Di Alessandro Garotta
Provare emozioni forti è fondamentale. Quasi vitale. Le sensazioni emotive sono il carburante della vita, ciò che ci rende vivi e che ci permette di imprimere per sempre un determinato attimo nella nostra memoria. Sentimenti a parte, un altro importante aedo di emozioni è lo sport. In particolare, per chi segue la pallavolo, sostenere la nazionale o assistere ai big match che offrono la Superlega e la Serie A1 è un appuntamento immancabile. Tuttavia, se non sussiste la possibilità di presenziare al palazzetto, c’è chi con competenza, impeto caratteriale, ma soprattutto con la sua voce entra nelle nostre case: il telecronista.
Citazioni, spiegazioni tecniche e frasi di commento alle azioni di gioco di questi portatori sani di emozioni sono passate alla storia e riportano alla mente bellissimi ricordi per coloro che le hanno vissute. Un esempio lampante della forza emotiva di questa figura è Fabrizio Monari, preparatissimo giornalista e telecronista, che ha gentilmente concesso ai microfoni di Volley NEWS una chiacchierata su molte tematiche.
Da diversi anni ormai è impegnato nell’appassionante lavoro di telecronista. Qual è stato il suo percorso formativo?
“Sognavo di fare questo lavoro già da bambino quando giocavo a calcio e a pallavolo e commentavo le partite che trasmettevano in televisione. Ho esordito come radiocronista a Radio Bruno, storica detentrice dei diritti del volley, dopo un percorso di piccole collaborazioni durante gli studi universitari. Nel 2015, qualche anno dopo il mio approdo a Sky, Stefano Locatelli mi chiamò per fare le telecronache della World Cup, a cui poi sono seguite la Champions League, la VNL su Eurosport e recentemente il Mondiale per Club. Nel frattempo, continuo a commentare le partite di Modena sul canale speaker Uno Volley”.
Quali sono le regole per una telecronaca perfetta?
“Un telecronista non deve mai scordarsi qual è la sua funzione principale, ovvero quella informativa: lo spettatore vede quello che succede, ma ha bisogno di una spiegazione. In secondo luogo, è fondamentale una preparazione meticolosa: l’idea è di arrivare davanti al microfono con un plico di appunti, che non bisogna mai guardare, se non con un’occhiata ogni tanto. C’è anche un fattore innato, soprattutto per quanto riguarda la capacità di parola e l’empatia emotiva”.
Come funziona il processo di ricerca di storie e fonti prima di una partita?
“La difficoltà è diversa a seconda dello sport di cui ci si occupa. Per esempio, nel calcio c’è a disposizione una quantità di dati e materiale video elevato anche per le squadre meno in vista. Nella pallavolo, invece, la ricerca è molto più complicata perché i siti internazionali degli eventi sono abbastanza poveri di informazioni e perciò bisogna affidarsi ai canali social dei giocatori. L’aneddotica ce la si costruisce anche con i contatti interpersonali, soprattutto con scoutman che sono andati all’estero e conoscono bene determinati atleti”.
La telecronaca in che direzione sta andando dal punto di vista del linguaggio?
“Il linguaggio ha una deriva non controllabile e bisogna accettare il fatto che si trasformi indipendentemente dai propri gusti. Per esempio, apprezzo molto Paolo Cozzi, che ho scoperto di recente come spalla tecnica, per la sua capacità di usare un linguaggio simile a quello dei social: sembra quasi fare gli emoticon con la voce durante le telecronache”.
E per quanto riguarda il ritmo?
“La pallavolo è uno sport che si può commentare in due stili: in ‘levare’, quasi senza mettere la voce nell’azione di gioco, oppure in modo serrato, come se fosse basket o calcio. Io sono del secondo partito: per me la pallavolo è uno sport psicologico e di grande partecipazione emotiva, da commentare in modo ritmato”.
Quanto è importante l’aiuto della “spalla tecnica” nel racconto di una partita?
“È fondamentale, perché permette di dare alla telecronaca un grado di approfondimento eccezionale. In particolare, la spalla tecnica deve sviluppare la capacità di riassumere un’azione di gioco in un dettaglio, senza spiegare tutto quello che è successo, e interagire bene con la prima voce. Deve essere una chiacchierata, perché ci possono essere dei momenti in cui non accade nulla di sensazionale, ma bisogna tenere sempre viva l’attenzione del pubblico in attesa che arrivi il gran finale o il momento clou”.
Ha commentato le partite delle squadre italiane al Mondiale per Club. Qual è stato, secondo lei, il momento più emozionante?
“È facile rispondere il terribile tie break tra Conegliano e VakifBank, perché non capita tutti i giorni di vedere una rimonta dal 10-14 e 12 match point complessivi, oltre a una prestazione eccezionale di Paola Egonu. Probabilmente a Shaoxing abbiamo assistito a quello che tra qualche anno potremo considerare il punto di svolta nella sua carriera. Credo sia stato emozionante anche il percorso di Novara, che si è dimostrata all’altezza delle big mondiali giocando con tenacia e non mollando una palla”.
Conegliano e Civitanova sul tetto del mondo, senza dimenticare i successi nelle competizioni europei delle nostre squadre nella scorsa stagione. Eppure sembra esserci sempre una certa reticenza da parte dei media nazionali a parlare di questo sport. Cosa ne pensa?
“Per la pallavolo è inevitabile che l’attenzione sia concentrata sugli eventi più importanti come le Olimpiadi e i Mondiali. Fa parte della nostra tradizione: gli sport che riescono a trascinare maggiormente il pubblico, indipendentemente dal singolo exploit, sono il calcio e il ciclismo. In altri paesi, come la Polonia, forse è diverso. Per quanto riguarda le nostre squadre di club, va detto che nel 2019 sono arrivate 5 coppe europee e 2 Mondiali per Club, che hanno permesso loro di attirare attenzioni anche dai media che non sono particolarmente affezionati al volley. In generale, però, dobbiamo accettare che il traino sarà sempre della nazionale”.
2020, anno delle Olimpiadi. Come arrivano le nostre nazionali all’appuntamento di Tokyo? Cosa ci dobbiamo aspettare?
“Per le nazionali italiane è stato importante evitare di giocare i tornei di qualificazione di gennaio, visto l’epilogo drammatico soprattutto del preolimpico maschile. Credo che le ragazze di Mazzanti siano ormai una squadra di sistema, molto solida e pronta a disputare una grande rassegna olimpica. Se poi il rapporto di forza tra Egonu e le altre top player è quello visto al Mondiale per Club, l’Italia ha un’arma in più. Invece, il gruppo di Blengini vive la sua ultima opportunità. Si tratta di una squadra che ha conservato, rispetto al ciclo di Rio, la capacità di fare singoli exploit; temo, però, che abbia qualche difficoltà a ripetersi con costanza su alti livelli di gioco. Sono convinto che se Kovar starà bene e parteciperà alle Olimpiadi, l’Italia potrebbe fare un salto in avanti avvicinandosi alla Polonia, che è la favorita d’obbligo”.