Gabriele Nelli: “La Russia ti tempra, e non solo per il freddo!”

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Di Roberto Zucca

Da Belgorod con furore. Nonostante una dodicesima (terzultima) posizione in classifica che non soddisfa la sua carica emotiva e di gioco, Gabriele Nelli traccia un bilancio tutto sommato positivo dell’esperienza nella Superleague russa con la maglia del glorioso Belogorie Belgorod:

Era un’esperienza di cui sentivo il bisogno. Non è solo il freddo a temprarti, ma anche lo stesso fatto di giocare all’estero che ti mette nella condizione di dover combattere una battaglia in solitaria. Questo era un anno particolare per tutti noi, non solo perché era una stagione pre-olimpica, bensì perché con il Covid-19 si rischiava di giocare un altro campionato a metà come lo scorso anno”.

Era l’anno giusto per emigrare, Nelli?

Nel mio caso, sì. Certo, stare lontano dalla famiglia, dalla mia Florinda, dal mio amatissimo cane era una sfida non facile. Ma ognuno si è preso a cuore i propri obiettivi e abbiamo deciso di tuffarci. Florinda ha accelerato con gli studi, io sono in un campionato che sotto alcuni aspetti mi ha forgiato il carattere ancora di più e tra noi c’è un sostegno quotidiano”.

Si aspettava qualcosa di più da questa prima parte di stagione?

Le direi una bugia se dicessi di no. Ma la squadra ha trascorso un periodo caratterizzato dai frequenti contagi da Covid-19 e siamo stati fermi più di venti giorni. In più il cambio di allenatore è sempre un processo che va interiorizzato, perché la squadra deve ritrovare l’impostazione e la continuità a cui è abituata. Abbiamo fatto alcuni buoni risultati, cito la vittoria con Kazan su tutte, e da qualche settimana cerchiamo di ritrovare risultati positivi”.

Foto Instagram VC Belogorie

In questi giorni si parla di un mercato russo molto frizzante. Lei resterebbe a Belgorod?

Direi che è presto per parlarne, anche perché la stagione è ancora in corso. Se ci fosse la possibilità di restare nel campionato russo lo considererei molto volentieri”.

Con gli altri italiani capita di parlarsi o vedersi?

“Compatibilmente con gli impegni del campionato, mi ha fatto molto piacere vedere Ivan Zaytsev durante lo scontro con Kemerovo, e siamo riusciti anche a fare una cena tra italiani. Idem con il secondo allenatore della Dinamo Matteo De Cecco. Lei deve immaginare, e non credo sia una considerazione banale, che poter parlare in italiano con i tuoi connazionali non è cosa semplice qui, soprattutto di persona. Quindi ogni occasione è buona per stare qualche oretta e raccontarsi un po’”.

Con i compagni di squadra?

Vado molto d’accordo con Borovnjak, che alloggia nel mio stesso complesso, e con Tetyukhin, che con suo padre ha respirato un’aria europea. Ormai mi sono abituato ai ritmi di questo paese e alla mia vita in hotel, che è una gran bella comodità”.

Fonte: FIVB

Mi racconta un pochino la vita a Belgorod?

Tanto albergo, qualche giro al centro commerciale e molto allenamento. Le trasferte sono lunghe e quindi dobbiamo sempre mantenerci pronti per affrontarle. Le temperature ogni tanto le ha viste nelle mie storie sui social. Diciamo che non sono proprio da tropici”.

Prossimi obiettivi?

Sicuramente migliorare la posizione in classifica. Il nostro tecnico dovrebbe tornare a giorni in palestra e cercheremo anche noi di riconquistare punti preziosi. A livello individuale, vorrei concludere questa prima stagione con una buona prova complessiva. È il primo anno, chissà non ce ne possano essere altri qui!”.

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Stephen Maar tra passato, futuro, famiglia (si sposa) e Trento: “L’avversaria peggiore, ma…”

Sale in Zucca

Prendi un ragazzo di 22 anni che arriva in Italia, a Padova, direttamente dal Canada. Capisci subito che ha un’energia speciale, fatta più di quello che non è ancora, ma che saltuariamente ti mostra in campo, che di quello che poi sarà il suo vissuto negli anni successivi. Questo ragazzo fa un percorso, articolato tra alcune delle piazze più importanti della Superlega, parliamo di Verona, Milano, Cisterna. Arriva a Monza, gioca dei playoff meravigliosi e una finale Scudetto contro pronostico, tra esplosioni di gioia, rabbia agonistica, palloni che pensi possano saltare per aria e un tormento interiore, che è la sua cifra. 

L’arrivo a Piacenza di Stephen Maar è forse l’ultima fase di questa evoluzione complessa, durata otto anni (per la parentesi russa alla Dinamo Mosca ci arriviamo) e nella quale lo schiacciatore oggi tira qualche somma, un po’ perché a trent’anni tutto appare più chiaro, tutto prende una forma diversa, e forse perché si è pronti per essere ciò che veramente si vuole essere da grandi, con o senza la pallavolo davanti:

“Ho trovato la mia tranquillità, il mio mondo. Per tanti anni sono andato avanti, girando il mondo e vivendo anni molto intensamente. Per la prima volta quest’anno la mia famiglia avrà la priorità rispetto a tutto e in estate voglio spendere un po’ di tempo assieme a loro”.

 
 
 
 
 
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Ha annunciato il matrimonio con la sua compagna Molly Lohman, pallavolista, solo qualche settimana fa. Vi sposerete in Italia?

“Le ho chiesto di sposarci in un pomeriggio sul Lago di Garda. Ma per ora non abbiamo i dettagli precisi anche perché dobbiamo incrociare le agende e i programmi. Adesso che mi fa pensare, sarebbe proprio bello se ci sposassimo in Italia (ride n.d.r.)”.

Anche perché l’Italia è stata la sua fortuna Maar. Ma anche per noi averla nel campionato italiano.

“Un bel viaggio, lungo otto stagioni, che comprende anche la mia parentesi russa. Ho giocato in tantissime città e ho considerato casa ogni luogo in cui sono stato. Ognuno di quei luoghi mi ha lasciato qualcosa, dalle persone, alle esperienze”.

Quella che ricorda per un motivo particolare?

“Credo Cisterna. È stato un anno molto particolare, dopo Milano e prima della proposta di Monza, dove poi ho trascorso tre anni della mia vita. Era un contesto molto piccolo, una città molto vivibile e una squadra capitanata da Fabio Soli e da uno staff, ricordo su tutti Gioele Rosellini, con cui ho lavorato molto bene. La pallavolo era seguitissima ed è stata la prima volta in Italia in cui le persone con cui avevo a che fare nella quotidianità, parlo magari del panettiere o dei ragazzi o ragazze che trovavo al supermercato, poi le ritrovavo sugli spalti a tifare la domenica”.

Si ricorda il Maar di Padova invece? Arrivato con tante novità a Padova? 

“Ricordo una squadra completamente nuova, che fece un inizio di campionato incredibile. Peccato perché poi ci siamo persi durante l’anno. Ma ripeto, la casa per me è ovunque in Italia”.

Ora la casa è Piacenza. Un anno che è stato letteralmente una montagna russa.

“Un anno in cui questo weekend cominceremo un importante semifinale contro Trento, e a cui teniamo davvero molto”.

Dall’arrivo di Travica, Piacenza sembra avere una luce nuova.

“Ogni cambio porta con sé uno scossone, o meglio, una reazione. Il periodo di difficoltà precedente ci ha fatto riflettere e c’è stata come pensavo e dicevo una reazione da parte di tutti. Ora tutti ci crediamo un po’ di più. Certo, Trento è l’avversaria che nessuno vorrebbe ritrovare in semifinale, anche perché è stata la migliore della regular season. Io ora non penso più a chi mi ritroverò di fronte, ma a come lo affronterò”.

foto Gas Sales Bluenergy Piacenza

La affronterà, mi permetto di dire in una condizione mentale diversa.

“Cosa intende?”

La rivedo in campo con una serenità che non conoscevo.

“Sì, è un bel momento della mia vita”.

Stephen Maar pensava di arrivare fino a qui quando studiava alla McMaster University?

“Non pensavo di avere fino a qui. Ho tanta gratitudine per tutti coloro che mi hanno permesso di fare un percorso, la mia strada. Ho studiato, ho aperto la mente a tutto ciò che mi è stato insegnato e ritrovarmi oggi a questo punto mi rende davvero orgoglioso”.

Di Roberto Zucca