Di Redazione
Lucio Fusaro è consapevole che non è certo questo il momento di alzare bandiera bianca.
Il presidente del Powervolley Milano, intervistato da Settegiorni Magenta Abbiategrasso fa il punto della situazione partendo dalla sospensione dei campionati: «La mia posizione è stata chiara sin da subito da quando proposi di consegnare lo scudetto nelle mani del Presidente della Repubblica, Mattarella, affinché lo attribuisse ai veri Campioni d’Italia: medici, infermieri, e Protezione Civile. Nella riunione di Lega, 11 club su 13 avevano optato per la ripresa del campionato, pur considerando situazioni di oggettiva difficoltà.
Un esempio: Milano non avrebbe mai potuto giocare a Vibo Valentia. Sia perché per i calabresi siamo considerati alla stessa stregua degli untori. Sia perché la Calabria ha chiuso in confini. Alcuni club, quelli di alta classifica con interessi legati agli sponsor, chiedono di poter giocare i play off ma facendo la conta, sono solo quattro le squadre che scenderebbero in campo.
Fusaro poi si rammarica: “Potevamo dare un grande e positivo segnale al mondo ed invece abbiamo dato l’immagine di uno sport nel caos. C’è il forte rischio che la nostra reputazione venga messa in dubbio”.
Quando tutto sarà finito, che pallavolo sarà? «Sarà una pallavolo completamente diversa, perché differenti saranno i punti di partenza. Come si giocherà? Porte aperte o porte chiuse? Mascherine o no? E gli sponsor? Gli abbonamenti? È un grosso punto interrogativo che parte da una semplice ma essenziale considerazione: lo sport lancia messaggi forti ed importanti sotto ogni punto di vista: aggregazione, rispetto, lealtà, altruismo, forza d’animo… Oggi però non sono messaggi prioritari rispetto ad altri fondamentali ambiti: sociale, economico e sanitario in primis. Questa è una guerra che stiamo combattendo contro un nemico invisibile, sconosciuto e che difficilmente si arrenderà».
Come riuscire nell’intento di andare avanti? «Imporsi una conduzione societaria diversa. Schierare solo giocatori italiani potrebbe essere un primo passo per il necessario contenimento di costi già difficili da sostenere prima che scoppiasse l’epidemia. La pallavolo trasmette valori, ma non è il calcio che rappresenta una delle principali voci del PIL nazionale. Bisognerà fare i conti con una realtà complessa: lo sport in generale, pallavolo compresa, non potrà sentirsi esente da quello che succederà nella quotidianità. Il concetto «praticare sport fa bene”, in questa circostanza specifica è retorico. Le risorse necessarie non saranno destinate a ciò che fa bene, ma ai servizi essenziali: sanità, aziende, mondo del lavoro».