. Ecco la nostra intervista esclusiva alla giovane opposta.
È andata in archivio una stagione in cui Scandicci ha conquistato la Challenge Cup e raggiunto le semifinali nei Play Off Scudetto. Le va di tracciare il bilancio di quest’annata?
“La mia prima stagione alla Savino Del Bene è stata molto positiva. Abbiamo ottenuto ottimi risultati, anche se ci dispiace per la sconfitta in semifinale contro Conegliano. Ci abbiamo creduto fino in fondo, ma non è bastato. Dovremo ripartire da qui per la prossima stagione, con l’obiettivo di arrivare ancora più in alto“.
Quali emozioni ha provato a sollevare il suo primo trofeo?
“Qualcosa di indescrivibile! Già la gara di andata della finale a Tenerife era stata molto emozionante, perché non mi era mai capitato prima di giocare in un palazzetto così grande e davanti a un pubblico così caloroso. Probabilmente lì mi sono resa conto per la prima volta dell’importanza di queste partite. Ovviamente è stato incredibile anche giocare davanti ai nostri tifosi in occasione del ritorno: non hanno mai smesso di sostenerci e perciò questa è stata anche la loro vittoria. All’inizio non ci credevo, ma quando ci hanno chiamato sul palco per la premiazione e ho ricevuto la medaglia, ho realizzato ciò che avevamo appena fatto. Porterò questo trionfo per sempre nel mio cuore. Sono molto felice anche per il titolo di MVP… Non me lo aspettavo!“.
Il trionfo in Challenge Cup è arrivato dopo un percorso perfetto. Qual è stato il vostro punto di forza?
“Forse avremmo potuto lasciare per strada qualche set in meno, ma alla fine quello che conta è vincere le partite. Credo che il nostro punto di forza sia stato il gioco corale: si è visto soprattutto verso la fine della competizione, quando abbiamo trovato il giusto equilibrio e siamo riuscite a giocare con un buon ritmo“.
Invece cosa vi è mancato nella semifinale Scudetto con Conegliano?
“Quando si affronta una squadra come Conegliano è necessario dare qualcosa di più rispetto al solito. Ovviamente non si può provare un colpo nuovo in partita o iniziare a saltare più in alto, ma come minimo bisogna limitare il numero degli errori e tenere un servizio di alto livello. Alla fine, rimane l’amaro in bocca per le sconfitte e l’eliminazione dai Play Off, però sono abbastanza contenta di quello che siamo riuscite a fare, soprattutto in Gara 2: abbiamo preparato bene questa partita, dimostrato di avere imparato dagli errori della sfida precedente e trovato il giusto ritmo. Ci è mancato qualcosa, ma non abbiamo regalato nulla alle nostre avversarie“.
Ha dato la percezione di essere dominante alla sua prima stagione in Serie A1. Se l’era immaginato così, l’impatto con la nuova categoria? Quando ha capito di essere pronta per giocare da titolare?
“Sono soddisfatta del mio primo anno in A1, soprattutto perché ho capito di poter giocare in questa categoria. Fin dall’inizio ero pronta a entrare in campo e dare il mio contributo, ma non mi ero posta l’obiettivo di diventare titolare. Poi, però, ho visto che ero in grado di esprimermi a buoni livelli con una certa costanza, e così mi ritrovavo sempre più spesso in campo: stava a me dimostrare che l’allenatore aveva ragione a puntare su di me. La chiave è stata lavorare duramente in palestra, confrontarmi con lo staff tecnico e imparare cose nuove dalle compagne più esperte“.
Si è sentita la trascinatrice della Savino Del Bene in qualche momento?
“Non mi sono sentita la trascinatrice e non ho avvertito alcun tipo di pressione. Vedo la pallavolo come uno sport di squadra. Magari ci può essere una giocatrice che segna un maggior numero di punti, ma non va dimenticato che prima c’è qualcuno riceve, difende o alza. Per vincere le partite non basta solo avere un’attaccante che fa tanti punti. Infatti, le nostre migliori prestazioni sono arrivate quando abbiamo espresso un bel gioco corale“.
Come ha vissuto le settimane in cui non poteva scendere in campo per i problemi di tesseramento? Come si è risolta la questione?
“Sicuramente sono state le settimane più difficili della mia stagione. Non è bello allenarsi o partecipare alle trasferte senza poi poter scendere in campo con le proprie compagne. È stata dura seguire le partite della squadra dalla tribuna o dietro al campo con gli scout e gli addetti stampa… Percepivo sensazioni completamente diverse dal solito. Comunque ho imparato tanto da questa vicenda e ora sono in attesa della decisione definitiva (dopo che è stato presentato il ricorso per ottenere la cittadinanza sportiva italiana, n.d.r.)”.
Le piacerebbe giocare per una nazionale in futuro?
“In generale, mi sento russa, visto che ho vissuto in Russia per 15 anni. Tuttavia, a livello sportivo, mi considero italiana perché ho acquisito la maggior parte delle competenze pallavolistiche in Italia: credo sia giusto nei confronti di tutte le persone che mi hanno aiutata a crescere come giocatrice. Perciò, in futuro mi farebbe molto piacere giocare per la nazionale italiana“.
Ha già fissato i suoi obiettivi per la prossima stagione?
“Come sempre cercherò di dare il massimo e dimostrare di essere migliorata rispetto alla stagione precedente. Per quanto riguarda la squadra, prima di tutto dovremo cercare di costruire un bel gruppo, in modo da avere una buona base di partenza per raggiungere il livello più alto possibile. Di solito, non mi pongo obiettivi in termini di risultati o trofei perché se la squadra dimostra di essere unita e coesa le vittorie arrivano di conseguenza“.
In chiusura dell’intervista, ci racconta com’è Kate Antropova fuori dal campo? Quali sono le sue passioni?
“Fuori dal campo sono quasi un’altra persona. Per esempio, quando mi interfaccio per la prima volta con persone che non conosco, potrei sembrare abbastanza timida. Però, una volta presa confidenza, mi apro di più. Amo viaggiare e andare alla scoperta di posti nuovi, da sola o insieme ai miei amici. Mi piace leggere e sono appassionata di fotografia e lingue… Come puoi sentire, sono riuscita anche a imparare l’italiano!“.